Questa avvincente raccolta di racconti di Claudia Manselli, Il giardino delle storie intrecciate, fa parte di quei libri che non si accontentano di
raccontare una storia ma vogliono ricreare il mondo con le parole. Qui i
Giardini La Marmora sono una chiara metafora del mondo, e della perdita di sé
nello scontro con il mondo.
Domanda: La
scelta del luogo: Torino non è la tua città ma si vede che la
osservi con grande attenzione, la conosci, disegni una mappa dei
mezzi pubblici, tram e autobus hanno molta importanza nel tuo libro.
Puoi dirci qualcosa del tuo rapporto con Torino, anche in relazione
del fatto che ci sei venuta dopo Roma? Che cosa rappresentano per te
i Giardini La Marmora, li hai scelti come palcoscenico solo perché
si prestavano o c’è qualche ragione più profonda?
Risposta: Quando sono
arrivata a Torino ero adolescente. La città mi è sembrata triste e
grigia. Non so se lo fosse. Ricordo la nebbia fuori della finestra.
Io non l’avevo mai vista. A Roma c’era luce e allegria,
pantaloncini corti d’estate e gente nelle strade anche d’inverno.
In quegli anni, nelle mie passeggiate torinesi verso piazza Castello,
passavo per i Giardini La Marmora, ordinati, eleganti, fioriti,
rispetto alla confusione romana. Dopo molti anni sono venuta ad
abitare in centro. Ho potuto vedere come fossero cambiati i giardini
e Torino. Ho trovato una città nuova. Attraverso i personaggi dei
miei racconti ho cercato di descriverla.
D: I
personaggi: dopo l’inizio con la statua illustre, ci sono piccole
storie di piccoli personaggi. Vite immaginate, personaggi che si
incontrano, si vedono ma non si conoscono. Sfaccettature di vita. Sono personaggi emarginati, patetici, in ognuno
c’è una grande solitudine. Quello che li accomuna è un vuoto, una
mancanza. Tutti hanno un buco dentro di sé, chi concretamente (La
Marmora) chi metaforicamente. Le storie nascono da un’immagine, una
suggestione quotidiana. Tu ci sei in queste storie o ti sei messa da
parte come spettatrice e demiurga?
R: Non riesco a raccontare una
storia senza essere dentro il personaggio. Non saprei dove trovare i
sentimenti e le vicende che racconto. Ho spiato e spio per
immagazzinare storie. Più che una demiurga, mi sento una ladra, una
che osserva, prende dalla realtà e la modifica. Certo poi mi
stupisco di avere creato qualcosa che prima non c'era, una realtà
parallela frutto della fantasia. Che i miei personaggi fossero così
soli me ne sono accorta alla fine del libro, quando sono stati uno
accanto all’altro. Tutti diversi e unici, credevo.
D: Ci
sono collegamenti sottili e molto ben studiati tra i personaggi, mai
forzati, che tracciano linee nell’aria: viene voglia di fare un
grafico. C’è una vicinanza fisica e un distacco emotivo. Ognuno
vede gli altri e ne dà una descrizione sbieca ma puntuale. Esempio,
Maria che compare sia in Il
bersagliere come
personaggio secondario che in
Passaggi notturni
come coprotagonista, o la gazza di Imperfezioni
che compare qua e là. Puoi parlarne?
R: La
gazza è il personaggio che ruba le storie in giro per Torino. Quello
che più mi assomiglia. Dovrebbe e forse vorrebbe essere un falco, ma
è solo un uccello comune. Così sono le storie che io racconto,
quotidiane e per niente notevoli, come le vite dei frequentatori dei
giardini. Questi collegamenti tra i diversi racconti sono serviti
anche a rendere unitaria la raccolta, una scelta quindi non solo
creativa, ma tecnica.
D: Ci
sono mai stati i personaggi di cui parli? Ci sono ancora?
