Mi sono imbattuta in Non sparate agli aquiloni per puro caso, girando per il Salone del Libro. Mi ha colpito il nome turco dell'autrice, Feride Çiçekoğlu, e siccome negli ultimi anni ho letto
parecchi libri provenienti da quest'area, mi sono fermata a dare
un'occhiata e l'ho comprato. Così ho scoperto anche una casa editrice
che non conoscevo benché esista dal 2003 e mi sia vicina nello spazio, Scritturapura, che allinea titoli molto interessanti e curiosi. Questo piccolo libro (conta una sessantina di pagine) ne è un esempio notevole. Ambientato in una prigione femminile turca negli anni ottanta, consiste in una serie di lettere che un bambino, Boriş, invia a Inci, ex detenuta che ha scontato la sua pena. Boriş, figlio di una detenuta ancora rinchiusa, ha trascorso tutta la sua esistenza tra le mura del carcere, e tutta la sua esperienza del mondo è una porzione di cielo, la cima dei pioppi che crescono fuori, e quello che succede tra le donne in mezzo alle quali vive. Inci gli manca moltissimo, continua a scriverle lettere (che detta volta per volta a quelle, tra le donne, che sanno scrivere e sono disponibili), ma non riceve mai risposta e sa che probailmente le sue lettere non escono nemmeno dal carcere: Io non ti ho dimenticata. Ti ho scritto molte lettere. Ma non ti arrivano. Probabilmente non attraversano le porte di ferro. Se non ricevi nemmeno questa, fammelo sapere, d'accordo? Attraverso la sua voce infantile e intensamente, anche se involontariamente, poetica, veniamo a sapere molto del microcosmo del carcere. Tutte le donne si occupano di Boriş, per cacciarlo o vezzeggiarlo ma soprattutto per educarlo. E quelle che lui ama di più, quelle che hanno di più da dargli, sono le ragazze della cella di sopra, le politiche, quelle il cui crimine è il pensiero: Zeynep, Nevin, Filiz e le altre. A volte lo accolgono, parlano davanti a lui, gli danno insegnamenti subito smentiti dai fatti, su cui lui si interroga e interroga Inci senza mai farsi scoraggiare dalla mancanza di risposte. Altre volte lo respingono perché è troppo piccolo per capire, ma lui ritorna sempre. Apparentemente questo è un libro molto esile, e la sua voluta ingenuità e semplicità può apparire eccessiva per la vicenda. Ma in realtà attraverso le fioche parole di Boriş ci arrivano gli echi dell'ingiustizia, della violenza, della deprivazione, della miseria sociale che si rispecchia nelle gerarchie del carcere. I suoi piccoli ritratti sono efficacissimi, le sue narrazioni minute dicono tutto in poche parole. E la voce saggia e dolcemente impertinente di Boriş continua a risuonarci in testa anche quando la veloce lettura è finita. Non sparate agli aquiloni è delicato, un po' sognante, poetico, affettuoso, graffia e lascia il segno. Forse la rivoluzione, il pensiero, è proprio una faccenda per donne e bambini.
Feride Çiçekoğlu, nata nel 1951, è una voce d’eccezione sulla scena letteraria turca.
Fu arrestata dopo il colpo di stato del 1980 e restò in carcere come prigioniera politica fino al 1984: fu durante questi anni che nacque il suo primo romanzo, Non sparate gli aquiloni, cui sono seguite numerose raccolte di racconti, pubblicate da una delle più importanti case editrici turche.
Dal 2005 insegna alla Bilgi University di Istanbul. Da Non sparate agli aquiloni è stato tratto un film di grande successo, in patria e all'estero dove ha vinto prestigiosi premi. La bella e sensibile traduzione è di Şemsa Gezgin.
1 commento:
grazie Consolata. Per la recensione, per aver parlato di Scritturapura, casa editrice piemontese di coraggio e sensibilità editoriale, e per il piccolo Boris!
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