Siccome sto leggendo un libro molto lungo e la recensione non riuscirà a scriverla per un po', pubblico un racconto così vecchio che neanche mi ricordavo di averlo scritto, minimalista nel tono e molto presuntuoso nella scelta dei personaggi.
DI DONNE, TAVERNE E
MARINAI
L'ostessa più bella e più famosa di Cadice
era sicuramente Mercedes, la padrona della taverna dei Sette Marinai nel vicolo
di Nostra Signora della Buona Morte. Era giovane e curiosissima; molti marinai sprovvisti di soldi per pagarsi il vino o il cibo avevano
ottenuto quello di cui avevano bisogno in cambio del racconto delle loro
avventure in terre sconosciute e mari lontani. Gli invidiosi erano pronti a giurare
che Mercedes non esitava a offrire anche un letto ai buoni narratori di
gradevole aspetto. Il marito di Mercedes, un portoghese massiccio di nome
Manuel, sedeva in un angolo della taverna giocando a dadi con i clienti,
portava su il vino dalla cantina e parlava il meno possibile, soprattutto
quando la moglie era nei paraggi. Sembravano una coppia felice, e se Manuel non
protestava mai quando Mercedes sedeva al tavolo di qualche avventore, lei
faceva finta di non accorgersi di niente quando il marito perdeva ai dadi o non
riusciva più a reggersi per il troppo vino. La taverna dei Sette Marinai era
sempre piena; oltre che per la bellezza
della padrona, era famosa per la bontà del vino e la freschezza delle
sardine che Manuel cucinava su un piccolo fornello fuori dalla porta. Per
questo, qualunque marinaio o viaggiatore capitasse a Cadice prima o poi finiva
per trascorrere le sue serate ai Sette Marinai.
Una sera di dicembre ventosa e spruzzata di
pioggia, un avventore sconosciuto entrò portando con sé un alito di freddo e si
sedette a un tavolo libero, appoggiandosi con i gomiti sul legno liscio e
lucido. Era un uomo vigoroso con i capelli a frangetta, vestito da borghese, ma
senza lusso. Ordinò una bottiglia di vino e del pesce arrosto senza guardarsi
intorno; dopo un po' le conversazioni interrotte agli altri tavoli ripresero, e
nessuno gli badò più, tranne Mercedes, che dopo averlo servito gli chiese il
permesso di sedersi al suo tavolo.
"Da dove viene, signore?" gli
chiese.
Lui alzò le spalle, e non rispose.
"Lei non è un marinaio, vero?"
Di nuovo l'uomo alzò le spalle.
"Come si chiama?"
"Cristobal". Aveva una voce
profonda e coltivata. "E tu, bella, come ti chiami?"
"Mercedes".
Contenta del suo primo successo, l'ostessa
continuò a interrogare l'uomo e dopo un po' riuscì a strapparlo dal suo
riserbo. Le raccontò che era a Cadice per vedere delle persone che potevano
essergli utili per realizzare un suo grande progetto, e si sarebbe fermato in
città almeno quindici giorni. Alloggiava in una locanda situata poche strade
più in là e aveva sentito parlare della taverna dei Sette Marinai da un suo
amico di Siviglia che aveva visitato Cadice qualche anno prima.
"Il mio amico mi ha parlato di una
bella ostessa" aggiunse, "e pur essendo un marinaio, per una volta
non ha esagerato".
Mercedes sapeva apprezzare un complimento e
questo non andò perduto con lei. Sorrise con tutta la faccia e versò ancora un
po' di vino al galante gentiluomo.
"Torni presto, signore" gli
disse, prima di alzarsi per andare a servire gli altri clienti.
Cristobal tornò, la sera dopo e tutte le
sere per una settimana, e la sua intimità con Mercedes crebbe tanto che alla
fine le rivelò il suo progetto. Era il primo pomeriggio, la taverna era vuota e
Mercedes aveva raggiunto Cristobal nella sua stanza all'ultimo piano di una
casa bianca dai balconi panciuti, che si affacciava sull'oceano scuro e
imbronciato. Le lenzuola erano umide e lui le accarezzava pigramente la spalla
carnosa. Dalle piccole finestre dai vetri piombati non si vedeva altro che un
accavallarsi vorticoso di nuvole grigie.
