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venerdì 28 ottobre 2016

Maledette famiglie: Ann Tyler, Una spola di filo blu e Nicolaj Leskov, Una famiglia decaduta.

Sono la meno indicata a parlare di famiglia, che considero una delle peggiori istituzioni inventate dall'uomo. La patisco e sono molto infastidita da questa ennesima americanata per cui bisogna sempre "difendere la mia famiglia" dal batteri del water, dai nemici dell'igiene, dagli zingari, dal mondo cattivo, da tutto ciò che sta all'esterno. Comunque. So di essere sola in compagnia di me stessa - d'altra parte, è quello che succede a chi non va pazzo per le cose che piacciono agli altri. Ma mi tocca leggere sovente di famiglie, e non sempre si tratta di un'esperienza negativa, anzi. Il primo libro "da grandi" che ho letto nella mia vita, all'età di dieci anni (un azzardo di mio padre, che evidentemente però sapeva quello che faceva), è stato I Malavoglia che mi ha rapita e incantata e definitivamente introdotta nel mondo meraviglioso della letteratura. Però quello che succede adesso è che sembra che basti parlare di una famiglia perché il discorso sia interessante: ma non è così, non è affatto così.

Il libro che mi ha fatto fare queste riflessioni è Una spola di filo blu di Ann Tyler, una scrittrice di cui ho amato qualche libro e che comunque garantisce sempre una lettura gradevole e dignitosa, il tipo di libro adatto a quei momenti in cui si è un po' in deficit di concentrazione e si ha poco tempo. E infatti anche questo è un libro di gradevole lettura, ambientato a Baltimora ai giorni nostri, che parla di una famiglia, i Whitshank, composta da padre, madre, una zia, quattro figli, un tot di mariti, mogli e nipoti. C'è una casa (la vera protagonista del libro), dei rituali, delle abitudini, dei ruoli, delle storie che si tramandano (non cambia niente che poi ci vengano narrate così come si sono svolte realmente), dei cani, e poco altro. Il fatto è che dopo un po' mi è venuto da chiedermi: ma qual è il motivo per cui devo leggere le (non) vicende di costoro? Perché i Whitshank, a parte la gradevolezza con cui Ann Tyler sa condurre la (non) storia? Non hanno niente di particolare, non fanno niente di particolare, non sono niente di particolare, l'unica caratteristica che li definisca è che sono una famiglia. Del suo modo di costruire i personaggi ho già parlato (qui, a parte forse la madre Abby di cui ci viene narrata la giovinezza, i personaggi sono definiti solo dal loro ruolo all'interno della famiglia, fissati in una maschera definitiva fin dall'infanzia - secondo uno schema tanto fedele alla realtà da essere agghiacciante) e così dell'impressione di naturalezza e semplicità che i suoi romanzi emanano. Perciò se avete voglia di passare qualche ora senza problemi, leggendo dei Whitshank come potreste farvi raccontare la vita dei vostri cugini primi per parte di madre da una zia comune, lo consiglio vivamente. E' ben scritto e ben tradotto da Laura Pignatti.

Di tutt'altro tipo Una famiglia decaduta di Nikolaj Leskov, pubblicato a puntate nel 1874 e in volume
l'anno successivo. Cito (per pigrizia) da Wikipedia il riassunto della trama: Protagonista del romanzo è la principessa Varvara Nikanorovna Protozanova. Nata da genitori modesti della piccola nobiltà di cognome Čestunov, viene accolta all'età di cinque anni dalla ricca famiglia principesca dei Protozanov di cui sposerà, all'età di vent'anni, il coraggioso e sfortunato erede Lev Jakovlevič. Dal matrimonio nascono tre figli. Lev muore nel 1812 combattendo contro Napoleone Bonaparte, e la giovane vedova diventa la capofamiglia, dedita con semplicità, intelligenza e generosità all'educazione dei tre figli, all'amministrazione della vasta proprietà e al benessere dei suoi contadini. Accoglie in famiglia Ol'ga Fedotovna, già nutrice dei suoi figli, e uno strano cavaliere errante, Dorimedont Rogožin-Don Chisciotte. Contrastano con Varvara la bigotta e avara contessa Antonida Petrovna Chotetov, e soprattutto l'arrivista conte Funkendorf che, dopo aver chiesto in moglie Varvara e averne ottenuto un rifiuto, chiede la mano la mano di Anastasja, la figlia di Varvara studentessa nell'Istituto per le ragazze dell'alta nobiltà di Pietroburgo; quest'ultima, nonostante la differenza d'età, accetta la proposta di Funkendorf. Varvara non si riconosce nella società del suo tempo in cui dominano gli arrivisti, i "nuovi nobili" e i nullafacenti. Dopo aver donato le sue proprietà ai contadini, resi inoltre liberi, Varvara si ridurrà a vivere in campagna, ospite dei suoi figli.

