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domenica 24 gennaio 2021

Il food talk dieci anni dopo

Pubblico un vecchio post, apparso giovedì 8 luglio 2010 sul mio sito defunto da gran tempo. L'ho ritrovato per puro caso, e rileggendolo mi sono venuti i brividi nella schiena. A parte l'accenno al viaggiare, doloroso ricordo del tempo in cui era ancora possibile, solo "il nostro giovane premier" è uscito dal numero delle fonti di sofferenza. Gli altri maledetti tic linguistici sono sempre più vivi e vegeti e continuano a farmi lo stesso effetto delle unghie sul vetro.



Tempo di vacanze, tempo di viaggiare, tempo di scappare. Sì viaggiare, diceva il poeta, e per me sarà un'abitudine, ma certo mi fa un gran bene come nutrimento del cervello. Spero funzioni anche questa volta. E qualche sogno per il ritorno. Lascio nel silenzio più profondo le speranze politiche, ormai sono talmente desolata che non so quasi più che cosa sperare. Magari di svegliarmi e scoprire che gli ultimi vent'anni in compagnia del nostro giovane premier erano un brutto sogno, ma non basterebbe.
Ma invece so benissimo che cosa sperare a livello linguistico. Primo, che a tutti quelli che dicono "fare sesso" sia cascata la lingua senza possibilità di ricrescita. Tacerebbe il cento per cento dei film, delle fiction, ecc ecc. Salverei solo Natalia Aspesi cui perdono questo peccato di per sé mortale perché mi piace troppo leggerla. Due, che nessuno più si azzardi a usare in senso transitivo i verbi intransitivi solo per risparmiare qualche "fare" o altri giri di frase. Tre, che caschi un mattone in testa a chi dice "a me stupisce, a me sconcerta, a me diverte, a me calma". Gnurantoni. Quattro, che la smetta di soffiare il vento della restaurazione che fa dire (e scrivere, ovviamente) "ho mostrato loro, ho insegnato loro" e dio mi scampi ogni altro genere di loro. Cinque, che le balene la piantino di spiaggiarsi e ricomincino a arenarsi. Sei, che ogni "assolutamente sì", o anche senza sì, si ficchi in gola a chi lo dice soffocandolo lentamente.
Perdono senza fatica i "peraltro" a inizio frase, i "piuttosto che" al posto del vecchio caro "o", e altre vagonate di peccati veniali che neanche voglio ricordare. Invece voglio ricordare una delle cazzate che mi hanno fatto ridere di più tra le tante che ho letto di ultimo (su Donna, supplemento a la Repubblica del 3 aprile 2010): nella Settimana della Carne a Cavour: assaggi, acquisti, food talk con allevatori e macellai. Ancora rido all'idea di un bel food talk con un maslè di Cavour. Mi mette talmente di buon umore che mi viene persino la speranza che cada il governo, così potremo fare dei gran bei talk tra noi, maslè, tranvieri e cardinali, sul futuro dell'Italia. 

2 commenti:

  1. Consolata carissima, anche io spero vivamente che cada il governo e noi si possa andare ( va bene o è troppo leccato?) in bella gita a Cavour , gustare un buon pranzetto alla Posta e passare dal maslé di mia cognata e far bottino di chiacchiere salumi e brasati. Quanto agli errori ovvero solecismi - dai, lascia che me la tiri un pochino!, ormai è pieno ogni dire e scrivere e malgré nous ci toccherà farcene una ragione (già un po' ci guardano storto) .consoliamoci al nostro faggio o a un tavolino del Pepe sotto gli stecchiti rami: sarò forbitissima, giurin giureta!

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  2. Ciao! io non riesco a consolarmi... odio le sciatterie, le banalizzazioni, l'adeguarsi acritico a qualsiasi moda autolesionista, anche nella lingua. Poi in realtà parlo come un carrettiere e non me ne vergogno. Ma non dirò MAI "a me stupisce"! Guarda, anche a scriverlo come esempio mi viene la pelle d'oca. E penso al faggio e al ginkgo e ai bagolari del Pepe e aspetto solo un tuo cenno per accorrere! Grazie che mi hai letto :-)

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