"Guarda fuori, bella. Vedi l'oceano?
Io voglio salpare da un porto sull'oceano e navigare verso occidente fino ad
arrivare nelle Indie. Finora non ho trovato nessuno che voglia finanziare la
mia spedizione, ma prima o poi riuscirò a partire, e stabilirò una nuova rotta
verso oriente, passando da occidente".
Mercedes lo ascoltava a bocca aperta.
Quelle parole le sembravano folli. Ma la luce grigia che penetrava dalle
finestre addolciva il viso di lui e lo illuminava di un'espressione ispirata.
Faceva freddo e bisognava stringersi per non sentirlo. Il sogno di Cristobal
finì per conquistarla, e divenne anche il suo sogno. Raggiungere le Indie
andando a occidente? perché no, se lo diceva lui? Cristobal le mostrava carte e mappe, e
Mercedes, con il mento appoggiato alla sua spalla, incominciò anche lei a far
progetti.
"Portami con te" gli disse.
"Cucinerò per te e per i marinai, rammenderò i vestiti e le vele, e la
sera..."
Non osò proseguire. Aveva un po' soggezione
di quell'uomo così serio e ossessionato dai suoi sogni.
Cristobal rise fino a farsi venire le
lacrime agli occhi.
"Tu venire in mare con me? Questa è
l'idea più assurda che abbia mai sentito".
Mercedes si vergognò di aver osato proporre
qualcosa di così stupido e cercò di rimediare.
"Promettimi che scriverai un diario
solo per me, per ricordare tutto quello che vedrai, non mi fido della tua
memoria e poi tutti i marinai raccontano bugie e io voglio sapere tutto quello
che ti succederà, minuto per minuto, voglio vedere con i miei occhi tutto
quello che vedrai tu".
Mercedes era sicura che Cristobal avrebbe
trovato un finanziatore per il suo progetto: non riusciva a pensare che
qualcuno potesse resistergli quando parlava con quella luce negli occhi e quel
tono sicuro e nostalgico insieme che avrebbe convinto anche lo scettico più
ostinato. Avrebbe voluto essere una regina per regalargli delle navi e del
denaro per partire; era diventata ancora più certa di lui che la via per le
Indie passasse dalla rotta dell'occidente.
I giorni passavano, e con loro i pomeriggi
nella stanzetta bianca, e le serate nella taverna che Mercedes trascorreva
ormai tutte al tavolo di Cristobal, mentre Manuel era costretto a lasciare i
dadi per servire i clienti trascurati da sua moglie. Ma i due non parlavano
d'amore. I loro discorsi erano tutti intorno alla grande impresa che andava
realizzata, al diario che Cristobal avrebbe tenuto per Mercedes e alle
meraviglie delle Indie, l'oro, le perle, le pietre preziose che aspettavano
solo qualche coraggioso che le raccogliesse. E se qualche volta nella voce di
Mercedes c'era un tremito di paura, sollecitudine o tenerezza, spariva in
fretta per lasciare posto all'ansia di realizzare il grande sogno.
Il giorno della partenza, Cristobal andò
alla taverna di buon mattino per salutare Mercedes. Lei stava spazzando il
pavimento e si appoggiò alla scopa per parlargli.
"Voglio sapere tutto, come se fossi
con te, ricordati il diario" disse, e qualche lacrima scivolava sulla
pelle compatta delle sue guance.
"Te lo prometto" rispose lui e,
salutato Manuel, partì.
La bella
ostessa continuò ad ascoltare i marinai che avevano delle belle storie da
raccontare, e ad accettare le loro storie in pagamento del vino e del cibo che
suo marito cucinava. Ma man mano che gli anni passavano, il suo interesse
diminuiva. A un certo punto gli avventori dei Sette Marinai si accorsero che il
suo ventre si era arrotondato, e dopo qualche mese Mercedes partorì un bambino.
