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mercoledì 25 agosto 2010

Esmahan Aykol, Hotel Bosforo

Trebisonda 21/7/2010
Mi dispiace davvero per Sellerio che è un mio mito insuperato, ma questo Hotel Bosforo è uno dei
libri più brutti che abbia mai letto. E soprattutto più inutili. Una trama insulsa e del tutto pretestuosa, un giallo di cui non frega niente a nessuno, men che meno all'autrice che per tre quarti del libro pensa a altro e poi alla fine telefona la soluzione giusto per scaricarsi la coscienza. E il motivo che non rivelo è quello più sfruttato nella maggior parte dei libri degli ultimi dieci-quindici anni. Il resto è una serie di cliché dei più banali, scritti nella prosa di una ragazzina di prima media poco dotata ma convinta di essere spiritosa. Si direbbe tradotto dal tedesco perché la prima edizione è di una casa editrice tedesca, ma non è chiaro leggendo, in certi punti si direbbe tradotto dal turco. Sembra un repertorio di luoghi comuni sui turchi a uso dei tedeschi, e viceversa. Tipo: i turchi fumano come turchi. Ma va'? E' come se Aykol volesse gratificare gli uni e gli altri presentandoli a volte con gli occhi di un popolo, ora dell'altro. Il risultato è che come terzi ci si sente un po' esclusi.

Si svolge in una Istanbul tutta localini furbi e gran bevute, naturalmente lontanissima dal turismo ma non per questo meno stereotipata e finta. L'insopportabile protagonista, tedesco-turco-ebrea libraia specializzata in gialli, il che per qualche ragione che non ho afferrato la qualificherebbe a risolvere delitti, incontra una vecchia amica tedesca che resta invischiata in un assassinio. Primo, non si capisce perché la tedesca ha cercato la libraia di cui aveva perso le tracce da secoli. Due, la libraia fa un paio di telefonate da scocciatrice e questo è tutto lo sviluppo della trama. In compenso tutti se la vogliono scopare, e lei non sembrerebbe maldisposta, non disdegna poliziotti né delinquenti ma alla fine la vita la premia. L'unica idea che ha in testa è andare dall'estetista, avere le unghie in ordine e mettersi elegante. Ah no, dimenticavo, anche schiaffare la madre in un ospizio alle Baleari. L'autrice è talmente cretina che crede di dare pennellate di realtà nominando un paio di volte la "crisi di febbraio" (?).

Insomma, mi chiedo perché questo libro è stato tradotto: sperando di cavalcare l'onda dei gialli esotici? Ma questo non è né giallo né esotico, solo un'emerita cazzata che fa venire i nervi per il tempo sprecato a leggerlo. E per Sellerio, che sa fare di molto meglio.
Traduzione, non si sa da che cosa, di Emanuela Cervini.

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