R: Alessandro
La Marmora è sempre lì e lo saluto quando passo. Anche Giuseppe di
Natale è un personaggio vero e Un
uomo tranquillo che mangia veramente ai giardini sulla
panchina. L’ho rivisto una settimana fa in Corso Siccardi. Adesso
ha i capelli tutti bianchi. Ci sono il suonatore di fisarmonica e la
zitella di Ventiquattro maggio 1948. I
personaggi sono reali, ma le loro storie no. Le ho immaginate spinta
da un particolare, da un atteggiamento inconsueto, da uno sguardo, da
una mia fantasia.
D: Quello
che colpisce di più è la scrittura, elegante e sorvegliatissima. Ogni personaggio ha una voce
inconfondibile. Si alterna la prima persona con la terza, le voci
variano dal bambino di Il
bersagliere a
quella di Alessandro La Marmora in A
cera persa, il
dolce matto di Natale,
ecc. Dicci qualcosa sulla tua tecnica di scrittura.
R: Un'ossessione
interna mi spinge a lavorare su ogni pagina. Dico ossessione perché,
per ottenere quell’idea di scrittura che ho in testa, serve un
sacco di tempo e a volte vorrei farne a meno. Correggo e rileggo a
alta voce. Cerco anche un ritmo che ogni frase deve avere. Per
fortuna il computer facilita correzioni e spostamenti. Non so come
facessero gli scrittori di una volta con la macchina da scrivere.
D: C’è
una distribuzione quasi esatta tra racconti in prima persona e
racconti in terza (su undici, cinque a sei). Dietro a questa
alternanza c’è una scelta o è casuale? Come
decidi che un racconto sarà in prima o in terza persona?
R: Questa
scelta è casuale, ma obbligatoria. Il personaggio, quando inizia la
sua storia, mi chiede la terza o la prima persona.
D: Hai
fatto un grande uso del patetico, mai apertamente ma sottotraccia,
con grande maestria lo sfiori e lo fai sentire (Natale,
Il Bersagliere, 24/5/1948).
Sovente indugi a descrivere un mondo semplice, antico (24/5/1948)
Spazi anche in altri luoghi, p.e. il villaggio in Romania di Passaggi
notturni. Inoltre,
sono molto importanti tram e autobus. (vedi tu se vuoi dire qualcosa
su questi temi, se no li tolgo dalle domande).
R: I
racconti Natale
e Il Bersagliere sono
quelli in cui è stata più forte la mia partecipazione emotiva che
evidentemente traspare. Anche il patetico è quindi nelle mie corde,
pur se cerco di tenerlo a freno. Gli ambienti contadini di 24/5/1948
li
ho visti al cinema, in alcuni film di Vittorio De Seta, regista che
ha raccontato il mondo rurale scomparso. Il villaggio rumeno di Zece
Prajini, proprio quello che descrivo in Passaggi
notturni,
era in un documentario. Dal treno si scendeva correndo, come dico nel
racconto. I tram, tanto presenti, sono un posto dove si può stare
vicino agli altri senza farsi notare. Si sentono i discorsi. Si può
fantasticare. Su certi pullman si entra in contatto con realtà
lontane. Un certa tratta può essere un viaggio. Poi tutti i tram
portano ai giardini, come degli affluenti di storie.
D: Infine
la copertina di questo libro è molto bella, molto suggestiva e
precisa rispetto ai temi trattati. So che c’è una storia dietro,
ci vuoi dire qualcosa?
R: Cercavamo una copertina. Per caso ho visto
questa fotografia che mi è sembrata il sunto del libro: ci sono i
giardini, l’uomo solo, la panchina, la gazza che vola. Abbiamo
scritto all'autore, il fotografo Massimo Della Latta. Subito mi ha
concesso di utilizzare l'immagine in cambio di tre libri con dedica.
Solo dopo ho scoperto che è una foto scattata sotto le mura di
Lucca, a pochi passi dalla casa in cui sono nata.
Gli undici racconti comprendono A
cera persa, riflessioni in prima persona della statua di Alessandro La Marmora, che dà il nome ai giardini, e dal proprio destino
individuale si allargano a tutta l’umanità: Dalla mia morte erano trascorsi poco più di dieci anni e già non ero
altro che una statua vuota. C’è il rimpianto per le occasioni perdute, l’incongruità della morte (l’eroe che muore di colera,
cioè in una situazione insieme squallida e ridicola) a 56 anni, in Crimea. La Marmora vede
la vita intorno a sé e la rimpiange. Sa di appartenere al passato.
