Da Per qualcuno, lieto fine, primo capitolo di Ragazza brutta, ragazza bella che potete trovare qua in formato sia cartaceo che digitale.
PER QUALCUNO, LIETO FINE
Se di qualcosa Adelina
Fang aveva coscienza, era di essere destinata a diventare grande. Non solo di
età, non certo di statura, ma nella vita, nelle cose che contano, denaro, fama,
potere.
Questo meditava, mentre
se ne stava a bocca spalancata sulla sedia del dentista che trafficava
prendendole le misure per la macchinetta. Con il mio splendente sorriso di
trentadue denti perfetti forse un giorno renderò felice il re di Svezia che mi
consegnerà il Nobel, timido e tremante. Forse in Svezia sta crescendo un
principino con l'apparecchio per i denti che per quello stesso giorno sarà
diventato un bel giovanotto, si innamorerà di me e mi chiederà in moglie. Sarò
costretta a dirgli di no, naturalmente, la mia carriera è troppo importante.
Prese mentalmente appunti: uno, controllare su Novella 2000 se esiste un erede
al trono in età interessante, due, in caso positivo cominciare a studiare lo
svedese. Non si sa mai, ci sono donne famose che sono riuscite a conciliare
lavoro e vita privata.
Il dentista le piazzò in
bocca uno strumento di ferro pieno di schifosa pastetta fredda e molle.
– Stringi bene, – disse.
Adelina strinse,
rassegnata. La via della gloria è lastricata di momenti difficili. Il dentista
le sorrise paterno dietro alla mascherina di plastica che lo faceva sembrare un
saldatore.
– Resta così da brava,
torno tra un attimo.
Già, così intanto andava
nello studio a fianco a torturare un altro bambino innocente. Bella vita quella
dei dentisti. Un sacco di soldi facili, ma niente glamour. Mai letto un
articolo su un dentista su Novella 2000. Nessuna fotografia di dentista
sorpreso al ristorante con Claudia Schiffer. No, decisamente non era la
carriera da scegliere.
– Torna tra due giorni e
avrai la tua macchinetta.
Adelina saltò agilmente
giù dalla poltrona. Pensò per un attimo che forse avrebbe potuto dare un bacino
all'uomo in camice bianco, poi decise che non era il caso. Faceva solo il suo
mestiere. Un bacio di Adelina Fang bisognava guadagnarselo, mica era cosa da
raccattare così, per un calco dentale. Gli strinse la mano e se ne andò in
dignitoso silenzio.
– Cinque figli con i
denti stolti, – disse la madre di Adelina, – che mai avlò fatto di male pel
melitalmi questo? Mi costate più che un appaltamento in Costa Azzulla. E mi
selvite anche molto meno, pigli, disoldinati e mangioni come siete.
– Tanto in Costa Azzulla
non ci andlesti mai. Non ciai i vestiti, – rispose Adelina. La seduta dal
dentista l'aveva lasciata nervosa e polemica.
– Zitta te, scemetta.
Mangia la tua minestlina e non essele impeltinente.
Adelina fece una smorfia
all'indirizzo dei fratellini e affondò il cucchiaio nel brodo di dado
sparsamente occupato da bumbunin scotti.
– Plefelisco la zuppa di
abalone.
– Anch'io plefelisco
passale le mie selate al Casinò di Sanlemo, ma sono costletta a stale a casa con
voi. Mangia e taci, scimmia.
Era la sera di chiusura
del ristorante Città Proibita, localino chic situato nel fossato asciutto del
castello di Moretta. Non c'erano avanzi, e la signora Fang si prendeva una
vacanza dai fornelli. I suoi bambini, tutti bianchi e rosa con delle guanciotte
tonde che erano una réclame vivente alla sua cucina, scucchiaiavano depressi.
– Almeno una banana
flitta, – implorò Agatocle Fang.
– Niente banane. Finite
anche quelle.
– Uffa, mamma, – gemette
Vezio. – Un pacchettino di Fonzie's!
– Polchelie.
