Si
può amare moltissimo un libro di un autore e detestarne un altro? Sì, è ovvio, questa
domanda retorica è molto stupida ma non sapevo come cominciare la recensione di
La ventisettesima città, romanzo
d’esordio di Jonathan Franzen uscito nel 1988 in prima edizione e ambientato nel 1984, e in Italia nel 2005 per Einaudi con traduzione di Ranieri Carano. Ho letto
qualche giudizio prima di cominciarlo, dove si spendono nomi come Vonnegut e
altre amenità. Non è vero, questo lunghissimo, sentenzioso, ambiziosissimo,
sostanzialmente inutile romanzo mi dice che l’autore è certamente molto dotato
(all’epoca della pubblicazione aveva ventinove anni) ma che deve ancora imparare
a darsi dei limiti, a capire i propri limiti, e starci dentro. E infatti Le correzioni, prima edizione 2002 e
tradotto splendidamente in italiano da Silvia Pareschi nello stesso anno per Einaudi, è un
bellissimo romanzo, appassionante e denso. Già molto meno mi è piaciuto Libertà (2011, tradotto nel 2012, sempre
da Silvia Pareschi, per Einaudi), che ho letto quest'estate e non ho neanche avuto voglia di recensire. Ma La
ventisettesima città si può proprio fare a meno di leggerlo e impiegare il
tempo, lunghissimo, necessario per la lettura, in qualche attività più utile e
piacevole. Allora, la ventisettesima città è St. Louis, in piena decadenza e
bisognosa di rilancio. Devo aggiungere che ho anche capito pochissimo di tutta
la vicenda, complicata e dispersiva, e di questo devo ringraziare anche la
faticosissima traduzione di Ranieri Carano, che appartiene chiaramente a quelle
del tipo “adesso metto così che non mi viene, poi la riguardo”. E non l’ha mai
riguardata. L’inghippo ruota tutto intorno al fatto che a capo della polizia è
stata chiamata una trentacinquenne indiana, dell’India, Jammu, il motivo mi è
rimasto oscuro. Costei mette su un complicatissimo intrigo (per conquistare la
città? il mondo? per fare dispetto agli USA o fare contenta sua mamma? non ho
capito), che passa attraverso la fusione della città con la contea, e a questo
scopo viene indetto un referendum. Non vi stupirà il fatto che non ho ben
capito il motivo, ma si tratta di spostamenti di industrie, di speculazione edilizia,
denaro insomma. Jammu si è portata dietro uno stuolo di indiani, tra cui i suoi
fedelissimi sono una prostituta eroinomane, che lei foraggia e dirige per
manipolare dirigenti, e un ex terrorista socialista marxista sikh bisex
violento e sadomaso ma anche pieno di sentimento, fumatore accanito di
sigarette ai chiodi di garofano che in India non esistono, essendo tipicamente
indonesiane (forse fa confusione con i bidi, le puzzolente sigarettine indiane). Altro personaggio importante è Martin Probst, integerrimo manager
che non ho capito bene perché è preso di mira, lui e sua moglie, mentre all’inizio
sembrava che fosse sua figlia quella caduta nella rete di Jammu ma poi invece
no. Va be’, basta. I personaggi sono costruiti affastellandoci sopra di tutto
ma non risultano affatto definiti, rimangono corposi ectoplasmi capaci di
giravolte ingiustificate e nemmeno sorprendenti. Succede di tutto; qua e là ci sono
momenti di respiro in cui sembra di trovarsi in un romanzo normale, ma dura
poco. La parte finale è un climax classico, tutto si risolve in una notte
speciale ma perché si risolva così e non al contrario non chiedetemelo, le
azioni dei personaggi mi sono rimaste oscure fino alla fine. Come ha detto quel
tale a Mozart? Troppe parole, Herr Franzen. Ci sarebbe voluta un’accetta molto severa
per sfrondare questo atto di presunzione che è La ventisettesima città. Con seicentosessanta pagine a disposizione,
si potevano fare almeno tre romanzi da duecentoventi, e guadagnarci che
comunque vendendole sfuse costano di più.
Ultima
nota di demerito: io l’ho letto in formato ebook, sciattissimo, con molti a capo saltati che rendevano ancora più
difficile seguire dialoghi e azione. Pollice verso, non ci siamo. Per fortuna
che ho letto per primo Le correzioni,
che dimostra che il ragazzo aveva talento e con lo studio, l’esercizio e la
disciplina sa fare cose egregie.
