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sabato 13 aprile 2019

Lucio Battisti a Bolzaretto Superiore: un racconto inedito, Una donna e una bambina



------------------------------------------------------------------D                                           UNA DONNA E UNA BAMBINA                    
      Camminavano una dietro l'altra lungo il fosso bordato di salici, sull'erba umida e in certi punti fangosa. Era quasi buio e i salici svanivano nella nebbia dopo pochi metri. La bambina aveva un piumino rosso e scarpe da ginnastica di pelle, la donna si stringeva freddolosamente un giaccone grigio intorno al collo. Si sentiva vicino il rumore delle macchine sulla strada, rassicurante contro il silenzio della nebbia.
     "Che idea fare questa scorciatoia, non si vede niente! Finiremo per scivolare nel fosso e moriremo annegate o mangiate dalle rane" disse la bambina con voce irritata.
     La donna rise.
     "Certo, è frequentissimo che le rane mangino gli imprudenti" disse allegramente, e le diede uno spintone per farla camminare più in fretta.
    "Claretta, se non cammini un po' svelta ti passerò davanti e ti perderai nella nebbia" riprese. "Sei tu che hai avuto la bella idea di andare a giocare da Adriana sapendo benissimo che non potevo venirti a prendere in macchina perché è dal meccanico fino a domattina."
     "Sì, ma avremmo potuto fare la strada invece della scorciatoia" replicò la bambina, "non eravamo mica obbligate a passare di qui con questo freddo e questo buio e quest'erba bagnata e la nebbia..."
     "Ancora una lamentela e ti mollo qui. A me piace molto di più camminare qui con questo buon odore di umido che rischiare di essere investita da una macchina e respirare gli scarichi e le puzze sullo stradone."
     Ormai il sentiero aveva abbandonato i campi e attraversava uno spiazzo erboso, con l'entrata del cimitero su un lato e dall'altro una fabbrica bassa circondata da un prato ben tenuto e una recinzione di rete metallica. Il piazzale dava sulla strada provinciale, dove il traffico si snodava sostenuto. La donna e la bambina vi si avviarono, tenendosi sulla breve striscia di erba che divideva la carreggiata dal fosso e aggirando i paracarri che impedivano di proseguire diritto. I fari illuminavano l'asfalto e le luci del paese erano ormai vicine. Oltre un grande ristorante davanti al quale si stendeva un parcheggio quasi vuoto, cominciavano le prime villette con i giardini bui e le lampade sulla porta d'entrata.
     La donna canticchiava una vecchia canzone e la bambina camminava decisa, le mani nelle tasche del piumino. "Guardo lui e penso a me, che mi credo chissà che, travestito da leone, ma ho paura di te..." Le parole erano coperte dal rumore delle automobili, ma la donna cantava per se stessa e nemmeno i claxon la disturbavano. "Tra le rose e l'insalata, presto mia sarai..." La sera era più allegra adesso che camminavano tra le case.
     "Vieni, andiamo a comprare qualcosa per cena. Che cosa ti farebbe piacere?" disse la donna che aveva finito la sua canzone.
     "Vorrei patate fritte e budino di cioccolato" rispose la bambina speranzosa, e si infilarono in un piccolo supermercato vivacemente illuminato.
     A casa, la donna disse alla bambina:
     "Fila a fare i compiti mentre preparo la cena, sono sicura che con Adriana non hai fatto niente altro che giocare."
     "Sì mamma" rispose Claretta, e andò in camera sua a leggere un giornalino a fumetti. Si era tolta il piumino entrando in casa, ma aveva ancora le scarpe da ginnastica fangose e le piazzò con soddisfazione sul copriletto rosa a righe verdi dov'era sdraiata.
     La donna, in cucina, smistò i pacchetti che riempivano la busta di plastica del supermercato: le verdure nel lavello per pulirle, la carne nel frigorifero, il domopak e il caffè nell'armadio. Aveva ricominciato a canticchiare, ma poi smise e andò in salotto a mettere un'aria d'opera in cui una cantante strillava che doveva vivere libera e folleggiare di gioia in gioia. Uno strazio.
      "Non riesco a studiare con la musica" gridò Claretta dalla sua stanza.
     La madre spense lo stereo, ma non riprese più la sua canzone. Accese la televisione in cucina, tenendo l'audio bassissimo.
    Poco dopo squillò il telefono, e lei rispose dall'apparecchio che era in cucina. La conversazione fu breve, ma sul viso della donna rimase un sorriso molto tempo dopo che era finita; mentre sbucciava e affettava le patate la canzone le rispuntò sulle labbra: "La gallina coccodè..." L'olio sfrigolava nella padella. "Tra le vigne e l'insalata, mi sfuggiva gaia... corri pure se vuoi, scappa e fuggi se puoi, maaaa... non servirà!" La donna era allegra, neppure le cipolle che affettava riuscirono a rattristarla.
     Claretta, nella sua stanza, si tolse le scarpe ancora umide e le posò accuratamente l'una accanto all'altra su una sedia ricoperta di stoffa a fiori. Siccome aveva finito il giornalino, si mise a scrivere il suo diario. "Oggi sono stata da Adriana, e abbiamo parlato di Stefano, che ci piace a tutte e due, anche se lui sta con Luisa e ieri quando gli ho chiesto di venire a studiare da me mi ha detto che lui studia solo con sua madre e so che è una bugia perché la settimana scorsa è andato da Luisa e non c'era nessuno in casa e mi piace perché ha gli stessi occhi di Tom Cruise..." Claretta scriveva e sua madre sorrideva.
     "Vuoi anche un uovo?" gridò la madre dalla cucina.
     "No grazie" rispose Claretta, continuando a scrivere.
     A cena erano in tre, Claretta, sua madre e suo padre.
     "Che cosa avete fatto oggi?" chiese il padre. "A Bolzaretto non c'è nebbia, ma a Torino non si vedeva a due metri dal naso."
     La donna e la bambina scossero il capo con aria comprensiva.
     "Strano" disse la madre "di solito c'è più nebbia qui che a Torino. Comunque non abbiamo fatto niente, solo due passi nei campi, e ci sembrava che ci fosse nebbia, ma forse ci siamo sbagliate."
     "C'erano solo rane" disse Claretta.
     "A questa stagione?" chiese il padre, ma poi si servì di patate fritte e dimenticò l'argomento.
     Alle nove e mezza la bambina andò a dormire, e i genitori guardarono la televisione per un'altra ora.
     "Che cazzate" commentò il padre, ma la madre sorrideva e disse che il programma le era sembrato interessante.
     Claretta spense la luce quando sentì che i suoi genitori spegnevano la televisione. Pensava che l'indomani, durante l'ora di educazione musicale, forse avrebbe potuto sedersi vicino a Stefano perché entrambi studiavano il flauto, mentre sia Luisa che Adriana avevano scelto la chitarra. Il suo ultimo pensiero prima di addormentarsi fu un ringraziamento perché alle medie di Bolzaretto c'era un insegnante di musica così largo di idee da permettere a ogni allievo di scegliere lo strumento che voleva studiare. Sua madre, sdraiata nel letto accanto al marito, aveva in testa un motivo che non la lasciava dormire: "Corri e fuggi se puoi, maaaa... non servirà! Tra le vigne e i cavolfiori, presto mia sarai..."
     "Domani" disse la donna al marito "dopo la scuola Claretta andrà da tua madre, perché io andrò al mercato di Savigliano e non tornerò di sicuro in tempo per pranzo."
     "Certo cara" rispose il marito, e si voltò dall'altra parte.
      
