martedì 4 febbraio 2020

Una storiaccia ripescata dal fondo di un cassetto: Lezioni private


                                                               LEZIONI PRIVATE
Domenica mattina. Le tende spalancate, il sole che entrava a fiotti, rivelando la polvere negli angoli e qualche ragnatela vigliacca, nascosta sulla tappezzeria a fiori. Maria Mazzei si stiracchiò, sciabattò in cucina, mise la moka sul fuoco. Sul tavolo la aspettava il giornale comprato la sera prima da uno strillone. Un lusso, la domenica, avere il giornale senza dover uscire.
Poi, il rituale delle telefonate.
"Sì, mamma, sto bene. Non so ancora che cosa farò. Magari, se ho tempo, passo a trovarti più tardi."
"Ehi, Giovanna, ciao! Come è andata ieri sera?  Io sì, con Nicola mi diverto sempre. Va be', diciamo che sono stata bene. Però vorrei prendere un po' di distanza, non voglio farmi coinvolgere troppo. Magari due passi nel pomeriggio, fa così bello! Sì, richiamami."
"Oh Nicola, sei già sveglio? Sì, anch'io ti ho pensato. No, ho da lavorare. Eh, lo so che è un peccato con questo sole! Ma se non lavoro oggi, avrò una settimana infernale. Grazie di avermi chiamato. Ti telefono io."
"Chi, Paolo? Ci conosciamo? Ah, certo. No, mi spiace, non so andare in bicicletta, e poi ho mal di gola. Sì, va bene, ci risentiamo."
Una doccia, depilazione, crema su tutto il corpo, maschera di argilla, smalto sulle unghie.  Che cosa mi metto? Minigonna di stretch, camicia di seta viola, sandali con otto centimetri di tacchi, orecchini di strass a cuore e basta. Né mutande né reggiseno. Se mi vedesse il preside! Non direbbe niente, mi guarderebbe fisso, colando disapprovazione dagli occhi e dalla bocca. I miei allievi, invece, si darebbero gomitate ridendo.
E adesso che cosa faccio?
Maria Mazzei, professoressa di lettere in un liceo di tradizione, uscì nel sole sfolgorante del mezzogiorno e fece il giro dell'isolato. Per strada c'era poca gente. Qualche padre con un bambino per mano, due o tre signore anziane che tornavano da messa, il solito gruppo di adolescenti vocianti che stazionavano ai giardinetti, chiamandosi tutto il tempo a gran voce, come per paura di non riconoscersi l'un l'altro:
"Ale! Vale! Sami! Fede! Robi! Franci! Tizzi!"
Maria cambiò marciapiede; di adolescenti ne aveva abbastanza durante la settimana. Comprò un mazzo di fresie dalla fioraia davanti alla chiesa e tornò a casa. Sul portone incrociò il ragazzo del terzo piano, quello che incontrava quasi tutte le mattine in giacca e cravatta andando al lavoro. Ora portava una tuta e al suo fianco saltellava un cane, un bastardino allegrissimo, bianco e nero. Odio gli uomini in tuta, pensò Maria, ma questo è proprio un bel ragazzo. Come mai è solo, di domenica? Forse la sua morosa pranza in famiglia e si vedono al pomeriggio.
"Che carino questo cane."
"Non è mio, è di mia sorella. Lo tengo solo per due giorni. Ora mi tocca anche portarlo a passeggio."
"Con una così bella giornata."
Fermi davanti alla porta, si guardarono negli occhi per un attimo.
"Perché non viene a fare due passi?"
Ardito, il giovanotto. Perché no? Non ho niente da fare.
"Poso i fiori e torno."
La magia della giornata di primavera, la passeggiata al Valentino non ancora invaso dalla folla pomeridiana, il profumo dell'erba nuova, le chiacchiere fitte per conoscersi, scambiandosi informazioni appena abbellite su se stessi, l'ondeggiare di Maria sui tacchi inadatti alla circostanza, l'allegria sfrenata del cagnolino ubriaco di aria e di sole... Per fortuna il cielo si coprì e divenne necessario tornare a casa prima che scoppiasse il temporale.
"Vuoi venire a mangiare due spaghetti da me?"
Più tardi, nel letto disfatto, Maria osservò con irritazione che il suo smalto fresco si era rovinato. Il telefono aveva trillato tre volte senza che lei rispondesse. Andrea si era dato molto da fare, in maniera un po' ginnica ed esibita, aveva fornito, nell'insieme, un'ottima prestazione. Proprio quella parola le era venuta in mente sul più bello: prestazione. Aveva sorriso, e lui, subito: perché ridi? Ridi di me? Oh no caro, sorrido di piacere.