Ciao Consolata, nonostante il tuo intento, leggere questa recensione non so perché mi fa venire voglia di leggere il romanzo :)
RispondiEliminaIo sto leggendo Libertà e mi sembra un libro bellissimo, perché non fai la recensione anche di quello così che capisca perché invece a te non è piaciuto? Le correzioni, bellissimo!
Un bacio. Caterina Mion
Ciao Ketty! Sono felice di quello che mi dici. Lo scopo di una recensione, secondo me, è sempre quello di far incuriosire a proposito di un libro, di seminare la voglia di verificare con i propri occhi per decidere da sé se si è d'accordo o meno. Leggi La ventisettesima città, smentiscimi parola per parola e farai di me una recensora appagata per avere raggiunto il suo scopo. Ciao, grazie per il feedback
RispondiEliminaP.S. Non credo che recensirò Libertà, non è che non mi è proprio piaciuto ma mi ha annoiato e non mi ha lasciato tracce. Mentre invece Le correzioni mi ha dato molto piacere.
Bella la tua recensione, e grazie dei complimenti. Che dire? Era giovane, doveva ancora farsi... ;-)
RispondiEliminaSilvia: in effetti è un po' inutile recensire negativamente un libro del 1988, per di più di un autore che in seguito ha dato prove molto migliori, o eccellenti come Le correzioni (con il tuo valido aiuto). Ho ceduto alla noia e all'irritazione che mi ha procurato la lettura, e non ne vado fiera. I complimenti non sono tali ma la semplice constatazione della tua bravura e sensibilità! Ma questo lo si sapeva già. Ciao.
RispondiEliminaHo appena finito di leggere il libro e, sconcertato ed anche un po' incazzato, ho cercato in rete di capire se altri la potessero pensare come me.
RispondiEliminaHo trovato la tua recensione che condivido parola per parola.
Complimenti!
Marco: sono lieta che siamo d'accordo, non mi piace fare stroncature ma certe volte mi scappa. Poi penso che magari non ho capito niente.. E in effetti questa volta è così, letteralmente. :-)
RispondiEliminasono perfettamente d'accordo a parte il fatto che libertà e le correzioni secondo me sono allo stesso livello. ciao
RispondiEliminaSconcertata e irritata, più o mwno come Marco, con la differenza che sono ancora a metà del libro e faccio una gran fatica a proseguire, cercavo in rete un confronto, altri sguardi oltre il mio. Ho trovato te e condivido parola per parola, hai messo a fuoco ciò che in me si agitava senza chiarezza. Ne esce peró ulteriormente indebolito il mio imperativo categorico di finire un libro (questo libro) sempre e comunque...
RispondiEliminaPerò mi è venuta voglia di leggere Libertà, dopo aver tanto amato Le correzioni, adesso non so che pensare di Franzen :)
P.S. deluzioso e icastico il tuo ritratto di Singh
Kassandra: secondo me bisognerebbe avere il coraggio di mollare un libro, e lo dico perché io ne sono incapace se supero le prime dieci pagine. Questo infatti l'ho finito perché sono una testa quadra. Quanto a Libertà, la mia bassa opinione non è condivisa da molti, credo, visto che il libro ha avuto molto successo. In ogni caso è infinitamente meglio della 27° città, ma non tanto my cup of tea. Troppo americano, didattico, con una tesi da dimostrare e un solo personaggio (il rockettaro) che mi abbia preso. Come si dice, per parte mia Franzen preferisco ricordarmelo com'era, ai tempi di Le correzioni e dei giorni d'estate a Chios in cui tra amici ce lo strappavamo di mano. Ciao Kassandra, speriamo di rincontrarci tra le pagine di un libro migliore.
RispondiEliminaVabbè, Consolata. Come tu stessa ammetti, non hai capito un sacco di cose di questo libro. Lo hai stroncato perché non hai capito nulla. Non mi pare un buon metodo. A me invece è piaciuto, perché ho capito quasi tutto, e mi ha appassionato, nonostante la difficoltà. Bastava dire che non lo consigli perché non lo hai capito.
RispondiEliminaAlessandro
Speravo proprio in una risposta come la tua: spiegamelo, sii gentile, e sarò felice di ricredermi e di fare ammenda.