Ma il suo cuore di mamma
non resistette a quelle rosse boccucce protese nel tormento della fame. Mise
sul tavolo un barattolo di Nutella e il cestino del pane. Cinque ditini paffuti
si immersero nella crema oleosa.
– Col pane, polcelli! Col
pane o la polto via immediatamente!
Ubbidienti, i bambini
spalmarono di Nutella le michette e corsero ad accucciarsi davanti alla
televisione.
– E plima di andale a
letto dateci dentlo con lo spazzolino, che oltle ai denti stolti non vollei vi
venisse anche la calie.
La macchinetta produsse
su Adelina un effetto inaspettato. Nel giro di una settimana divenne
perfettamente in grado di pronunciare la erre. Esaltata, si esibiva dalla
mattina alla sera in scioglilingua arrotati per fare rabbia ai fratelli.
– Trentatré trentini
partirono da Trento, – gridava Adelina.
I fratelli piangevano.
– Sopra la panca la capra
campa!
Agatocle minacciò il
suicidio se non poteva avere anche lui, immediatamente, il suo apparecchio.
– Sotto la panca la capra
crepa!
Le urla di Vezio si
sentivano dalla parrocchia. La signora Fang si affannò a distribuire pizzicotti
e scapaccioni, nel timore che quelle ficcanaso delle assistenti sociali
andassero a ficcare il naso a casa sua e trovassero che non curava abbastanza i
figli. Finì per fare un mutuo e fornire tutti e cinque i bambini di strumenti
di ferro che gli raddrizzarono la dentatura e li resero fluenti in erre doppia
e semplice. Rimpianse di non averli chiamati Rosaura, Ruggero, Roberto, Rodrigo
e Ranieri. Ora che in casa rimanevano solo lei e il signor Fang a dire “glazie,
plego, tolna plesto”, si sentì improvvisamente vecchia. Questi giovani, pensò,
fanno in fretta a dimenticare le radici e le tradizioni. Va' a vedere che una
mattina si sveglieranno tutti e cinque biondi, ricci e con gli occhi tondi.
Adelina aveva un grosso
difetto: era costituzionalmente la prima della classe, la cocca della maestra,
l'orgoglio della scuola. Al concorso nazionale “Scrivete uno slogan per il
vostro paese” sbaragliò tutti coniando la frase famosa “Neanche una fetta le
manca a Moretta per esser perfetta”. I premi in palio erano cinque soggiorni di
una settimana a New York. Così partì con altri quattro bambini di varie parti
d'Italia, carica di indirizzi di parenti a Chinatown e uno in Park Avenue:
quello di Désirée e Rolando.
La storia non dice come
Adelina trascorse quei sette giorni. Sappiamo solo che tornò contenta, piena di
notizie strabilianti e brufoli per l'eccesso di hamburger, patatine e cocacola,
e innamorata.
La mattina successiva al
suo rientro, davanti a una tazza di caffelatte e un buondìmotta, dichiarò alla
madre:
– Ho trovato il
fidanzato. Ci sposeremo quando io sarò un famoso avvocato e lui il re della
medicina ayurvedica. Si chiama Dragomir Rimpoche. Papà tibetano e mamma rumena.
– Mix interessante, –
disse la signora Fang dubbiosa.
– Abita ad Arezzo.
Sentissi che accento incantevole. Quando parlava con Désirée, sembravano Dante
e Beatrice.
– Chi mai salanno questi
due? – si chiese la signora Fang. – Hai visto la bella abblonzata e il suo
lustico compagno? – aggiunse ad alta voce.
– Oh sì. Ho visto un
sacco di gente e un sacco di posti. Graziosa cittadina, New York. Penso che ci
aprirò uno studio, diciamo una filiale. Sembra che tutti divorzino da quelle
parti. Ho anche una commissione da parte di Désirée per Isidoro. Posso fare una
telefonata a Torino, mamma?
– Basta che sia bleve.
– Non credo. Devo
raccontargli come è stato pitturato tutto l'Empire State Building, descrivergli
le figure e l'effetto che hanno avuto. Désirée dice che è importante, lui
capirà.
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