Confesso che Maksim Gorkij (Niznij Novgorod 28/3/1868 - Mosca 18/6/1936) non lo conoscevo per niente. Non ho mai letto La madre perché l'accoppiata titolo-realismo socialista non mi attirava, l'unico vago ricordo da antologia del liceo era la descrizione di una sala d'attesa dal dentista con i pazienti che scambiano impressioni, tra il comico e il realista. E forse è anche un falso ricordo. Quindi non avevo opinioni. Ho arraffato un volume di racconti su una bancarella perché costava un euro, amo i racconti e appunto Gorkij rappresentava una lacuna. Ho avuto fortuna, sono incappata in pagine veramente bellissime e piene di fascino. L'antologia, che non credo sia facile da trovare perché è uscita nel 1983 per l'Istituto Geografico De Agostini, comprende dieci racconti giovanili scritti tra il 1892 e il 1897, un'introduzione di Antonio Lugli e traduzione (assai datata, o forse molto letteraria) di Giuseppe Donnini. Però se vi imbattete in questi racconti non fate finta di niente: leggeteli e lasciatevi trascinare nel mondo sparito del Caucaso e dei suoi due mari all'epoca dell'impero zarista.
Incontrerete personaggi indimenticabili come Konovàlov del racconto omonimo, vagabondo bellissimo e pieno di domande, abile nel lavoro, incantato dei libri, curioso, con un unico amore profondo e duraturo: la libertà. E un nemico invincibile: la noia, il cui unico antidoto è la vodka. In Konovàlov troviamo il prototipo del vagabondo pronto a sacrificare tutto all'inestinguibile sete di libertà, che declinato in vari modi ritroviamo in Celkash (Celkash), il contrabbandiere ladro che rischia la vita ogni notte rubando sulle navi eppure è pronto a rinunciare al suo guadagno per il ribrezzo che gli suscita scoprire la bassezza di cui è capace un altro essere umano, o il vecchio (ha quarant'anni!) Vassilij di Malva, che ha lasciato tutto per fare vita solitaria su una spiaggia del Mar Nero come guardiano per conto di una pescheria. Malva, la donna di cui Vassilij è innamorato e per la quale entra in competizione con il figlio, è una figura davvero attraente: operaia alla pescheria, è una donna libera, che non permette a nessuno di decidere per lei: Al villaggio [...] si sta come in una prigione angusta e cupa – intervenne Malva in tono sarcastico – e laggiù le donne non fanno che piangere e sospirare... – La vita delle donne là è come in ogni altro luogo; dappertutto c'è la luce del sole – ribatté Vassilij [...]. – Lo dici tu! – esclamò vivacemente Malva. – Al villaggio, volere o no, una donna si deve maritare. Una donna maritata è sempre una povera schiava: deve tessere, filare, governare il bestiame, partorire... Quando mai potrà pensare a se stessa? Aggiungi le bastonate del marito! [...] E io qui [...] non appartengo a nessuno. Sono libera, libera come un gabbiano; volo dove mi pare e piace. Nessuno deve attraversarmi la strada e nessuno toccarmi. – E se poi qualcuno ti toccasse? – disse ridendo Vassilij. – Gliela farei pagar cara – mormorò lei, mentre un'ombra passava nei suoi occhi ardenti.
Altrettanto interessante è Matrjona, in I coniugi Orlov. Persa nell'abbrutimento di una vita misera e senza speranza, in cui l'amato marito Grishka ogni sabato la pesta a sangue dopo essersi ubriacato a morte, trova il riscatto durante un'epidemia di colera dove insieme a Grishka lavora come infermiera. E che dire della donna dal fazzoletto giallo, che l'io narrante aiuta a partorire nel brevissimo Come nacque un uomo? O delle due serve che in un momento d'ozio di un pomeriggio d'estate compongono un doloroso e nostalgico canto (Come fu composto un canto)? Figure tutte tratteggiate come a china su un foglio, nette e complete anche in poche pagine.
Mi perdoni il dio delle rivoluzioni, questo libro mi ha fatto venire la nostalgia di un mondo che doveva essere un inferno per i poveri che popolano le sue pagine. E' fortissimo il senso della natura, l'amore per il mare, i colori del Mar Nero, il grande fiume e i suoi ghiacci, l'attrazione per i luoghi selvaggi, la libertà, il viaggio. Io che diffido delle emozioni come delle promesse dei marinai, confesso che questo libro è riuscito a emozionarmi. Mi ha ricordato un altro libro che parla di dolci vagabondi e di un impero, Kira Kiralina di Panait Istrati. E questo per me è un grande complimento, perché è uno dei libri che ho amato di più nella mia vita. E Maksim Gorkij, per quanto giovane e incolto, in questi racconti giovanili è già scrittore molto avvertito perché la narrazione sfiora drammi e violenze ma non diventa mai tragedia né melodramma, in questo mondo dominato dallo spleen e dalla vodka. Come mai è meno famoso e letto di tanti suoi conterranei? Gli ha nuociuto essere intellettuale organico al regime o parlare degli ultimi della terra senza abbellirli, senza mitizzarli né giudicarne i valori, descrivendoli con affetto e persino ammirazione ma anche con occhio lucido sui loro limiti e difetti?
Comunque, se avete in casa un vecchio libro di Maksim Gorkij, dategli un'occhiata. Potreste avere qualche bella sorpresa. E chissà se quando era a Capri o a Sorrento, molti anni dopo, davanti ai colori accesi del Mediterraneo rimpianse i pallidi azzurri e le bianche nuvole del suo Mar Nero.
E per concludere, due consigli non richiesti: lasciate perdere Che ragazza! di Cathleen Schine. Romanzo evanescente, prevedibilissimo, superfluo. Una perdita di tempo da evitare senza rimpianti. E a meno che non abbiate una tempra d'acciaio e stiate vivendo una stagione felice e senza nubi, evitate anche Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek. Film più gratuitamente angoscioso l'ho visto raramente. Mica brutto, ma non fa stare bene.
2 commenti:
Io ho letto "La madre"... Arduo è la parola giusta per definirlo. Grazie per la segnalazione, i racconti non li ho mai letti.
Sì, immagino che La madre sia arduo, e infatti me ne sono tenuta ben lontana. Probabilmente è quello che succede quando al piacere di raccontare si sostituisce la necessità di dire. Ma questi sono racconti giovanili, e a me sono piaciuti tantissimo. Ciao Max e Silvia.
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