Se non la conoscete peggio per voi, ma anche felici voi: potete rifarvi con i suoi incantevoli romanzi. Ho sovente scritto di lei in questo blog, a proposito di Ragazze mancine, Romanzo rosa, Il primo miracolo di George Harrison, Solo Flora, per cui non sto a ripetermi sdilinquendomi in complimenti ma consiglio vivamente la lettura di Ne parliamo a cena, A neve ferma, Aspirapolvere di stelle (vedi recensione in fondo al post), Biscotti e sospetti, La soavissima discordia dell'amore (vedi recensione in fondo al post), mi ringrazierete calorosamente soprattutto se siete femmine dotate di senso dell'umorismo e capacità di lasciarvi andare al piacere delle parole.
Qui si tratta di una famiglia impoverita e improvvisamente costretta a lasciare la villona di Chieri per un appartamentento in via Giolitti 45, cioè piazza Maria Teresa, mica Mirafiori sud, per interderci. Sì, perché siamo a Torino, naturalmente, e in particolare tutt'intorno a casa mia, il che mi ha fatto sentire molto a mio agio. Se poi aggiungo che l'unico cambio di scenario ci porta a Oropa, cioè chez la mia madonna nera preferita, be', mi è sembrato che Stefania Bertola volesse farmi un regalino personale. E naturalmente, come in tutti i suoi romanzi, non manca un personaggio che si chiama Consolata. Per tornare alla famiglia Cerrato, si tratta di madre e tre figlie ovviamente modellate su Mrs Dashwood, Elinor, Marianne e Margaret Dashwood, le protagoniste di Sense and sensibility di Jane Austen. Ma non è necessario averlo letto né ricordarlo nei particolari per apprezzarne la riscrittura, anche se sarebbe bello che ne conseguisse una rilettura.
Anche la vicenda, naturalmente, ricalca la trama di Sense and sensibility, aggiornandola al 2014 per cui i maschi che variamente ronzano attorno alle ragazze Cerrato sono perfetti rappresentanti dell'oggi pur conservando le caratteristiche caratteriali e la funzione narrativa dell'originale: c'è lo squinternato cantante di una band di sfigati (ma nasce bene!), l'insegnante precario che riceve il suo primo incarico a Lecce, un solido giudice un po' disadattato, il maestro di ballo latino strafigo, il fratellastro un po' intronato, il cugino generoso. E ci sono le amiche sentimentalmente casiniste, una coppia di lesbiche sagge e generose, una bellissima nigeriana senza scrupoli e con il sedere perpendicolare, i bambini variamente rompiscatole. La ragione è rappresentata dalla ragionevole Eleonora, che naturalmente conosce anche il sentimento, mentre il sentimento sconvolge Marianna benché vergine e affiliata all'associazione di supercaste Turris Eburnea. In più, rispetto all'originale, c'è una dose massiccia di ironia, una prosa spiritosissima, il gusto del paradosso e un occhio molto acuto nel notare le assurdità e le ridicolaggini dei comportamenti umani. C'è una conoscenza bonaria ma precisa di un certo mondo torinese, la capacità di individuare tic e vezzi senza compiacersene né ridicolizzare nessuno.
Insomma ci sono tutti, ma proprio tutti, gli elementi necessari per passare qualche ora deliziosa, rasserenante, ottimista e intelligente quanto basta. Non so più che cosa inventarmi per convincervi, per cui mi limito a ripetere: leggete Ragione e sentimento e vedrete che mi sarete molto riconoscenti.
Anzi, guarda, mi sento così generosa che a seguito pubblico due (mie) recensioni a suo tempo uscite su LN-LibriNuovi.
Stefania Bertola, Aspirapolvere di stelle
È un libro rosa. E noi non leggiamo questo tipo di libri, vero? Però per fortuna, una mia amica me l'ha imprestato senza che gliel'avessi chiesto. Meno male! Mi sarei persa qualche ora di perfetta goduria, parecchie risate a scena aperta, quell'incantevole sensazione mista - desiderio di andare avanti con gli occhi che si chiudono o la minestrina che brucia inesorabile sul fuoco, e il cuore che si stringe al pensiero di avvicinarsi all'ultima pagina. Insomma un libro che mi ha presa e portata via in un mondo certo consolatorio, certo lontano dagli spigoli della realtà, ma divertente, spiritoso, scritto benissimo, pieno di strizzate d'occhio ma privo di compiacimento, un libro intelligente e leggero per scelta. Vi sembra poco?
