mercoledì 28 aprile 2010

Albertazzi e i Promessi Sposi: contro Alessandro Manzoni

Per una volta posso applaudire Giorgio Albertazzi, attore che non mi è mai interessato e di cui nulla so, perché con la sua voce dal sen fuggita ha sollevato un bel casino mediatico-cultural-fuffaiolo sulla nostra gloria nazionale Alex Manzoni. Di cui io, da sempre, penso tutto il male possibile, e mi sono sempre chiesta come sia successo che le sue bruttissime opere siano diventate monumenti da ammirare e su cui è vietato scrivere, figuriamoci fare scarabocchi. Comunque. Stamattina su la Repubblica c'era un articolo di Francesco Merlo che bacchettava l'incauto attore per avere osato tanto, ma siccome F.M. è un giornalista cui preme soprattutto épater le bourgeois e fare il bastian contrario, non sono sicura che non sarebbe disposto a dire esattamente il contrario in caso facesse migliore figura. Nelle pagine degli spettacoli, altro articolo bonariamente sarcastico, come se su una simile enormità non ci fosse altra posizione possibile che non prenderla sul serio. Mentre scrivo, su RadioTre arrivano sms che rispondono alla domanda fondamentale: qual è il tuo personaggio preferito dei Promessi Sposi? Insomma, sul Papa e sul Manzoni non accettiamo critiche. Poi ne parlano Tullio De Mauro e Laura Pariani, pensosamente a favore totale dei P.S., che non si esimono da instillare il solito dubbio, che se non piace è colpa della scuola. Ma state tranquilli, agli ascoltatori di RadioTre piacciono da matti.

Io invece penso che i P.S. siano un libro bruttissimo, e fortemente diseducativo. Diseducativo per la bennota Provvidenza che mette tutto a posto, e oltre a disincentivare l'iniziativa individuale, fa tanto pensare al parlamentare di riferimento cui rivolgersi per qualsiasi problema. Questa che ho appena scritto è una cazzata, ma non me la rimangio e neanche me ne vergogno. Se A.M. rappresenta la provvidenza divina sotto forma di un'epidemia di peste, potrò ben dire qualche cazzata anch'io. Ma soprattutto è diseducativo per come è scritto e per il fatto che a generazioni di incolpevoli giovani italiani è stato proposto come perfetto modello di prosa. Una prosa, francamente, insopportabile non tanto perché antica ma perché talmente studiata, lavorata, lucidata, sgusciata e incisa che alla fine toglie il fiato, manca l'aria, fa venire voglia di spalancare la finestra e buttarsi giù. Troppe parole, caro Alex, troppi aggettivi, sinonimi, precisazioni, giri di frase iperanalitici, particolareggiati, troppi particolari, troppi... Una pesantezza da indigestione. Non tanto noia quanto fastidio per l'incapacità di sintesi, che infatti l'unica volta che gli è venuta (la sventurata rispose) ha dovuto riscrivere il romanzo per produrla.

Io che sono stata bocciata ben due volte quando andavo a scuola, dopo la prima bocciatura in quarta ginnasio ho scelto di andare in una sezione dove c'era il professor Barioli di cui tutti dicevano un gran bene. In effetti era molto simpatico, e un narciso pazzesco. Me lo ricordo ancora quando, con sua somma soddisfazione e nostro grandissimo divertimento, ci leggeva la scena di Renzo all'osteria barcollando in giro per l'aula e biascicando le parole. Ma nemmeno il Barioli è riuscito a evitare il senso di claustrofobia evocato dal solo pensiero della vigna di Renzo e della notte dell'Innominato, o della descrizione della madre di Cecilia. Quella bellezza velata e offuscata, ma non guasta... mi si gonfia la gola come per un'allergia grave. Io penso che invece vigna, notte e madre suscitino in genere un senso di appartenenza in molti, che sono gratificati perché al nome di A.M. e dei P.S. scattano ricordi scolastici creatori di identità e rassicuranti, perché tutti ne hanno studiato almeno qualche pagina scelta, e quindi si affrettano a digitare sms a Farehneit per dire che a loro piace, eccome se gli piace, e gli piace la monaca di Monza, e don Abbondio, e padre Cristoforo, e don Ferrante e donna Prassede ecc ecc. Come quei cugini e zii familiari nell'infanzia, che non ci sognamo più di frequentare ma suscitano un commosso moto d'affetto se per caso li incontriamo per strada o a un funerale.

