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sabato 9 maggio 2009

Gli amici del Bar Margherita

Gli amici del Bar Margherita di Pupi Avati è un film che ho trovato molto irrilevante e un po' irritante. E' anche un film bonario, di non grandi pretese, che non deve essere costato troppo. Che si può vedere, non fa danni, ma ha la stessa forza di uno starnuto nel fazzoletto. O del classico bicchiere d'acqua fresca.
Una giovinezza nel 1954 a Bologna (cui presta le sue viuzze e i suoi portici Cuneo) raccontata con un eccesso di voce fuori campo e un po' di incertezza tra comico e patetico. Anche qui tutto già visto: il bar solo per uomini, il pappagallismo e il vitellonismo, i tipi "originali", le puttane, la mamma, il nonno. La goliardia crudele, lo sfruttamento della bella prostituta per salvare l'amico gonzo dal matrimonio con la brutta disperata, lo scherzo all'amico che vuole partecipare al festival di Sanremo, il vecchio libidinoso... mancava solo un po' di sacrestia per togliere del tutto l'aria, che già sapeva di chiuso e claustrofobico. Chissà perché si coltiva in giro l'idea che gli anni '50 fossero così cretini e meschinetti. C'erano un sacco di idee in giro in quegli anni, speranze e paure, e il fatto che un gruppo di menti non eccelse si trovasse tutti i giorni al bar non mi sembra così interessante e soprattutto per fortuna non costituisce un modello. Non a caso, nel gruppo figurano un paio di menti deboli (tra cui il sempre simpatico Neri Marcorè) e un demente euforico (Luigi Lo Cascio, raramente in parte dal suo esordio ne I cento passi, neanche qui molto incisivo), più un illuso privo di senso della realtà (Fabio De Luigi, bravo e simpatico, qui con un padre che sembra più giovane di lui), un barista gnugnu e altri casi umani. Le donne, nella fattispecie la madre Katia Ricciarelli, le due puttane Laura Chiatti e Luisa Ranieri (come sempre bella, simpatica e spiritosa), e la fidanzata abbandonata sono meglio, almeno sembrano avere un cervello tra le molte curve. Malgrado la tipizzazione maschilista su cui non insisto, è voluta e inevitabile. C'è anche la più carina stronzissima, non poteva mancare.
Per finire degli anacronismi irritanti: l'uso di gridare grande!, il gesto di vittoria a due mani a pugno che abbassano, l'uso di baciarsi sulle guance per salutarsi, e soprattutto il vestito da sposa della fidanzata abbandonata con una scollatura tale che che se avesse provato a entrare in chiesa conciata così, sarebbe stata immediatamente cacciata a pedate (e presa a schiaffi se per caso avesse incontrato l'allora onorevole Oscar Luigi Scalfaro).

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