Dunque ci sono tre ragazze,
Penelope, Ginevra e Arianna. Una città mai nominata ma con tutti i nomi delle
strade e dei locali al posto giusto, non descritta ma suggerita, non spiegata
ma viva e concreta. Vi dirò un segreto, è Torino. Le tre ragazze hanno messo su
un'agenzia di servizi, le Fate Veloci, specializzata in pulizie, cura delle
piante e decorazioni, cucina sopraffina. Quello che tutti vorremmo poterci
permettere per vivere bene, anzi meglio, accuditi dalle fate: Penelope, la mia
preferita e sicuramente anche la preferita dell'autrice, è una 'bella
intronata', semplice, compassionevole verso gli animali, colleziona i fumetti
di Diabolik, non ha mai letto un libro, diffida degli scrittori e li considera
perdigiorno spocchiosi. Ginevra, dedita al culto del marito morto e lazzarone,
non capisce mai quando le occasioni d'amore la sfiorano o cercano di
abbrancarla. Arianna, fornita di marito simpatico e gradevole figlioletto, è
pronta a mettere tutto in ballo per una scopata romantica con un lituano
misterioso del tipo mordi e fuggi. Tre pasticcione gentili e umanissime ma
professionalmente impeccabili, con cui è facile identificarsi, viste con
sguardo complice, amichevole, privo della stucchevole autoironia che sembra
ormai indispensabile per parlare di donne. Aggiungiamo un fratello delinquente,
una sorella biologa marina sessualmente più che disinvolta, un segretario torvo
e ambiguo, un violinista seduttore, e come ciliegina sulla torta uno scrittore
famoso, strabello, con gli occhi turchesi e abilissimo giocoliere. Manca
qualcosa? Allora ci metto un'attrice drogata di succhi di radici, un cugino
pittore di vetrine, una ragazza africana 'ornamento del quartiere' e portata
per la filosofia, una telefonista piagnona, una villa in precollina, un pitone,
una gattina zoppa, dei topolini bianchi, un intreccio senza sbavature, una
conclusione che soddisfa tutti, e una scrittura sciolta, brillante e sapiente,
piena di bollicine ma controllata, molto più ironica che comica. E per chi sa,
un ricordo affettuoso di Malcom Skey, collaboratore dell'Einaudi che ha amato
Torino tanto da lasciarci la vita.
È abbastanza per giustificare la
lettura di un romanzo rosa? Per me sì, senza dubbio, ma non ditemi che non vi
avevo avvertiti. E adesso sono qui che aspetto la seconda puntata. È vero che
le ragazze hanno trovato una soluzione temporanea ai loro problemi
sentimentali, ma se ho imparato a conoscerle bene, prima o poi ricominceranno a
fare casini. Per piacere, Stefania Bertola, ci racconti la seconda puntata.
Sono certa che le vite di Penelope, Ginevra e Arianna ci potrebbero riservare
ancora divertenti sorprese. (La Finta Tartaruga)
Stefania Bertola, La soavissima discordia dell'amore
Sono profondamente convinta che ogni momento ha il
suo libro, così come ogni stagione ha le sue goloserie, un bel pinguino in una
sera di giugno piace quanto un cartoccio di caldarroste in ottobre. Così ci
sono giorni in cui va bene leggere Guerra
e pace, altri che richiedono Massa e
potere, e poi quei giorni azzurri e leggeri di cui un libro come La soavissima discordia dell’amore è
l’indispensabile complemento. Ho detto azzurri e non rosa perché è vero che
Bertola è maestra di trame amorose lievi come ragnatele, ma non è mai
sentimentale, mai sdolcinata, sorretta com’è da una robusta ironia e, ancora di
più, dalla capacità di svelare l’assurdo umanissimo comportamento di chi è
innamorato. E tutti innamorati sono i protagonisti del romanzo, prima di tutto
il gruppo di ragazze variamente incasinate che come in tutti i suoi romanzi
costituisce il nucleo attorno al quale si attorciglia l’azione, poi anche i
giovani maschi confusi ma decisi a arraffare le proprie amate e tenersele
strette.
Qui tutto ruota intorno a una rappresentazione teatrale che interpreta
in maniera molto insolita l’immortale Shakespeare, e dello spirito del Bardo è
pieno questo libro, dalle parole del titolo e dei titoli dei capitoli alle vicende in cui si trovano
a agitarsi Agnese, la disegnatrice di piastrelle abbandonata dal fidanzato che
vuole sposare due cinesi, Emilia, la ritrattista di capolavori il cui marito
vive in Africa con un’infermiera spagnola, Teresa che vive con Arturo e deve
sposarlo anche se né lui né lei ne hanno alcuna voglia, Margherita docente di
crittografia quantistica e innamorata di un violoncellista evanescente, e poi
Rocco il regista di teatro sperimentale, Vasilij lo psicopata italo-calmucco,
Joseph il marchettaro che scopre una vocazione d’attore, Tancredi il ricco
stordito e la spaventosa fidanzata Rosy, e altri di minore impatto.
Non è tanto
la trama, che accumula volontariamente paradossi e inverosimiglianze, a rendere
questo romanzo così divertente, gradevole, affettuoso verso i personaggi e i
lettori, ma la prosa scintillante, piena di intelligenza e del tutto libera sia
da autocompiacimento che cattiveria, e l’atmosfera di sensualità allegra e
priva di complicazioni che non siano quelle dovute, appunto, alla soavissima
discordia dell’amore. L’occhio sulla realtà attuale è acuto, e la precisione
topografica e sociologica di Torino che fa da palcoscenico alla vicenda ricorda
quella di Fruttero & Lucentini. Una lettura consigliata a tutti, per un
momento di disimpegno che non fa vergognare né richiede di accantonare il
cervello.
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