RispondiEliminaMi piacerebbe molto, credimi, scrivere un po' di questo libro che a quanto vedo oltre a non essere digerito da molti, non è stato né capito, né finito da quasi tutti i lettori. Mi piacerebbe ma servirebbe del tempo che proprio non ho. Col mio modesto commento volevo solo obiettare al fatto che si possa stroncare un libro che non si è capito. Capisco le critiche sui personaggi poco approfonditi, sulla difficoltà di tenere le fila di tutti gli intrecci, dell'approssimazione nel descrivere alcune situazioni, della vastità ambiziosa ecc. Cose sulle quali in parte sono d'accordo anche io. Però è proprio fastidioso il fatto che se uno non capisce una vicenda, un tema, un intreccio, un personaggio o un significato, debba concludere che il lavoro è svolto male. Almeno l'umiltà di dire io non l'ho capito, quindi non posso esprimere un giudizio finale. Tutto qua.
RispondiEliminaAlessandro
Non sai che gioia mi ha dato leggere esattamente le stesse identiche mie sensazioni per tutti e tre i romanzi e sapere che non sono l'unica a non aver capito molto della ventisettesima città, uno dei libri più assurdi e privi di capo e coda che abbia mai letto!
RispondiEliminaCaro Anonimo, come avrai notato se hai dato un'occhiata ai commenti precendenti siamo in buona compagnia. L'unico che l'ha capito e apprezzato non ha trovato il tempo di spiegarmi. Be', io penso che si possa parlare anche di un libro che non si è capito. Un romanzo non è un testo esoterico, un certo grado di accoglienza nei confronti del lettore mi pare doveroso. E qui, detto tra noi, mi pare che il giovane Franzen abbia fatto un gran pasticcio. Speriamo che ci dia presto qualcosa all'altezza de Le correzioni, che mi è piaciuto tantissimo ed era oggettivamente (sì, lo dico) un gran bel romanzo.
RispondiEliminaCiao Consolata, ho apprezzato tanto la tua recensione. Condivido ogni parola. Ho impiegato tre mesi a leggere questo libro, e nel frattempo ne iniziavo altri che concludevo nello spazio di qualche settimana. Sono arrivata al giorno del referendum, mancano circa sessanta pagine e non ho più impulso a continuare. Mi sento meno in colpa dopo aver letto il tuo pensiero. Grazie!
RispondiEliminaFederica
Felice che la mia noia e la mia fatica siano servite a te per scappare dalla ventisettesima città! Grazie per avermi letto e scritto, Federica.
RispondiEliminaSto leggendo la ventisettesima città e devo dire che mi ricorda troppo Ellroy, meno noir però. In ogni caso sono perfettamente d'accordo con Consolata. Ancora non so perché continuo a leggerlo. Ah poter restituire i libri che non ti piacciono :-)!!!!
RispondiEliminaRosanna, sarebbe bello davvero poter restituire i libri che non piacciono. Le persone sagge che li prendono in biblioteca possono farlo, ma io non sono così saggia, i libri li compro anche se ormai quasi solo in ebook. E anch'io non riesco a mollarli a metà, ma forse bisognerebbe avere il coraggio. Il brutto in questo caso è che mi è passata la voglia di leggere altri libri di Franzen, e così rischio di perdere molto. Spero che riuscirò a superare il trauma per leggere "Purity", il romanzo uscito a settembre negli USA che uscirà in Italia a febbraio nella traduzione, come sempre, di Silvia Pareschi che è una garanzia. Vedremo.
RispondiEliminaCiao Consolata, ti ho trovato per caso sul web dove ero in cerca appunto di consolazione... :-) per non aver capito né apprezzato La ventisettesima città. Condivido ogni parola della tua chiara e lucida recensione. Ho letto il libro alcuni anni fa: mi era parso orribile. L'ho appena riletto per la seconda volta per dargli una seconda chance e confermo: oscuro, gratuito, contraddittorio, vago nella definizione dei personaggi, infarcito di sottotrame accennate e poi lasciate cadere. Sorprendenti la sciattezza della traduzione e quella della pubblicazione Einaudi (gli "a capo" dopo le battute dei dialoghi non è che siano saltati nella versione e-book, anche nel volume sono stati messi a intermittenza; spero che la versione originale sia diversa. Un altro esempio: il breve riassunto della IV di copertina, pubblicato anche sul sito Web dell'editore, è assolutamente incoerente con la storia). Aggiungo solo che considero Franzen il miglior scrittore americano vivente per cui ti prego, continua a leggerlo, supera il trauma! Ho letto gli altri suoi libri sia in italiano che in inglese e ringrazio il cielo che dopo "la ventisettesima" il ragazzo sia diventato grande.
RispondiEliminaCari saluti
Annapina
Ciao Annapina. Grazie per il feedback, che venendo da una persona che rilegge due volte un libro che non le è piaciuto per dargli una seconda chance mi sembra davvero prezioso. Non mi piace fare stroncature e di solito se un libro non mi convince non spreco tempo a recensirlo, ma "Le correzioni" mi era piaciuto talmente che ho dovuto dare sfogo al fastidio. Proverò a leggere "Purity" quando uscirà, e vedremo se mi riconcilio con Franzen... Spero che ci scambieremo i pareri dopo la lettura. A presto.