Io continuo a dire che Manzoni è lo scrittore più sopravvalutato della letteratura italiana, che i Promessi Sposi sono insopportabili, e il resto che ha scritto ancora peggio. Gli posso riconoscere il merito di aver inventato l'espressione dalle Alpi alle Piramidi, che mi suona bene. Ma già dal Manzanarre al Reno lo trovo ridicolo.
Siccome ho fatto anche l'insegnante e ho anche insegnato A.M. e i P.S., oltre che il 5 Maggio e i cori dell'Adelchi, sono serenamente certa che tutti i miei allievi lo detestano. Non per mia istigazione, lungi da me, ma perché questo è il perverso effetto di tutto quello che fa un insegnante secondo la stampa tutta. E per una volta, voglio crederci e me ne rallegro.

6 commenti:

sonogianni ha detto...

Diciamolo, è una mattonata. Ma il problema dei PS, secondo me, è solo una parte del problema. Credo di aver passato 3 mesi di 5 liceo scientifico a studiare Alex. Con raccapriccio mi chiedo ancora oggi perché ho dovuto studiare una poesia come La Pentecoste. E Sandro Penna censurato.

C'è una sola spiegazione: Alex è uno scrittore cattolico bigotto. Imperdibile.

PS il mio personaggio preferito è l'asino (o era un mulo?) che si ostina a camminare sul bordo del sentiero. Però non mi ricordo dove andasse, e perché.

consolata ha detto...

Quanto sono d'accordo con te! a parte l'asino che me lo sono proprio dimenticato.

Massimo Citi ha detto...

Cribbio!
Mi sto vergognando. Davvero.
Non che i promessi sposi di sia piaciuto alla follia, ma l'ho letto subito dopo Il capitan fracassa (che è una geniale parodia di un romanzo di cappa e spada) e non mi è dispiaciuto, pur avendolo trovato di varie misure inferiore al romanzo di Teophile Gauthier. La cosa divertente è che l'ho letto a 13 anni, giusto perché trovato in casa. Poi devo anche averlo fatto a scuola ma ricordo vagamente l'esperienza scolastica mentre non ho mai dimenticato le delusione per la povertà narrativa di Don Rodrigo rispetto al principe di Vallombrosa...

consolata ha detto...

Be', c'è anche chi gli piace la trippa a che a me mi fa senso, e io adoro ascoltare la "Carta del Che leìda par Fidel" che ai più fa accapponare la pelle.
Se non fosse così la vita sarebbe noiosissima. Niente polemiche, niente risse, niente stroncature né appassionate difese. Tutti d'accordo. Tremendo!

consolata ha detto...

Riassunto della puntata precedente (mia): non tutti i gusti sono alla menta, il mondo è bello perché è vario.
Forse se avessi letto il Manzoni con più attenzione scriverei meno banalità... :-<

Massimo Citi ha detto...

Per carità. Sono d'accordo con te quasi su tutto. E poi tu l'hai insegnato, mica poco.
Solo che non ho trovato così terrificante lo stile. Ma è un difetto personale. Ho una considerazione piuttosto esagerata per lo stile della scrittura. La mia sensazione - all'epoca, cioé a 13 anni, sottolineo - è stata quella di un romanzo d'avventura appesantito da una carenza di avventura e da un sacco di manie religiose poco comprensibili. Figurati te...
Ci sono alcuni momenti, comunque, sinceramente divertenti come l'assalto ai forni o il primo incontro con l'innominato, con i due contendenti che scivolano lungo i muri come due ombre...
Con tutto ciò penso che decine e decine di romanzi italiani meritino maggior fortuna dei P.S. Un bacione, M