mercoledì 14 marzo 2018

La Grecia, il coraggio, la solitudine: Aris Fakinos, La cittadella della memoria

Procediamo con i greci, che mi stanno riservando notevoli soddisfazioni. Aris Fakinos è uno scrittore molto conosciuto, considerato tra i grandi della seconda metà del novecento, e La cittadella della memoria in effetti è un libro bellissimo. Con delle avvertenze però: è un libro inattuale, che sicuramente non interesserà ai cultori della modernità né a chi ha paura delle parole che volano alto, degli ideali, della vita che si tende allo spasimo, della morte, dell'onore, dell'attaccamento ai propri valori, dell'eroismo. Perché proprio di questo parla La cittadella della memoria.

Non c'è un vero e proprio plot né protagonismo dei personaggi in questo romanzo corale, niente amore, nessuna donna né intrighi da page-turner, ma un fiume maestoso e inarrestabile che ci spinge a andare avanti, ammaliati dalle parole di Aris Fakinos (splendidamente rese dalla traduzione di Andrea Di Gregorio). La vicenda si svolge secondo due piani temporali, uno alla fine del '700 e l'altro alla fine del '900 (il romanzo è uscito in Grecia nel 1993). Il luogo invece è uno solo, e centralissimo: Paliòkastro in Epiro, epitome di tutti i villaggi arroccati della Grecia, antiche fortezze come dice il nome, baluardo contro le invasioni degli eserciti che distruggono e del tempo che tutto cancella, con l'altrettanto arroccato e simbolico monastero del Profeta Ilias che lo fronteggia. 

Proprio quando l'Europa sta per essere travolta dai venti della Rivoluzione francese, e molti intellettuali filelleni fanno collette per aiutare la patria di tante glorie dell'antichità, a Paliòkastro si combatte l'estrema, eroica, impossibile battaglia per mantenere l'indipendenza dai turchi che spadroneggiano nel resto del paese. Il capo dei resistenti è Kostas Bekas, figura quasi mitologica con la sua fustanella bianca e il fez rosso che apparendo sull'alto delle mura infondono coraggio e speranza nei paliokastrioti quando è ora di combattere, coraggio e eroismo quando è ora di morire per non essere catturati dai nemici. Nel monastero tutto è tranquillo, il bibliotecario Isidoro scrive una cronaca della tragedia che vede svolgersi sotto i suoi occhi sui margini di un antichissimo e prezioso Tetraevangelo, pronto a mettere in salvo nei sotterranei libri, arredi e icone quando il pericolo si fa troppo vicino, mentre un lettore appassionato ma subdolo esamina i volumi e spia i movimenti nella cittadella di fronte; intanto, nella valle sottostante, tra dirupi e grotte, l'esercito sterminato dei turchi è una minaccia palese e senza scampo. Il bibliotecario Melitios, in tempi più vicini, sorveglia un lettore che si appassiona alla cronaca di Isidoro mentre un'équipe di esperti inviati dalla Soprintendenza alla Belle Arti di Atene scheda, cataloga, maneggia senza amore i preziosi arredi e le sante icone, fa microfilm dei condici antichi, sentenzia sulla necessità di trarre guadagno dalle ricchezze artistiche, di aprire ai turisti, di svendere quello che si può, in una parola di distruggere tutto quanto costituisce l'essenza e la ragione di esistere del monastero. Guardando le rovine di Paliòkastro al di là della valle, Melitios ripensa al passato e interpreta il presente. 

Se il lettore dei tempi antichi era nientemeno che il futuro capo dell'esercito turco, introdottosi sotto mentite spoglie per spiare quello che succedeva nella città assediata, il lettore moderno è ovviamente l'autore che raccoglie materiale per i suoi libri (La cittadella della memoria è il primo volume di una trilogia che si svolge a Paliòkastro). I nemici di un tempo sono i turchi, quelli di oggi la modernità, la smemoratezza, la perdita dei valori antichi, l'ansia del guadagno, il dio denaro: ma l'orgoglio e la coscienza di chi si è, del peso del passato troppo illustre, dell'essere un baluardo tra occidente e oriente, di essere incompresi, orgogliosi, assetati di libertà fino all'estremo sacrificio, pochi e fieri, in una parola greci, sono gli stessi. Non si può che sperare che almeno il monastero di Profitis Ilias abbia una sorte più clemente della cittadella di Paliòkastro

Come ho detto un romanzo non per tutti, ma di lettura scorrevole e molto accattivante. Fuori dal tempo come il monastero, come i suoi monaci e la sua sterminata biblioteca, come gli eroici paleokastrioti, come la Grecia schiacciata dalla sua storia, incompresa nella sua vera natura, selvaggia e orgogliosa, amata dall'occidente per i motivi sbagliati ma mai interrogata sui quello che desidera veramente. E purtroppo, anche oggi assediata da nemici da tutte le parti, o amata dai turisti per i motivi sbagliati.                

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