Imperfezioni narra di Sara nata Soraya, la miniaturista miope che voleva essere un falco e adotta una
gazza, ma non vede l’amore vicino di Giovanni.
La protagonista di Made
in Italy è una casalinga torinese ossessionata a causa
dell’invasione di stranieri immigrati che a poco a poco impazzisce e finisce
barbona ai Giardini.
In Natale,
Giuseppe è un barbone che vive ai Giardini La Marmora e dorme su una panchina. Aspetta sempre la nascita di Gesù perché sua mamma gli ha detto che ne nasce uno ogni
anno. Quando vede i
trolley del tram che fanno scintille e una ragazza incinta si siede accanto a lui, è sicuro che sia arrivato il prossimo Gesù.
Il
bersagliere. Protagonista la voce di un bambino che si sente
molto solo e vorrebbe un cane. Ha problemi, sia a scuola che a casa. Per superare la solitudine si immagina La Marmora come un amico.
Venticinque
maggio millenovecentoquarantotto. Storia di
immigrazione dal Delta del Po. Gilda viene abbandonata sull’altare dal
fidanzato, che sposa un’altra già incinta dopo averla atrocemente ingannata solo
perché il padre di Gilda, sarto, gli facesse l’abito da sposo. La vendetta non la consola, e con il vestito da
sposa addosso si prepara a morire ogni 24 maggio, ricorrenza del suo matrimonio.
La
"cattiva" protagonista di Vivere non cede alla terribile vecchiaia. Rivive quando un
ragazzo le si stringe involontariamente su un pullman pieno, e trova una nuova attività che le ridà energia e felicità.
Il
ghiottone è un professore che, quando va in
pensione, scopre in se stesso inaspettati territori. Sfiora la tragedia ma è salvato dalla sua stessa vittima.
E' Un
uomo tranquillo quello che cena ogni sera su una
panchina ai giardini apparecchiando bene, con tovaglia e posate, mentre a casa la moglie si
prostituisce.
Passaggi
notturni. Viorica è romena, ha 15 anni, è troppo bella e ha
troppi sogni. Anche Maria viene dalla Romania ma ha già sperimentato che i
sogni non si avverano mai. Adesso ha trovato un uomo che la ama, ma è la
libertà che le manca e non vuole accontentarsi. Il destino, che non è sempre
cieco né beffardo, fa incrociare le loro strade, e il ritorno è inevitabilmente
ai Giardini La Marmora.
Infine Cose
superflue racconta di Amalia, che ammassa troppa roba in casa, poi cerca di
liberarsene e finisce per condividerne il destino.
Claudia Manselli vive tra Torino e la Valchiusella. Conduce dal '97 un laboratorio di scrittura per il Centro Donna della VI circoscrizione del Comune di Torino. Giurata in concorsi letterari, è stata nella redazione della rivista IN/EDITO e lettrice del premio Calvino. I suoi racconti hanno ricevuto numerosi premi, sono stati pubblicati in antologie e riviste. Nel 2011 ha vinto il premio Alga con il romanzo L'orologiaio. Nel 2016 ha pubblicato la raccolta Il giardino delle storie intrecciate, tra i vincitori nel 2015 del Premio Letterario Casentino.
Claudia Manselli vive tra Torino e la Valchiusella. Conduce dal '97 un laboratorio di scrittura per il Centro Donna della VI circoscrizione del Comune di Torino. Giurata in concorsi letterari, è stata nella redazione della rivista IN/EDITO e lettrice del premio Calvino. I suoi racconti hanno ricevuto numerosi premi, sono stati pubblicati in antologie e riviste. Nel 2011 ha vinto il premio Alga con il romanzo L'orologiaio. Nel 2016 ha pubblicato la raccolta Il giardino delle storie intrecciate, tra i vincitori nel 2015 del Premio Letterario Casentino.
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