lunedì 29 novembre 2010

Scarlett Thomas, Il nostro tragico universo

Vorrei che poteste vedere questo libro, e anche toccarlo, nero e oro, copertina imbottita, taglio delle pagine nero. 381 pagine. L'interno della copertina, sia all'inizio che alla fine, ricoperto di giudizi tratti dai giornali italiani e inglesi scritti in un carattere fantasioso, bianco su nero. Direte, come si fa a comprare un libro simile vedendolo in libreria? Il fatto è che io non l'ho scelto su un bancone, ma l'ho ordinato dopo avere letto una recensione su la repubblicaCult, le pagine del sabato che parlano di cultura appunto, o comunque non parlano di bunga bunga né di Avetrano. Non mi capita sovente di correre in libreria dopo aver letto una recensione, magari due volte l'anno, e neanche tutti gli anni. La recensione positiva mi aveva molto incuriosita, e mi era parso anche di capire che la struttura del romanzo avesse qualcosa in comune con una cosa cui sto lavorando, quindi ero doppiamente ansiosa di averlo tra le mani. Quando l'ho visto ho capito che c'era qualcosa che non andava, ma ormai non potevo più tirarmi indietro. Per togliermi il dente l'ho fatto passare davanti a tutti i libri in attesa, e l'ho cominciato subito. Stamattina l'ho finito.
Allora. Inghilterra, Dartmouth in Devon, giorni nostri. L'io narrante è Meg, trentottenne scrittrice di romanzi di genere per una casa editrice per la quale tiene anche seminari di scrittura creativa per una collana per adolescenti, e recensisce libri scientifici. Alle prese da anni con un romanzo mainstream che continua a cancellare, convivente scontenta con Christopher, squattrinata cronica, padrona della cagna B, asmatica abitante di una casa umida e fredda. Con amici vari, intellettuali scombinati in età, giovani negozianti scombinate, famiglia del moroso scombinata, aspiranti scrittori scombinatissimi. Razionale, insegna ai suoi allievi di scrittura a trovare spiegazioni scientifiche per ogni avvenimento inspiegabile che mettono nei loro romanzi perché bisogna dare agli adolescenti visioni positive e rasserenanti.
Meg riceve un libro da recensire, un tomo che contiene una teoria dell'universo che non ho capito (e ho anche un po' saltata) ma che insomma dice che siamo tutti eterni, questo è il secondo mondo dopo il punto omega che è come un orgasmo universale e siamo tutti eroi tranne chi mangia la pizza sul sofà davanti alla televisione, e siamo anche maghi e altro. Meg si stupisce, oltre tutto non è vero che il libro gliel'abbia mandato il redattore, il che sembra forse un gran problema ma problema non è, come direbbe il poeta. Va be'. Sono andata avanti a leggere per tutte le 381 pagine saltando solo qualche conversazione sulla scrittura (non ho capito bene la teoria delle storie senza storia), sui tarocchi, sui calzini a maglia, su teorie alternative dell'universo, su un résumé della danza cosmica di Shiva ecc ecc. Non succede niente per tutto il romanzo tranne che Meg molla il moroso e la casa umida, e va a stare in un cottage sulla spiaggia. Fa delle richieste all'Universo che prontamente l'accontenta, e al mare che le risponde a tambur battente. Alla fine qualcosa succede ma forse no, la storia non dice. Meg rimane scettica e razionale ma, cosciente di essere il 38° grado dell'Eremita dei tarocchi, si rende conto che facendo richieste all'universo ha creato una bestia, e va avanti a fare calzini. Ci sono anche alcune storie zen e alcune barzellette (una: due matti in manicomio, uno si butta in piscina, l'altro lo salva. Il direttore chiama il secondo matto. Ho una notizia buona e una cattiva: la buona è che lei è evidentemente guarito e lo dimettiamo, l'altra che il suo amico ci ha riprovato e si è impiccato. Oh no, dice il matto, non si è impiccato, sono io che l'ho steso per farlo asciugare. Carina no?)
Non crediate che abbia voluto fare la furba, o ci abbia messo del mio. La storia è questa. Intanto me la sono letta con gran piacere, a parte le pagine saltate, seguendo la protagonista nelle sue lunghe passeggiate sulla spiaggia con B, soste al pub, pomeriggi di maglia davanti al fuoco, gran bevute di vino, birra e qualsiasi altra cosa (ma niente droghe né sigarette e dieta vegetariano-vegana), chiacchiere su rapporti amorosi e sessuali, matrimoniali e extra, vagheggiamenti per un uomo anzianotto ma attraente, letture, altre passeggiate, altri pub. Poco altro, forse una lancia spezzata a favore dei rapporti tra donne giovani e uomini anziani che pare, in Inghilterra scandalizzano di più dei rapporti tra donne anziane e giovani giovanotti. Ma si sa che gli inglesi sono sempre stati all'avanguardia.
Boh. Sinceramente, mi piacerebbe proprio molto che qualcuno che ha letto il romanzo mi aiutasse a capire. E' certamente un libro piuttosto sofisticato, scritto molto bene (e anche ben tradotto da Carla De Caro, che però avrebbe potuto fare uno sforzetto in più e chiamare Manica quello che lei chiama Canale, e Bagatto quello che chiama Imbroglione, e Appeso quello che chiama Impiccato, ma insomma, sono piccole cose) anche se prolisso e pieno di dialoghi verbosissimi, ambizioso, complesso, e destinato a un pubblico evoluto. Ma che cosa gli dice, a questo pubblico, io non lo so.

2 commenti:

Latitante ha detto...

E' questo il punto: non ci sono punti. Credo che la parte più importante sia proprio la "storia senza storia": lo stesso romanzo può essere definito tale. Infatti non ci sono "eroi" né nemici, non segue uno schema rigido con un'inizio, un climax ed una risoluzione. Pare quasi uno stralcio di vita estrapolato dal coloratissimo mondo di realtà/irrealtà in cui si ritrova immersa la ragazza. Tutti i personaggi sembrano annaspare nel mondo con quella goffa eleganza che li porta ad interrogarsi e teorizzare su ciò che non potranno mai sapere. E tutto ciò, secondo me, permette a noi lettori una continua riflessione. Finalmente un libro che non ti "costringe" ad immedesimarti nel protagonista-eroe. Un testo che ti prende per mano e ti accompagna dove vuoi, senza una meta, fuori dagli schemi narrativi che schematizzano anche la tua stessa mente.

consolata ha detto...

Hai ragione, mi hai fatto pensare a una cosa che non avevo capito. Probabilmente è proprio così, non sono riuscita a capirlo perché è fuori dai miei schemi, mi spiazza. Infatti quello che mi rimane a distanza di tempo dalla lettura è un vivido ricordo dell'atmosfera, dei luoghi, e quasi niente della vicenda.