sabato 21 giugno 2008

Consiglio di lettura: Anne Holt, Quello che ti meriti

Questo lo consiglio proprio solo perché è estate, forse fa caldo e forse andremo persino in vacanza. Un giallo di 426 pagine, di quelli che come li apri non riesci più a chiuderli, te lo porti dietro anche mentre ti lavi i denti. Siamo a Oslo, la ricercatrice universitaria Johanne Vik cerca la verità su un caso di quarant'anni prima, un uomo condannato per stupro e assassinio che poi viene scarcerato senza spiegazioni. Intanto la Norvegia è attanagliata dall'angoscia per alcuni casi di rapimento di bambini, con epilogo tragico. L'ispettore Ingvar Stubo tampina Johanne, che ha fatto un corso ad hoc negli States, perché costruisca il profilo del rapitore. Lei resiste poi alla fine collabora, le due indagini proseguono, poi si arriva come è giusto a uno scioglimento adeguato e completo. Velocissimamente come ho già detto, perché l'intero libro è già una sceneggiatura bella e pronta, fitta di dialoghi (molto abili, anche se Holt abusa della tecnica di alternare una battuta con un piccolo gesto di chi la pronuncia, il che alla fine risulta stucchevole, troppo costruito) e con montaggio alternato almeno su tre fronti. Però, alla fine viene un po' da dire: ma davvero ci sono cascata? Johanna ha una figlia ritardata, come tutti gli investigatori deve avere il suo tallone di Achille e non le è andata neanche tanto male, molto peggio è andata a Yngvar che ha perso moglie e figlia in un incidente talmente inverosimile che viene da dire: bum! Holt, non te ne potevi inventare un'altra? Per non parlare delle coincidenze grosse come Tir che troviamo qua e là, e funzionano come snodi della vicenda. Insomma se andiamo a cercare il pelo nell'uovo Holt non è ineccepibile, l'argomento è dei più visitati negli ultimi tempi e un po' mi sono indispettita con lei per avermi fatto bere alcune fregnacce come coca-cola. Però il romanzo ha innegabili meriti: ci apre squarci su un paese il cui senso civico, se avessimo appena un po' di pudore nazionale, dovrebbe indurci al suicidio per vergogna, ci fa dimenticare qualsiasi problema personale nell'ansia di girare pagina su pagina, non annoia mai anche se certi dialoghi sono un po' lunghi, tratteggia due protagonisti e alcuni comprimari che certamente suscitano interesse. Questo non è il primo romanzo della Holt tradotto in italiano, nel 1999 Hobby&Works ha pubblicato Sete di giustizia. Però siccome Einaudi ha iniziato la serie Vik&Stubo, sono quasi certa che ne leggerò altri.
Adattissimo ai momenti in cui per dirla con Vasco, si ha voglia di stare "sola nella tua stanza, e tutto il mondo fuori".

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