Adesso però mi piacerebbe che te ne tornassi al terzo piano. Invece, ci furono ancora due Martini, un paio di sigarette, nella penombra del crepuscolo grigio, poi finalmente Andrea se ne andò. Era un po' verboso, il ragazzo. Un po' compiaciuto, un po' troppo cosciente della sua rigogliosa giovinezza, ma nell'insieme simpatico, gentile, persino galante. Maria ridacchiò pensando a due o tre complimenti a doppio taglio che le aveva fatto. Devo sembrargli sull'orlo del crollo finale. Era sinceramente stupito che una come me possa permettersi di andare in giro senza reggiseno, che i miei gusti musicali si spingano al di là di Lucio Dalla, persino che abbia qualcuno dei libri che legge anche lui. Se avesse anche un filo di autoironia, sarebbe  veramente una conoscenza interessante. Va be', un modo piacevole di passare la domenica.
Da quel giorno se lo trovò sovente davanti alla porta di casa, un sorriso d'intesa sul volto ben sbarbato, ogni tanto due fiori o una bottiglia di vino in mano. Sempre vino rosso, che lei non poteva soffrire. La baciava, la spingeva in camera da letto, scopava con grande energia, e parlava, parlava mentre lei, svagata, pensava ai fatti suoi. Gli bastava un 'eh già' o un 'ma davvero?' ogni tanto. Maria aveva sempre trovato rilassanti gli uomini che parlano tanto. Erano piacevoli quegli incontri senza impegno, la distraevano dalle storie più complicate vissute con altri, uomini della sua età con un mucchio di problemi, mogli, figli, lavoro, curiosi di lei, pieni di richieste, esigenti. Andrea non aveva grandi esigenze: chiedeva solo un applauso per le sue esibizioni sessuali, un orecchio per le sue parole, un bicchiere di Martini. Non le faceva mai una domanda. Suonava alla porta, se lei rispondeva andava dritto allo scopo, se no scendeva al terzo piano e si ripresentava il giorno dopo.
Andrea aveva un vizio segreto: scriveva. Spesso le raccontava i suoi successi, l'applauso inebriante ricevuto alla premiazione del concorso 'Una poesia per la pace', il racconto pubblicato sulla rivista trimestrale 'Cultura e società', i complimenti della giuria, le proposte di pubblicazione a pagamento che gli erano piovute addosso dopo il premio. La prima volta lei aveva ascoltato con interesse,  poi a poco a poco era scivolata negli 'eh già' di sempre. Intanto pensava: 'e se mia madre quest'estate non trova nessuna amica con cui andare in montagna, io che faccio? Piuttosto che passare anche solo quindici giorni con lei, mi spacco volontariamente una gamba. Certo Nicola andrà al mare con i figli, non avrà nemmeno un giorno libero per me. E se mi chiamano per la maturità? Sono troppo stanca, non posso proprio lavorare tutto luglio. In California con Giovanna, manco a pensarci. Non mi sento né Thelma né Louise. Cazzo, ma un uomo gentile con cui fare un viaggio non esiste in nessun angolo del mondo? Che vita di merda la mia, quarant'anni e ogni anno lo stesso problema,  come passare le vacanze.'
Ogni tanto le arrivava una frase di Andrea, 'lui ha detto che con il mio talento non posso che sfondare presto', 'in fondo non è vero che solo chi è già nel giro riesce a pubblicare', 'ieri sera vedendo una falena ho pensato che', 'io sono fatto così', 'le voglio proprio provare tutte', 'non credi anche tu che un aquilone in cielo sia un'immagine bellissima?', 'ho in testa la storia di una barbona che capisce la poesia meglio di  qualunque critico'.
Oh certo, sì sì sì. Gli dava un bacino sul petto, allungava una mano in posti strategici, ansimava un po' ed ecco che lui ricominciava. Come sei riposante. Che fortuna averti incontrato quel mattino di aprile. Continua ad agitarti e a parlare, che va bene. Intanto io mi rilasso.
Un sabato sera ozioso (di solito non si vedevano di sabato, lei aveva altro da fare e lui se ne stava al computer, esaltato dalla musa e dal Martini fino alle ore piccole) Maria cedette a un impulso d'affetto. In fondo, l'aveva salvata da una serata di solitudine, suonando alla sua porta proprio quando Nicola le aveva appena detto che la moglie era andata al mare rifilandogli i ragazzi.
"Fammi leggere le tue cose" gli mormorò nel collo.
Lui corse al terzo piano e tornò in un baleno con un plico di manoscritti, una pila di riviste, con la stessa sollecitudine dei suoi allievi quando consegnavano un tema.
"Li leggo subito" disse lei, e si addormentò appena Andrea fu uscito.