    La sera dopo, erano di nuovo tutti e tre a tavola insieme, davanti a un piatto di spezzatino con i piselli, che a Claretta non piaceva.
     "La nonna mi ha fatto i gnocchi" annunciò con voce belligerante.
     "Alla bava?" chiese la madre.
     "No, al sugo" rispose la bambina, imbronciata.
     "E allora? Stasera mangi lo spezzatino, che ti fa bene."
     Claretta storse la bocca, ma i genitori fecero finta di niente.
     "E' stata di nuovo rapinata la filiale della banca sotto al mio ufficio" disse il padre. "E' la terza volta in tre mesi, e la nostra impiegata ha dichiarato che non ci vuole più andare a nessun costo."
     "Non posso darle torto" disse la moglie. "Ci sono stati feriti? Hanno portato via molto?"
     "Nessun ferito, ma non si sapeva ancora quanto c'era in cassa. Il direttore è stato costretto ad aprire la cassaforte e consegnare tutto quello che c'era. I guardioni, fuori, non sono riusciti nemmeno a bloccare i rapinatori all'uscita. Secondo me, erano d'accordo."
     A Claretta questi discorsi piacevano.
     "Avevano il mitra?" chiese.
     La madre era distratta, ma premurosa nel servire da mangiare e sorrideva molto.
    "Il mercato non era tanto bello" disse. "Alle otto pioveva e così molti banchi non c'erano nemmeno. Volevo comprare delle lenzuola da quello che vende le Bassetti sottocosto, ma non c'era. Com'è andata la scuola?"
     Claretta alzò le spalle.
   "Il professore di musica era assente, abbiamo fatto un'ora di matematica in più. La professoressa ha detto che ti vuole parlare."
     "Perché?" chiese il padre, severo.
     "Non avevo fatto i compiti" disse Claretta con aria di sfida, e approfittò della sgridata che ne seguì per lasciare lo spezzatino nel piatto e andare in salotto a guardare la televisione.
     "Sono preoccupato per quella bambina, è così impertinente" disse il padre, ma la madre disse solo:
     "Lasciala perdere, è l'età. Domani vado a parlare alla professoressa. E' una che fa sempre un sacco di storie per niente."
     Rigovernando in cucina, la moglie canticchiava, com'era era sua abitudine. "Come può lo scoglio arginare il mare, anche se non voglio torno già a volare..." A letto rimase sveglia a lungo dopo che il marito si era addormentato, perché aveva un sacco di cose a cui pensare. Le sarebbe piaciuto avere un diario come Claretta, di pelle rossa con una serratura d'ottone e una chiavetta per chiuderlo, e potersene stare in camicia da notte seduta alla scrivania a scrivere sciocchezze, per avere una testimonianza che quella giornata era stata proprio vera. Si chiese se anche suo marito avesse dei segreti da confidare a un diario, ma era quasi sicura di no.
     Claretta, che avrebbe potuto scrivere il suo diario, non ne aveva nessuna voglia. Era già quasi addormentata, ma dei pensieri spiacevoli attraversavano quel poco di coscienza che le restava. Stefano aveva passato tutta la mattina con Luisa, e nell'intervallo le aveva offerto metà della sua Coca Cola. Luisa rideva forte e si pavoneggiava, e Adriana e Claretta erano state tutto il tempo a parlottare tra di loro in un angolo, ma non si erano divertite affatto. La delusione per l'ora di musica mancata era cocente, ma quando si addormentò, sognò una bellissima avventura gialla a lieto fine, di cui la mattina dopo non ricordava più niente.
    
