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sabato 14 aprile 2012

SPECCHI


Posted by Picasa
Rimase di sasso a vedere nello specchio, sopra alla sua camicetta, una faccia che non corrispondeva affatto a quella che si aspettava.
Sua non era di certo, però le ricordava qualcuno. Stette a osservare le palpebre senza ciglia che sbattevano, i canini acuti, i due peli sul mento e la macchia (fiore di senilità, la chiamavano poeticamente i dermatologi) sulla tempia destra.
"Certo", disse ad alta voce allo specchio sporco delle ditate di molti ospiti precedenti, "ti conosco benissimo, sei mia madre."
La faccia le rimandò un sorriso amichevole. Non era la prima volta che Ida vedeva il volto della madre al posto del suo, ma fino a quel momento le era successo solo quando si guardava di sguincio, per caso, magari in una vetrina, o quando proprio non si aspettava di trovarsi davanti una superficie riflettente. Si era preoccupata, aveva chiesto alla sorella e alle amiche se anche a loro accadeva lo stesso fenomeno. Tutte avevano risposto di sì.
Però questa volta era diverso, non si trattava di un'impressione fuggevole, il viso di sua madre era lì e lì rimaneva, qualunque smorfia lei cercasse di fargli fare.
"Ho capito", disse Ida, voltandosi a prendere una spazzola "sono diventata vecchia".
Si spazzolò i capelli all'indietro come li portava la madre, li cotonò un poco come faceva lei per nascondere il fatto che stavano diventando radi. Si sfoltì le sopracciglia con una pinzetta, le sottolineò con la matita nera, passò un po' di ombretto azzurro sulle palpebre.
"Niente rimmel, tanto le ciglia non le ho più", pensò, "e devo comprare un rossetto viola, e della cipria, e un piumino".
Aprì l'armadio per scegliere qualcosa di adatto alla sua faccia, ma nessuno degli abiti che aveva portato andava bene. Nemmeno a casa, d'altra parte, aveva abiti che sua madre avrebbe indossato. Alla fine indossò una gonna grigia e una camicia di seta chiara, gli unici, tra i suoi vestiti, che poteva immaginare addosso alla madre. Poi sedette sulla poltrona a righe gialle e marroni, dietro alle tende arancioni che schermavano completamente la porta finestra. Fuori, sul terrazzino, s'intuiva un tramonto glorioso, di quelli che fanno brillare i vetri e accecano gli automobilisti.
Forse si assopì un pochino, e nel dormiveglia le tornarono in mente certi pomeriggi simili a quello, quando andava a trovare la madre e stava seduta in poltrona davanti a lei, guardando il sole dietro le tende, impaziente che venisse l'ora giusta per dire Ciao mamma, io vado, e uscire nell'aria inquinata e allegra della sera. Mentre la madre le parlava (Hai telefonato a Gianna? Perché non venite domenica dai Rossi! Potresti essere un po' più gentile con tuo fratello! E con Piero, che cosa avete deciso di fare quest'estate? Ti sei ricordata di portare Enrico al controllo dal dentista? Ma perché non ti metti mai le perle che ti ha regalato tua suocera? Ti trovo proprio un po' spettinata, mettiti un po' di rossetto, sei così pallida, Marta non sembra proprio figlia tua con quelle guance rosse!) lei l'osservava, osservava la pelle delle guance troppo morbida, coperta da una peluria  sottile che risaltava in controluce, il collo raggrinzito, i capelli sottili e opachi, le mani magre macchiate di scuro, le palpebre flosce, e il cuore le si stringeva. È vecchia, pensava tra sé, è diventata vecchia. Non è più una donna, è una vecchia.
Adesso è capitato a me, pensò risvegliandosi di colpo. Sono diventata vecchia anch'io. Eppure continuo a sentirmi una donna. Come è possibile? Io pensavo che mia madre si sentisse vecchia anche dentro, pensasse da vecchia, vedesse attraverso occhi da vecchia. Ma io mi sento sempre uguale. Se non ho uno specchio davanti, sono sempre la stessa Ida abituata a sentirsi gli occhi degli uomini addosso, che si vergogna un po' a entrare in un negozio per paura di non essere presa sul serio, che non osa sedersi in autobus perché le sembra di non averne il diritto. Invece, forse chi mi incontra per strada vede in me una vecchia signora degna di rispetto, cui spetta di sicuro un posto a sedere, che non fa perdere tempo ai commessi, anzi, si merita tutti i riguardi. Una sensazione di gelo le scese dalla bocca dello stomaco al ventre. Anche Marta ed Enrico mi vedono così? Mi osservano per contarmi le rughe, pensano È  vecchia mentre io parlo e parlo, provano per me quell'amore fatto di compassione lancinante, noia, rispetto, fastidio, nostalgia per la donna ormai sparita, che io provavo per mia madre?  E Piero?  Pensa Questa non ha niente a che vedere con la donna  che amavo, questa è una vecchia, patetica irriconoscibile estranea, che nessun uomo può più desiderare? 
Nella stanza si era fatto buio. Ida si alzò e guardò l'ora. Erano quasi le otto, presto suo marito sarebbe arrivato per cambiarsi e portarla a cena. Corse in bagno e si pulì il viso, si spazzolò i capelli per riportarli alla solita pettinatura a caschetto, si truccò gli occhi con rimmel e kajal. Per le sopracciglia c'era poco da fare, bisognava aspettare che ricrescessero. Nella luce cruda del neon il suo viso le parve un po' più familiare. Si fece un bel sorriso che stese i contorni del mento, annullò le rughette che segnavano la bocca, ma ne creò altre molto più profonde intorno agli occhi. Si tolse la camicia di seta e indossò una maglietta extralarge di jersey che scivolava lasciando una spalla scoperta, con una collana di pietre colorate a tre giri, comprata su una bancarella da un africano. Poi tolse la collana e se la arrotolò attorno al polso, si mise degli orecchini lunghi, cambiò la gonna grigia con un paio di pantaloni di lino. Ma ogni volta che si guardava nello specchio grande appeso di fronte al letto, era sua madre travestita da figlia che la guardava a sua volta.
"Cazzo, cazzo, cazzo", gridò. Ma era la bocca di sua madre che pronunciava per la prima volta una parola imparata dalla figlia maleducata.
Quando Piero arrivò, Ida era pronta, con una gonna corta di seta a fiori neri e rossi, un top nero scollato e una giacca  rossa.
"Caspita, come ti sei bardata", disse lui, spogliandosi per fare una doccia veloce, "guarda che non andiamo mica in un locale elegante".
Ida aggiunse ancora una catena d'oro al polso e orecchini a cerchio. Se Piero non fosse uscito in fretta dal bagno, avrebbe finito per mettersi tutti i gioielli che aveva portato.
"Sei troppo scollata", disse Piero infilandosi la camicia, "il collega con cui andiamo a cena è un vecchio porco e la moglie una cariatide".
Ida si tolse qualche etto di bigiotteria, e sostituì il top nero con una camicia che le stava altrettanto bene. Sua madre la guardò dallo specchio con approvazione.
In ascensore Piero controllò la rasatura nello specchio a parete. Dallo specchio guardò Ida,  interdetto.
"Che faccia strana che hai. Hai cambiato pettinatura?"
"Ho messo il rossetto", rispose Ida, che non ne aveva mai posseduto uno in vita sua.
"Ah, mi sembrava che ci fosse qualcosa di diverso. Poi dici che non ti guardo mai!", disse lui, baciandola sulla guancia.

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