La mattina dopo, alle nove, lui suonò alla sua porta. Maria, strappandosi a fatica da un sogno consolatorio, gli aprì in pigiama. Sulla faccia di Andrea c'era un'espressione che lei conosceva bene.
'Professoressa, ce li ha portati i temi?' le risuonò nelle orecchie.
Cazzo, i temi! Non ho proprio avuto tempo, ragazzi. Ma davanti alla faccia ansiosa di Andrea non osò dare la solita risposta. Mentre il caffè usciva gorgogliando dalla moka, le sue labbra formularono spontaneamente una bugia.
"Sono stata sveglia tutta la notte a leggere. Stupende le tue poesie, le preferisco persino alla prosa. Dammi qualcos'altro."
Solo che Andrea non era facile da distrarre come gli studenti. Le diede giusto il tempo di bere il caffè, poi cominciò a fare domande precise, 'che cosa esattamente ti è piaciuto, perché più le poesie dei racconti, ma non ti sembra che il personaggio del vecchio anarchico sia proprio ben riuscito? e della 'Canzone del rospo solitario', che cosa ne pensi? Ti sembrano più azzeccate le metafore o i paragoni? Io ho tutta una teoria sui paragoni, vediamo se l'hai capita bene, ne parla Caterina in 'Passeggiando con un gelato in mano''. Parlava e parlava, certo, ma si aspettava anche delle risposte. Maria non sarebbe stata all'altezza della situazione neanche dopo tre caffè e una brioche, figurarsi con solo mezza tazzina nello stomaco. Cominciò a sentirsi confusa e imbarazzata come all'università, quando tentava un esame senza essersi preparata, contando sulla presenza di spirito.
Dopo un po', Andrea smise di parlare e la guardò negli occhi.
"Ma allora non hai letto niente!"
A Maria si strinse il cuore vedendolo così dispiaciuto. Balbettò qualcosa, 'era tardi, ero un po' assonnata', ma lo sguardo ferito di Andrea la accusava di assassinio, rapina, stupro, malversazioni, percosse agli animali, strage nella metropolitana. Cercò di rimediare baciandolo. Inutile, lui la respinse, corse in camera da letto a ricuperare le sue opere, la spiaccicò sul pavimento con un 'bugiarda!' a mezza bocca, e uscì sbattendo la porta.
Maria rimise la moka sul fuoco, prese uno yogurt dal frigorifero e vi affondò il cucchiaino guardando il mattino pieno di sole fuori dalla finestra. Cominciava a provare un certo sollievo, insieme alla pena al pensiero di Andrea, solo nel suo appartamento polveroso, che certo stava sfogliando ansiosamente i suoi manoscritti, chiedendosi come aveva potuto affidarli a una simile sciacquetta.
Suonò il telefono.
"Sì, mamma, magari più tardi faccio un salto."
"Oh Giovanna, con una giornata così possiamo andare a mangiare qualcosa sul Po."
"Nicola, da dove chiami? Come stanno i ragazzi? No, non ho voglia di venire al cinema. C'è troppo sole."
"Paolo? Ne è passato del tempo! No, scusa, sembra che lo faccia apposta, ma sono allergica a tutto e con questo tempo sono costretta a restare tappata in casa. Dammi il tuo numero, ti richiamo io."
Mi sono persa un amante giovane e vigoroso, pensò facendo la doccia. Queste sono certo le parole con cui si definisce Andrea pensando a me: un amante giovane e vigoroso. Gliel'ho letto in faccia decine di volte mentre facevamo l'amore. Un amante giovane e vigoroso insieme a una donna di quarant'anni assetata di sesso. Speriamo che non scriva come pensa.
Uscì sul balcone che dava in strada per asciugarsi i capelli al sole. Andrea era lì sul marciapiede e stava buttando una borsa di plastica piena di carte nel cassonetto della spazzatura. Oh povero ragazzo! Ora lo chiamo e gli dico di non fare lo scemo, non è così grave che ieri sera io abbia trascurato i suoi parti letterari, se mi avesse dato tempo li avrei letti di sicuro. Per un attimo si sporse dal parapetto, poi nelle orecchie le risuonarono tutte le parole che lui avrebbe impiegato per spiegarle il suo tremendo delitto. Rientrò in casa e chiuse piano piano la portafinestra. Una lezione di vita, pensò. Potrà farne un racconto. Ci siamo fatti del bene a vicenda. Lui mi ha fatto risparmiare un sacco di Valium, e io gli ho dato un argomento su cui scrivere. Non si è professoresse per niente. 

(Non ho trovato la data di scrittura, ma immagino che possa situarsi intorno al 1990, più prima che dopo).  


  
    
 

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