    L'allegria della donna non durò a lungo, né il suo desiderio di poter tenere un diario. Tornò da una spedizione al mercato di Saluzzo con gli occhi rossi e di un umore infernale, e la cena quella sera fu frugale e mal cotta. Claretta, che si era lamentata, si beccò uno schiaffo, mentre il marito non disse nulla ma lasciò la sua parte nel piatto. Più tardi, a letto, le chiese:
     "Qualcosa non va?"
     "No, assolutamente niente" rispose la moglie, e scoppiò a piangere.
     Quando riuscì a parlare, disse solo:
     "Ho mal di testa, un po' di depressione premestruale, non è niente" e chiuse gli occhi con determinazione.
     Claretta dormiva già, contenta della sua giornata. Andrea le aveva chiesto di andare al cinema con lui il sabato pomeriggio, e lei aveva deciso che era molto più bello di Stefano, e più simpatico. Non importava affatto che il sabato fosse impossibile andare al cinema a Bolzaretto - l'unica sala funzionante era quella parrocchiale, dove c'erano solo due proiezioni la domenica pomeriggio. Si poteva andare in autobus in qualche paese vicino, ma era impensabile che i suoi genitori le dessero il permesso. Che cosa importava? Un ragazzo l'aveva invitata al cinema, e Claretta dormiva con un sorriso sulle labbra.
     
      In una giornata di primavera, Claretta e sua madre ripercorrevano il sentiero lungo il fosso e sotto i salici, in fila indiana per non sporcarsi troppo con il fango che copriva la sponda.
     "Com'ero stupida quando pensavo che le rane potessero mordermi," disse Claretta "Andrea mi ha detto che lui le ha sempre catturate e portate in tasca per giorni, e non gli hanno mai fatto male. Ero proprio stupida, eh mamma?"
     "Eri stupida sì" rispose la madre "e finirai davvero nel fosso se non fai attenzione. Non ti mangeranno le rane ma io ti darò un sacco di sberle se ti sporchi di fango."
     Claretta rise, ma non era sicura che sua madre stesse scherzando. Era diventata tanto irritabile da un po' di tempo. Un paio di volte l'aveva sorpresa a piangere e il fatto le era sembrato così strano che non aveva osato chiederle il perché. Era una cosa imbarazzante e un po' indecente una mamma che piangeva. Ma oggi aveva l'aria allegra, e Claretta si aspettava da un momento all'altro che si mettesse a cantare.
     "Mi piace questa passeggiata" disse la madre. "Guarda che carine le foglie dei salici, con quel colore chiaro chiaro, e com'è pulita l'acqua nel fosso."
     Claretta fece un salto per evitare una pozzanghera, e sua madre ci finì dentro in pieno. Si schizzò di fango i pantaloni e la giacca, e disse un paio di parolacce che la bambina accolse con un virtuoso silenzio. Proseguirono zitte, poi la madre cominciò davvero a cantare. "Un dì per me verrà un cavalier d'amor, la mia vita più bella sarà..." Anche Claretta conosceva questa canzone, e così cantarono in coro per un po', finché si stancarono.
     Quando giunsero sul piazzale del cimitero, la bambina chiese:
     "Tra una settimana è il tuo compleanno. Che regalo vuoi, mamma?" 
     "Un diario, con la serratura e la chiavetta per chiuderlo" rispose la madre, e scoppiò a ridere.








 

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