A questo primo figlio ne seguirono altri tre, di cui uno morì, e della bella
ostessa curiosa e compiacente rimase solo il ricordo. Era sempre troppo occupata con i suoi marmocchi
per ascoltare le storie dei marinai, che ormai frequentavano la taverna solo
per il buon vino e la buona cucina di Manuel.
La taverna dei Sette Marinai continuava a
prosperare e a essere la più frequentata della città. Una sera, mentre padroni
e clienti festeggiavano il diciottesimo compleanno del primo figlio di Manuel e
Mercedes, uno straniero spalancò la porta e si sedette a un tavolo libero. Era
primavera, ma all'interno l'aria era pesante e immobile. Mercedes, asciugandosi
le mani nel grembiule, andò a servire il nuovo avventore, e si fermò impietrita
davanti al tavolo.
"Cristobal!" esclamò. "Che
cosa fai qui?"
E guardò con dolorosa sorpresa la frangetta
grigia, gli occhi infossati, la pelle scura e rugosa di uomo abituato alla vita
all'aria aperta. Alzò le mani alle guance gonfie e cascanti, si vergognò del
ventre rotondo, delle mani appassite.
"Sei proprio tu!" ripeté.
"Che cosa hai fatto in questi anni? Sei arrivato alle Indie? Hai trovato
l'oro e le perle? Cristobal, ho aspettato tanto! E non credevo che saresti
tornato mai più!"
"Ho promesso, e mantengo" rispose
lui.
Da sotto alla lunga tunica trasse un pacco
voluminoso, avvolto in un pezzo di stoffa. Lo aprì, e ne tolse un manoscritto e un mazzo di piume, rosse,
verdi, gialle e azzurre, così sgargianti che sembravano tinte.
"Sono venuto apposta dalla capitale
per portarti questo" disse, porgendo piume e manoscritto alla donna.
"Ma sei arrivato alle Indie?"
"Ho trovato una terra popolata di
selvaggi e di piante strane, nuova o già conosciuta, non so. Non ho trovato
l'oro, né le perle, né le pietre preziose, ma ho dimostrato che la mia idea era
giusta, che navigando verso occidente si sarebbe arrivati da qualche parte, e
il mio progetto é riuscito".
Continuava a tendere la mano con i suoi
doni verso Mercedes, che non si decideva a prenderli. Lo guardava delusa, e
scontenta di essere stata sorpresa nella sua malinconica decadenza. Non porse
la mano per prendere i doni, e Cristobal li depose sul tavolo.
"Sei sempre bella" disse lui.
Ma lei non poteva più credergli, e così non
credette nemmeno che il loro antico sogno si fosse realizzato.
"Non sei arrivato nelle Indie"
disse con tono di accusa, anche se in realtà si sentiva lei stessa colpevole, e
non sapeva proprio di che cosa.
"Ho scritto un diario per te"
disse lui.
"Lo leggerò" rispose Mercedes.
"Che cosa vuoi bere?"
"Una bottiglia di vino" disse
Cristobal, ma dopo il secondo bicchiere si alzò, e gettata una moneta sul
tavolo si avviò verso la porta.
"Cristobal" disse Mercedes, che
nel frattempo era andata a mettere a letto il suo figlio più piccolo.
"Dove vai?"
"Ritorno a Valladolid" disse lui.
"Grazie del regalo. Leggerò il tuo
diario. Che cosa sono queste? Piume? Le hai colorate tu?"
"No, nelle Indie gli uccelli hanno
veramente questi colori."
Ma dal tono con cui lo diceva, sembrava che
non ci credesse nemmeno lui.
"Addio, Cristobal" disse
Mercedes. "E grazie ancora".
"Addio. E ricordati che quello che ho
scritto, l'ho scritto pensando a te".
Uscì prima che gli altri avventori si
accorgessero che era successo qualcosa d'insolito.
Mercedes raccolse piume e manoscritto, e
passò meccanicamente uno straccio sul tavolo che aveva occupato Cristobal.
"Appena avrò tempo lo leggerò" pensò, chiudendo il diario in un
cassetto, quando finalmente andò a dormire dopo che l'ultimo avventore se ne
era andato, e mise le piume colorate sul tavolino da notte, per darle il giorno
dopo ai suoi bambini per giocare.