Una famiglia decaduta è un romanzo affascinante che ci introduce in un mondo lontano nel tempo e nelle coordinate culturali. La sua forza sta soprattutto nei personaggi, la protagonista determinata e a modo suo anticonformista, attenta alla giustizia e alla cristiana carità per il prossimo, forte e di intelletto molto lucido, ma anche i personaggi secondari (come Patrikej Semenic, il servitore fedele alla sua padrona fino alla morte, il cui motto era "Sono il suo schiavo", diceva egli, "e schiavo morirò", che non si considerò libero neppure dopo l'affrancamento, o Dorimedont Rogožin detto Don Chisciotte, spoglio come un santo turco, ma cavaliere nell'animo, che meriterebbe un romanzo tutto per sé, o la saggia Ol'ga cui Varvara si affida riconoscendole una capacità di giudizio superiore) che Leskov tratteggia con pari cura sia che appartengano alla nobiltà che alle classi inferiori, contadini e servitori. La descrizione della società di cui tratta, cioé la nobiltà di campagna padrona di molte "anime" vive (la servitù della gleba non è ancora stata abolita), riserva molte sorprese: è rigidissima la distinzione di classe per certi versi, come ad esempio il matrimonio, ma naturalmente nei loro feudi solitari i nobili sono costretti a frequentazioni interclassiste. Nelle conversazioni poi si notano particolari deliziosi, occuparsi dei propri contadini, vedere che siano ben nutriti e bel vestiti, fa parte delle cose di cui andare orgogliosi - un po' come, per una padrona di casa, la lucentezza dei pavimenti o la mancanza di polvere sui mobili.

Ogni tanto ci sono parti un po' pesanti per il lettore attuale, l'espressione delle opinioni di Varvara sullo stato della nobiltà e su certi aspetti nuovi della società non sono proprio appassionanti. Varvara infatti detesta la vita a San Pietroburgo, si trova bene solo nelle sue proprietà lontane dalla capitale e tra le persone semplici che le abitano. La sua scelta finale, quando pur avendo smascherato il laido Funkendorf e le sue subole trame rinuncia a vendicarsi, si spoglia di tutto e si ritira dalla vita attiva, è la nobilissima vittoria di una persona integra che sa di essere stata sconfitta nel contingente, con mezzi bassi e disonesti, ma di avere ragione nel profondo. La bella traduzione è di Flavia Sigona.

Si vede bene che in questi romanzi si parla di famiglie, ma il risultato è opposto. Nella sua rigida struttura la famiglia russa è un'istituzione, aperta però sul mondo, sulle trasformazioni sociali, sugli individui esterni al nucleo di legami di sangue. La famiglia americana è asfitticamente concentrata su se stessa, non c'è un solo cenno alle trasformazioni sociali o agli avvenimenti storici che si svolgono attorno a lei, e i membri sono legati al loro ruolo fisso. Penso per esempio a Denny, il figlio problematico di cui fino alla fine non veniamo a sapere nulla di quello che vive al di fuori del piccolissimo mondo dei Whitshank, e tanto, anche se scoprissimo che è un premio Nobel o un serial killer, non avrebbe nessuna importanza perché i suoi famigliari hanno di lui un'opinione fissa che non cambierà mai, nei secoli dei secoli. 

2 commenti:

  1. Leggendo il tuo post mi è venuto in mente uno dei libri più belli che io abbia mai letto e che tratta di una famiglia, una veramente strana e variegatissima famiglia; tra l'altro lessi questo libro proprio pochi giorni prima che l'autrice morisse...
    Si tratta di "Il sogno più dolce" di Doris Lessing.
    ti abbraccio e ti bacio!

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  2. Lo leggerò di corsa! Ho letto poco di Doris Lessing e grazie per il suggerimento che mi permetterà di tappare un buco culturale. Smack e rismack.

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