Dato che gli ultimi libri che ho letto (uno per tutti, Cucinare un orso di Mikael Niemi) non mi hanno fatto venire voglia di recensirli, pubblico un vecchissimo racconto (1986), giusto per tappare il buco.
DI DONNE, TAVERNE E MARINAI
L'ostessa più bella e più famosa di Cadice
era sicuramente Mercedes, la padrona della taverna dei Sette Marinai nel vicolo
di Nostra Signora della Buona Morte. Era giovane e curiosissima; molti marinai
sprovvisti di soldi per pagarsi il vino o il cibo avevano ottenuto quello di
cui avevano bisogno in cambio del racconto delle loro avventure in terre
sconosciute e mari lontani. Gli invidiosi erano pronti a giurare che Mercedes
non esitava a offrire anche un letto ai buoni narratori di gradevole aspetto.
Il marito di Mercedes, un portoghese massiccio di nome Manuel, sedeva in un
angolo della taverna giocando a dadi con i clienti, portava su il vino dalla
cantina e parlava il meno possibile, soprattutto quando la moglie era nei
paraggi. Sembravano una coppia felice, e se Manuel non protestava mai quando
Mercedes sedeva al tavolo di qualche avventore, lei faceva finta di non
accorgersi di niente quando il marito perdeva ai dadi o non riusciva più a reggersi
per il troppo vino. La taverna dei Sette Marinai era sempre piena; oltre che
per la bellezza della padrona, era famosa per la bontà del vino e la freschezza
delle sardine che Manuel cucinava su un piccolo fornello fuori dalla porta. Per
questo, qualunque marinaio o viaggiatore capitasse a Cadice prima o poi finiva
per trascorrere le sue serate ai Sette Marinai.
Una sera di dicembre ventosa e spruzzata di
pioggia, un avventore sconosciuto entrò portando con sé un alito di freddo e si
sedette a un tavolo libero, appoggiandosi con i gomiti sul legno liscio e
lucido. Era un uomo vigoroso con i capelli a frangetta, vestito da borghese, ma
senza lusso. Ordinò una bottiglia di vino e del pesce arrosto senza guardarsi
intorno; dopo un po' le conversazioni interrotte agli altri tavoli ripresero, e
nessuno gli badò più, tranne Mercedes, che dopo averlo servito gli chiese il
permesso di sedersi al suo tavolo.
"Da dove viene, signore?" gli
chiese.
Lui alzò le spalle, e non rispose.
"Lei non è un marinaio, vero?"
Di nuovo l'uomo alzò le spalle.
"Come si chiama?"
"Cristobal." Aveva una voce
profonda e coltivata. "E tu, bella, come ti chiami?"
"Mercedes."
Contenta del suo primo successo, l'ostessa
continuò a interrogare l'uomo e dopo un po' riuscì a strapparlo dal suo
riserbo. Le raccontò che era a Cadice per vedere delle persone che potevano
essergli utili per realizzare un suo grande progetto, e si sarebbe fermato in
città almeno quindici giorni. Alloggiava in una locanda situata poche strade
più in là e aveva sentito parlare della taverna dei Sette Marinai da un suo
amico di Siviglia che aveva visitato Cadice qualche anno prima.
"Il mio amico mi ha parlato di una bella
ostessa" aggiunse "e pur essendo un marinaio, per una volta non ha
esagerato."
Mercedes sapeva apprezzare un complimento e
questo non andò perduto con lei. Sorrise con tutta la faccia e versò ancora un
po' di vino al galante gentiluomo.
"Torni presto, signore" gli disse,
prima di alzarsi per andare a servire gli altri clienti.
Cristobal tornò, la sera dopo e tutte le sere
per una settimana, e la sua intimità con Mercedes crebbe tanto che alla fine le
rivelò il suo progetto. Era il primo pomeriggio, la taverna era vuota e
Mercedes aveva raggiunto Cristobal nella sua stanza all'ultimo piano di una
casa bianca dai balconi panciuti, che si affacciava sull'oceano scuro e
imbronciato. Le lenzuola erano umide e lui le accarezzava pigramente la spalla
carnosa. Dalle piccole finestre dai vetri piombati non si vedeva altro che un
accavallarsi vorticoso di nuvole grigie.