RispondiEliminaFinito ora, 2 minuti fa, con immensa fatica.
RispondiEliminaE ho cercato conforto su Google. Ora mi sento meno solo ;-)
Caro viandante, benvenuto tra noi. Tra poco esce Purity, ci riproviamo?
RispondiEliminaEcco, grazie, concordo totalmente con la recensione. Ho cercato on line qualcosa che mi spronasse a finire il tomo (sono arrivato a metà sudando lacrime, e si che sono un lettore capace di fare nottata, se il libro "acchiappa") ed ho trovato questa tua. Vero tutto, verissimo, manco sapevo che fosse il romanzo di esordio di Frenzen del quale, ammetto, ho apprezzato moltissimo "Libertà". Confusionario, inutilmente ridondante, contraddittorio nelle descrizioni caratteriali, illogico, circonfuso di una atmosfera perennemente serotina con retrogusto curry, "la ventisettesima città" è uno zibaldone che merita ogni riga negativa ed ogni critica. Adesso posso riporlo sullo scaffale senza proseguire nella lettura senza sentirmi colpevole. Unica nota positiva, averlo pagato poco, preso su una bancarella dell'usato.
RispondiElimina@anonimo, siamo tanti a pensarla così credo. Felice di averti risparmiato un po' di noia e di fastidio. Adesso ho comprato Purity, ma per il suo turno manca ancora un po' di tempo. Ci si risente dopo la lettura.
RispondiEliminaCiao,
RispondiEliminaIo vorrei invece spezzare una lancia a favore di questo libro, che ho trovato interessante, ricco, denso.
Di sicuro è un libro che richiede un certo impegno per essere letto perché narra delle dinamiche che non sono solite essere oggetto di letteratura. La politica locale, l'economia e la gestione urbana di una città non sono argomenti facili.
Io studio architettura e ho trovato interessantissimo l'argomento.
Ho poi approfondito leggendo alcune cose sullo sviluppo urbano di St Louis, sulla costruzione dell'Arco, sulla forma della città (che si legge molto chiaramente anche da Google maps).
Credo che questo libro richieda uno sforzo intenso perché il lettore possa comprendere le molteplici trame, e credo anche che la lasci molto spazio al lettore, che è invitato a costruire autonomamente connessioni, a immaginare rapporti di causa ed effetto che spesso sono solo accennati. Secondo me la vicenda non è tutta raccontata, e il rimanente lo facciamo noi.
Io mi sono divertita molto!
Questo è il primo romanzo che leggo di Franzen, magari il livore degli altri lettori nei confronti di questo testo è motivato da troppe aspettative?
Un saluto,
Caterina
Condivido pienamente consolata per la ventisettesima città. Alla ventisettesima pagina l'ho riportato in biblioteca. Franzen rimane cmq un grande.Per me libertà e le correzioni pari livello. Bellissimi. Inizio Purity
RispondiElimina@Caterina: sono sicurissima che questo libro abbia molto da offrire a chi sa andare oltre la superficie e ha strumenti approfonditi che gli permettono una lettura con cognizione di causa. Franzen è uno scrittore troppo dotato per non riconoscergli la possibilità di avere scritto qualcosa di troppo impegnativo per il lettore medio. Io, in quanto tale, non ce l'ho fatta a capirlo. Grazie del feedback. Sono sempre felice quando qualcuno che non è d'accordo mi risponde e mi spiega i motivi per cui non lo è, in modo chiaro e pacato come te. Spero che continuerai a leggermi e intervenire.
RispondiElimina@Angelo D'Attoma: penso anch'io che Franzen sia un grande, e appena arriverà il suo turno affronterò Purity. Grazie per il commento.
Ho appena finito di leggere la Ventisettesima città e cercavo in rete delle recensioni perché è un libro che non mi ha del tutto convinto, pur avendolo apprezzato moltissimo.
RispondiEliminaNon vi è quell'equilibrio tra trama e ricerca introspettiva che Franzen raggiunge nei libri successivi, e il risultato finale è un'opera prima ostica, ma sicuramente sorprendente e ricca di grandi risultati.
Alcune pagine sono scritte esclusivamente per far emergere il grande lavoro accurato di ricostruzione della storia dal punto di vista "ambientale".
