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lunedì 20 gennaio 2014

Più leggero del cioccolato, più economico dello shopping, più efficace del Laroxil: Stefania Bertola, Ragazze mancine


Mettiamo che piova. Mettiamo che lì, da qualche parte nello stomaco, ci sia quella fastidiosa sensazione di rimpianto, di perdita irreparabile, che ogni tanto prende a tradimento nelle giornate di pioggia. Mettiamo che non abbiate voglia di uscire, che non sappiate a chi telefonare, che insomma urga un rimedio di quelli immediati e infallibili. Be', c'è: un libro di Stefania Bertola quando è in stato di grazia come in Aspirapolvere di stelle, Biscotti e sospetti, Ci vediamo a cena, La soavissima discordia dell'amore, A neve ferma o persino Romanzo rosa che era un po' più stanco. Stefania Bertola è una di quelle scrittrici capaci di rimetterci in pace con la vita senza farci vergognare. Sì, scrive romanzi rosa, sì, smussa gli angoli e non si sottrae certo al lieto fine (il Cielo la benedica e ce la conservi), e poi è spiritosa, colta (e le piace farcelo sapere), maliziosetta e un filo dispettosa, molto molto divertente e sa creare incantevoli personaggi. E poi, anzi prima di tutto, le piacciono i congiuntivi e ne fa uso spesso e volentieri. Mai, in nessuno dei suoi libri, neanche il personaggio più sciamannato e straniero dirà mai "vuoi che faccio questo" o "credi che ho fatto quello". (O almeno lo spero).

Comunque. Questa volta si tratta di due ragazze, l'ex ricca Adele e la spiantatissima Eva, rappresentante della razza delle "belle stordite", dirette discendenti dell'indimenticabile Penelope di Aspirapolvere di stelle. Adele cerca un marito ricco per poter vivere di cultura e si trascina dietro un cane bielorusso di nome Zarina, Eva lavora senza sosta per dare cibo e un tetto alla piccola Jezz, ma un medaglione perso e trovato, intorno al quale si snoda tutta la trama, le mette nella stessa macchina e poi nella stessa casa di proprietà di un'oblata brigidina. Insieme fanno conoscenza con Clotilde Castelli, esperta di poetesse serbe e pessima madre, i suoi figli, la sua testardaggine e altre caratterisitiche che non vi rivelo; Marta Biancone, avvocata divorzista dalla molte risorse, tra cui un marito conte guidatore di Jaguar; si innamorano e non si innamorano, fanno un pacco di lavori e un sacco di confusione, mentre Jezz e Zarina stringono un patto indissolubile. Nessuna delle due ha fiducia nell'amore né aspettative romantiche, la crisi non si lascia dimenticare, la precarietà economica è dietro l'angolo per chiunque, ma siamo in un romanzo di Stefania Bertola che ha la magica capacità di farci contenti (sia noi lettori, o meglio lettrici, che i personaggi) senza mai, nemmeno per sbaglio, sfiorare la melassa.

La vicenda è sufficientemente complessa da tenere desta l'attenzione e abbastanza marginale da permetterci di concentrarci sui particolari. L'occhio dell'autrice è acuto e spietato con i tic e gli snobismi torinesi, la vicenda si svolge tra piazza Maria Teresa e Vanchiglietta, la collina e Andezeno, Chivasso e il lungopo Antonelli. C'è una Maria Consolata, naturalmente, avvocato esperto in cose editoriali (meno male!). C'è l'aiuola di corso Belgio, bizzarria urbana su cui avevo tutte le intenzioni di scrivere qualcosa io e Stefania Bertola mi ha fregata sul tempo! Ma lo farò comunque. C'è Modern family, programma televisivo che mi fa ridere senza limiti, proprio come Adele e il taxista. Ci sono molti cognati e cognate, nessuno particolarmente simpatico. Madri  tutte distratte e snaturate, a parte ovviamente Eva. Insomma ci sono un'infinità di motivi per leggere Ragazze mancine, ma il principale è che Stefania Bertola fa parte della stirpe "un nome una garanzia", un suo libro ci garantisce qualche ora di divertimento sano, intelligente e senza controindicazioni.   

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