"Guarda fuori, bella. Vedi l'oceano? Io
voglio salpare da un porto sull'oceano e navigare verso occidente fino ad
arrivare nelle Indie. Finora non ho trovato nessuno che voglia finanziare la
mia spedizione, ma prima o poi riuscirò a partire, e stabilirò una nuova rotta
verso oriente, passando da occidente."
Mercedes lo ascoltava a bocca aperta. Quelle
parole le sembravano folli. Ma la luce grigia che penetrava dalle finestre
addolciva il viso di lui e lo illuminava di un'espressione ispirata. Faceva
freddo e bisognava stringersi per non sentirlo. Il sogno di Cristobal finì per
conquistarla, e divenne anche il suo sogno. Raggiungere le Indie andando a
occidente? perché no, se lo diceva lui? Cristobal le mostrava carte e mappe, e
Mercedes, con il mento appoggiato alla sua spalla, incominciò anche lei a far
progetti.
"Portami con te" gli disse.
"Cucinerò per te e per i marinai, rammenderò i vestiti e le vele, e la
sera..."
Non osò proseguire. Aveva un po' soggezione
di quell'uomo così serio e ossessionato dai suoi sogni.
Cristobal rise fino a farsi venire le lacrime
agli occhi.
"Tu venire in mare con me? Questa è
l'idea più assurda che abbia mai sentito."
Mercedes si vergognò di aver osato proporre
qualcosa di così stupido e cercò di rimediare.
"Promettimi che scriverai un diario solo
per me, per ricordare tutto quello che vedrai, non mi fido della tua memoria e
poi tutti i marinai raccontano bugie e io voglio sapere tutto quello che ti
succederà, minuto per minuto, voglio vedere con i miei occhi tutto quello che
vedrai tu."
Mercedes era sicura che Cristobal avrebbe
trovato un finanziatore per il suo progetto: non riusciva a pensare che
qualcuno potesse resistergli quando parlava con quella luce negli occhi e quel
tono sicuro e nostalgico insieme che avrebbe convinto anche lo scettico più
ostinato. Avrebbe voluto essere una regina per regalargli delle navi e del
denaro per partire; era diventata ancora più certa di lui che la via per le
Indie passasse dalla rotta dell'occidente.
I giorni passavano, e con loro i pomeriggi
nella stanzetta bianca, e le serate nella taverna che Mercedes trascorreva
ormai tutte al tavolo di Cristobal, mentre Manuel era costretto a lasciare i
dadi per servire i clienti trascurati da sua moglie. Ma i due non parlavano
d'amore. I loro discorsi erano tutti intorno alla grande impresa che andava
realizzata, al diario che Cristobal avrebbe tenuto per Mercedes e alle
meraviglie delle Indie, l'oro, le perle, le pietre preziose che aspettavano
solo qualche coraggioso che le raccogliesse. E se qualche volta nella voce di
Mercedes c'era un tremito di paura, sollecitudine o tenerezza, spariva in
fretta per lasciare posto all'ansia di realizzare il grande sogno.
Il giorno della partenza, Cristobal andò alla
taverna di buon mattino per salutare Mercedes. Lei stava spazzando il pavimento
e si appoggiò alla scopa per parlargli.
"Voglio sapere tutto, come se fossi con
te, ricordati il diario" disse, e qualche lacrima scivolava sulla pelle
compatta delle sue guance.
"Te lo prometto" rispose lui e,
salutato Manuel, partì.
La bella ostessa continuò ad ascoltare i
marinai che avevano delle belle storie da raccontare, e ad accettare le loro
storie in pagamento del vino e del cibo che suo marito cucinava. Ma man mano
che gli anni passavano, il suo interesse diminuiva. A un certo punto gli
avventori dei Sette Marinai si accorsero che il suo ventre si era arrotondato,
e dopo qualche mese Mercedes partorì un bambino. A questo primo figlio ne
seguirono altri tre, di cui uno morì, e della bella ostessa curiosa e
compiacente rimase solo il ricordo. Era sempre troppo occupata con i suoi
marmocchi per ascoltare le storie dei marinai, che ormai frequentavano la
taverna solo per il buon vino e la buona cucina di Manuel.
