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lunedì 5 giugno 2017

Perihan Mağden, Stella non andare via

Un libro veramente sorprendente, Ali e Ramazan della scrittrice turca Perihan Mağden. Per molti motivi: è una struggente storia d'amore omosessuale tra giovanissimi, preadolescenti; parla di pedofilia, sfruttamento sessuale di bambini, corruzione nelle istituzioni, prostituzione maschile, dando colpi mortali all'immagine rocciosa del maschio turco; parla di violenza della polizia, vizi e perversioni nella gioventù ricca, alcol, senzatetto, solitudine e disperazione; eppure riesce a essere intriso di tenerezza, amore incondizionato e amicizia pur nel degrado. Inoltre è stato pubblicato in Turchia nel 2010, e ha avuto notevole successo.

La storia è quella di due bambini che si conoscono in orfantrofio a Istanbul, e da quel momento saranno inseparabili. Varie e profonde sono le ferite ricevute nella loro pur brevissima esistenza, il che ne cementa l'amicizia che si riconosce prestissimo in un amore esclusivo e appassionato. Le loro vicende costituiscono il tessuto del libro, che si dipana tutto per le strade, i parchi e le piazze di Istanbul, con una breve parentesi nella maggiore delle Isole dei Principi. Il punto di vista è quello di Ramazan, il bellissimo e estroverso "bambino di un film turco" abbandonato alla nascita nel cortile di una moschea, mentre Ali detto l'Arabo, che proviene dall'estremo est dell'Anatolia, ai confini con la Siria, ha alle spalle una tragica vicenda familiare.
La narrazione ha un andamento semplificato al massimo e ripetitivo, scandito in frasi brevi, piene di punti esclamativi, sicuramente per adattarsi alla semplicità dei due protagonisti (a questo proposito ho letto che già nel romanzo Due ragazze l’autrice aveva fatto un gran lavoro sul linguaggio per individuare il lessico usato dalle adolescenti) ma forse non del tutto convincente in traduzione. In ogni caso nulla toglie alla godibilità di Ali e Ramazan, che nessun amante della Turchia e della sua letteratura deve perdere. Traduzione di Barbara La Rosa Salim.    

3 commenti:

  1. Sembra interesssante ma la vera domanda è: come è scritto?
    Nel senso, io vecchio editor noioso e ammuffito che mi infurio per un congiuntivo sbagliato lo posso leggere senza buttarlo e/o stufarmi per le frasi descrittive inutili e le lungaggini da brodo?
    ^___^

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  2. assolutamente lo può leggere e ne rimarrà colpito nell'anima!

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