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mercoledì 8 aprile 2020

Letture in quarantena 3: Daniel Everett, Don't sleep, there are snakes

Va be', mi rendo conto che questo è un consiglio di lettura molto selettivo, che può apparire snob, ma in realtà si tratta di un libro assai godibile per chi si interessa di linguistica e di etnografia, e anche per
chi ama leggere di paesi insoliti e mondi poco conosciuti, senza essere né difficile né eccessivamente tecnico. L'unico vero problema è che io non sono riuscita a trovare una traduzione in italiano, e penso si trovi solo in digitale (ma ci sono in rete dei pdf gratuiti), o in qualche remainder's molto ben fornito. Parlo di Don't sleep, there are snakes (Non dormire, ci sono serpenti) di Daniel Everett, uscito con successo nel 2008.

La biografia dell'autore è anch'essa molto interessante, tanto quanto il libro. Convertitosi al cristianesimo a diciott'anni e sposatosi alla stessa età con una correligionaria, linguista e missionario, si trasferì in Brasile con la moglie e i tre figli per studiare la lingua della tribù amazzonica dei Pirahã per incarico del SIL. Dopo anni passati in mezzo a questa popolazione, felice e serena ma refrattaria a qualsiasi tentativo di evangelizzazione, si allontanò dalla fede e abbandonò il missionarismo, tagliando i ponti con la famiglia.

Quella dei Pirahã è una popolazione molto piccola (le cifre che trovato variano ma stanno tra i 240 e i 380 individui), divisa in varie comunità lungo il fiume Maici, tributario del Rio delle Amazzoni, interessantissima sia nelle sue abitudini di vita e sussistenza, sia per la lingua, unica del suo ceppo. Daniel Everett descrive con brio ma anche con estrema precisione le sue avventure. Ci butta immediatamente nel mezzo della foresta e sul fiume raccontando le vicissitudini di un viaggio intrapreso quando sua moglie e la sua figlia maggiore prendono la malaria (lui pensa che sia tutt'altro, ma i Pirahã che se ne intendono lo capiscono subito), e parla della vita del villaggio con grande rispetto, empatia e chiarezza. Si è fatto degli amici che lo aiutano nelle sue ricerche linguistiche, importantissimi tramiti con la popolazione disseminata nella foresta, ma sempre lungo il fiume.

Una parte notevole del libro è dedicata a questioni linguistiche, a volte un po' troppo astruse per le mia scarse conoscenze ma in genere curiose e interessanti. Per esempio, i Pirahã usano solo due numeri, uno e due, non distinguono singolare e plurale, non hanno termini per definire i colori. E hanno abitudini insolite per la nostra mentalità, non sono interessati alla proprietà privata, non dormono mai più di due ore di fila perché è pericoloso (appunto, ci sono i serpenti), per cui parlano, gridano e fan casino per tutta la notte. Ma non voglio riassumere riducendo a banali curiosità i contenuti interessantissimi di Don't sleep, there are snakes. Un libro che - ribadisco che vi deve interessare l'argomento - dà moltissimo, anche se l'ultima parte, in cui polemizza in particolare con Noam Chomsky e le sue teorie, in qualche punto si fa pesante. Ma rimane la simpatia per l'autore, l'ammirazione per la sua sincerità, e una grande riconoscenza per averci aperto un mondo assolutamente sconosciuto e affascinante.        

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