La taverna dei Sette Marinai continuava a
prosperare e a essere la più frequentata della città. Una sera, mentre padroni
e clienti festeggiavano il diciottesimo compleanno del primo figlio di Manuel e
Mercedes, uno straniero spalancò la porta e si sedette a un tavolo libero. Era
primavera, ma all'interno l'aria era pesante e immobile. Mercedes, asciugandosi
le mani nel grembiule, andò a servire il nuovo avventore, e si fermò impietrita
davanti al tavolo.
"Cristobal!" esclamò. "Che
cosa fai qui?"
E guardò con dolorosa sorpresa la frangetta
grigia, gli occhi infossati, la pelle scura e rugosa di uomo abituato alla vita
all'aria aperta. Alzò le mani alle guance gonfie e cascanti, si vergognò del
ventre rotondo, delle mani appassite.
"Sei proprio tu!" ripeté. "Che
cosa hai fatto in questi anni? Sei arrivato alle Indie? Hai trovato l'oro e le
perle? Cristobal, ho aspettato tanto! E non credevo che saresti tornato mai
più!"
"Ho promesso, e mantengo" rispose
lui.
Da sotto alla lunga tunica trasse un pacco
voluminoso, avvolto in un pezzo di stoffa. Lo aprì, e ne tolse un manoscritto e
un mazzo di piume, rosse, verdi, gialle e azzurre, così sgargianti che
sembravano tinte.
"Sono venuto apposta dalla capitale per
portarti questo" disse, porgendo piume e manoscritto alla donna.
"Ma sei arrivato alle Indie?"
"Ho trovato una terra popolata di
selvaggi e di piante strane, nuova o già conosciuta, non so. Non ho trovato
l'oro, né le perle, né le pietre preziose, ma ho dimostrato che la mia idea era
giusta, che navigando verso occidente si sarebbe arrivati da qualche parte, e
il mio progetto é riuscito."
Continuava a tendere la mano con i suoi doni
verso Mercedes, che non si decideva a prenderli. Lo guardava delusa, e
scontenta di essere stata sorpresa nella sua malinconica decadenza. Non porse
la mano per prendere i doni, e Cristobal li depose sul tavolo.
"Sei sempre bella" disse lui.
Ma lei non poteva più credergli, e così non
credette nemmeno che il loro antico sogno si fosse realizzato.
"Non sei arrivato nelle Indie"
disse con tono di accusa, anche se in realtà si sentiva lei stessa colpevole, e
non sapeva proprio di che cosa.
"Ho scritto un diario per te" disse
lui.
"Lo leggerò" rispose Mercedes.
"Che cosa vuoi bere?"
"Una bottiglia di vino" disse
Cristobal, ma dopo il secondo bicchiere si alzò, e gettata una moneta sul
tavolo si avviò verso la porta.
"Cristobal" disse Mercedes, che nel
frattempo era andata a mettere a letto il suo figlio più piccolo. "Dove
vai? "
"Ritorno a Valladolid" disse lui.
"Grazie del regalo. Leggerò il tuo
diario. Che cosa sono queste? Piume? Le hai colorate tu?"
"No, nelle Indie gli uccelli hanno
veramente questi colori."
Ma dal tono con cui lo diceva, sembrava che
non ci credesse nemmeno lui.
"Addio, Cristobal" disse Mercedes.
"E grazie ancora."
"Addio. E ricordati che quello che ho
scritto, l'ho scritto pensando a te."
Uscì prima che gli altri avventori si
accorgessero che era successo qualcosa d'insolito.
Mercedes raccolse piume e manoscritto, e
passò meccanicamente uno straccio sul tavolo che aveva occupato Cristobal.
"Appena avrò tempo lo leggerò"
pensò, chiudendo il diario in un cassetto, quando finalmente andò a dormire
dopo che l'ultimo avventore se ne era andato, e mise le piume colorate sul
tavolino da notte, per darle il giorno dopo ai suoi bambini per giocare.
(Già pubblicato su Anaconda Anoressica il 9/4/17)
(Già pubblicato su Anaconda Anoressica il 9/4/17)
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