L'esercizio appesantisce un po' il testo, con alcune ridondanze, e blocca la narrazione con particolari dal sapore didascalico.
Alcuni personaggi rischiano di finire nel macchiettistico (la prostituta Devi, la stessa Jammu), ma già si vede l'enorme abilità di Franzen nel rappresentare i meccanismi sociali della contemporaneità (Barbara Probst, Buzz, lo stesso Martin Probst nella sua piccola meschinità).
La recensione di Consolata mi sembra quindi piuttosto squilibrata, e sono d'accordo con Caterina. Lo dico soprattutto a fronte dei problemi posti sulla trama.
Rispetto alla confusione sugli obiettivi di Jammu sulla famiglia Probst, non mi sembra ci sia possibilità di confondersi: l'obiettivo è l'isolamento di Martin, la messa fuori gioco di Luisa avviene per una serie di concause, diverse da quelle programmate da Singh, ma comunque da lui oliate (il successo professionale di Duaine, con il quale Singh ha anche un incontro sessuale, ci fa intendere che anche lui è pedina del sistema di Jammu, anche se non capiamo il suo livello di consapevolezza). Rispetto alle ragioni che spingono Jammu, è chiaro che è spinta solo da personale arrivismo, come lei stessa afferma, e per compiacere la bulimia della madre. Oserei dire che questo è il tema centrale del libro.
Non sono le ideologie a spingere i personaggi principali: il socialismo della giovane Jammu è completamente rinnegato dalla Jammu adulta, interessata solo all'autoaffermazione; i sogni rivoluzionari del giovane Singh si trasformano in reminiscenza romantica fusa a una sorta di egoismo edonistico; il rigore conservatore della cricca di Saint Louis e di Martin Probst si rivelano fragili convinzioni legate più al quieto vivere che al solido sogno WASP americano.
La risposta a questo insieme di piccole trame individuali roboanti quanto vacue, è l'esito del referendum, in cui anche la città conferma che è finita l'epoca delle grandi aspirazioni collettive, spesso illusorie: rimangono solo esistenze che chiedono di andare avanti indisturbate tra piccoli inganni di consolazione. Sono gli anni 90. E' l'inizio della contemporaneità, in cui ogni sogno di trasformazione finisce per avvizzire e rivelarsi un fuoco fatuo: da notare come la rincorsa al potere di Jammu e la simmetrica e disperata fuga di Barbara Probst da se stessa (due facce di un bisogno di uscire da se stessi e affermarsi come altro) abbiano lo stesso epilogo sanguinoso.
Franzen ci porta amaramente a prendere atto che i nostri sono tempi di immobile transizione, in cui ogni tentativo di cambiamento viene bollato come velleità noiosa, alla quale si preferisce il mortale autoinganno dello status quo.
Concordo sull'incomprensibilità delle sigarette al garofano: all'inizio avevo pensato che ci potesse essere qualche link con l'islamismo, ma Singh è un sikh! Credo si tratti solo di un espediente letterario, che in alcuni passaggi aiuta il lettore a far coincidere le diverse identità che assume Singh/Nissing.
@Luca, ti sono più che grata per l'approfondita, motivata, circostanziata e (sono sicura) molto autorevole recensione. Io qui metto solo le mie osservazioni da lettrice, senza nessuna pretesa di fare critica letteraria, e ovviamente sono felice quando qualcuno mi risponde, soprattutto se mi spiega delle cose che non ho capito o che ignoravo. Perciò grazie mille per il tempo che hai dedicato per rispondere. Purtroppo è passato molto tempo da quando ho letto La ventisettesima città per cui non sono pienamente in grado di apprezzare la tua interpretazione. Appena avrò tempo provo a rileggerlo tenendone conto. Intanto spero che capiterai di nuovo su questo blog, e mi scriverai (per restare in argomento) Le (tue) correzioni. Ciao.
RispondiEliminasono solo un lettore come te. io devo dirti che la discussione qui mi ha stimolato moltissimo, e aiutato anche a riflettere meglio. grazie! ci incontriamo presto su prossimi libri! ciao!
RispondiEliminaGrazie mille di tutte le vostre reazioni a questo romanzo che mi ha totalmente spiazzata rispetto all’autore che ho sempre amato. Grazie per le spiegazioni a determinati subplot che non avevo colto.. ma allora.. tanto per restare nell incomprensibilità del libro.. alla fine Jammu muore? Credo di si, ma vorrei delle certezze! E il personaggio più figo è sicuramente Singh, è l’unico che torna libero nella moltitudine dei suoi simili mi sa.
RispondiEliminaGrazie se qualcuno mi risponde. Marina