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in bicicletta di Elisabetta Chicco Vitzizzai, incantevole racconto
d'ambientazione torinese. Elisabetta Chicco Vitzizzai è un multiforme ingegno,
scrive, dipinge, disegna, suona. La copertina di questo ebook è stato disegnato
dall’autrice, alla quale va tutta la mia ammirazione e l'invidia, sincera e
benevola, di una che ha sempre desiderato saper disegnare. Inoltre è una
scrittrice dall’occhio perfido e acutissimo. È un genio per i particolari
rivelatori, quelli che inchiodano il personaggio come lo spillone sullo
scarabeo in vetrina.
È il 1899,
siamo a Torino in via della Rocca, in una famiglia borghese composta da due
nonni, una madre e una figlia. I nonni sono archetipi di una Torino solidamente
e asfitticamente borghese. Lui, Feliciano Numis, è maggiore dell’esercito e ama
ritornare alle vicende storiche del passato che lo hanno visto attivamente
impegnato, o su momenti topici come il contrasto tra Cavour e Garibaldi (il
diavolo repubblicano, ateo e immorale), la cessione di Nizza, ecc. La nonna
Catterina domina tutta la casa e i suoi abitanti con una tempra di ferro sostenuta
da una sicurezza senza cedimenti. Sa che quello che lei vuole e fa segue regole
che non ammettono eccezioni, il suo modo di vedere il mondo è l’unico giusto,
sa che cosa è bene per sé e per gli altri. Carattere diffuso e ben noto, credo,
a molti lettori. Il marito è sostanzialmente ininfluente e trascurabile, non
come personaggio ma come persona all’interno della famiglia. La figlia Maria
Luigia è malmarià (malmaritata in
piemontese) in quanto vent’anni prima ha fatto una mésalliance ed è stata abbandonata dal marito di cui non si parla
mai. Di conseguenza ora è isterica, e ha crisi nei momenti meno indicati,
durante le quali viene curata con l’etere. È sessualmente repressa, ogni tanto
ha comportamenti fuori dalle regole come osare il rosso nell’abbigliamento e
flirtare con l’amico del fidanzato della figlia.
Giulia, la
figlia ventenne, è appena uscita dal collegio delle Figlie dei Militari, quello
delle figlie di ufficiali che stava alla Villa della Regina. Il suo passato è
fatto di lunghe noiosissime passeggiate giù dalla collina e di regole, divieti,
obblighi. Non va meglio a casa dei nonni in via della Rocca. Per questo Giulia
ha una fame, un desiderio sfrenato di libertà che si materializza nel desiderio
di avere una bicicletta. Dei personaggi, però, non è la psicologia che
interessa, o almeno la verosimiglianza psicologica, ogni personaggio e ogni
particolare è finalizzato alla ricostruzione grottesca e iperrealista di un
momento storico preciso, di tic e mode culturali dell’epoca. L’autrice è
un’entomologa preparatissima e spietata.
Questo romanzo
è animato da un intento documentaristico su una classe sociale, una città e un
momento storico, ma soprattutto da una caustica ironia, una messa alla berlina
dell’ipocrisia borghese, della chiusura e della repressione delle cosiddette
classi dominanti, insieme alla ristrettezza dell’ambiente torinese, militare e
industriale ma privo di quella componente mercantile che ha fatto di altre
città italiane centri più cosmopoliti e aperti. Nelle interminabili discussioni
in casa Numis si toccano tutti gli argomenti del momento, da Lombroso, figura
importantissima nella cultura torinese dell’epoca che torna in numerosi
romanzi, a Charcot, alle terapie contro
l’isteria, a “quello sporcaccione” del Mantegazza. La cultura del tempo entra
in tutti gli aspetti della vicenda, a partire dalla teoria di Lombroso sulla
bicicletta come strumento del crimine e incitazione al delitto, i pericoli
della sella, l’abbigliamento adatto alla bicicletta, la jupe culotte, i
ginandri.
Siamo alle
soglie della modernità: si parla di elettricità, del vapore, del treno. Dell’automobile,
della bicicletta. Della questione socialista. Dell’emancipazione femminile, dello
sport. Nulla sfugge all’occhio acutissimo e all’orecchio implacabile di
Elisabetta, e tutto questo gran chiacchierare è riprodotto in modo divertentissimo.
A Giulia viene presentato un possibile fidanzato, Augusto Witz, un giovane
tenente di origine sarda svizzera, e con lui vengono introdotti alcuni
personaggi importanti, primo fra tutti l’amico Vecellio Scipione Borgnino,
pittore di cartelloni pubblicitari, anglofilo e anglofono per distinguersi in
un ambiente francofono, egoista, presuntuoso ma interessante e curioso. Augusto
è una figura sfaccettata e meno chiusa delle altre, in fondo è quasi uno straniero
a Torino. Entusiasta della meccanica, ama il ferro. Salutista, non è romantico,
ma decide di amare Giulia perché è adatta. Esilarante è la visita dei genitori
del fidanzato, la descrizione delle fotografie dei suoceri. Anche se il
fidanzamento si fa, Giulia ha sempre il problema di trovare i soldi per
comprarsi una bicicletta. Per ironia della sorte, è proprio il fidanzato che
indirettamente e involontariamente le fornisce il mezzo per guadagnare la somma
che le manca. Giulia è coraggiosa malgrado i tentativi della nonna e della
società di piegarla alle convenzioni, sa sfidare il pericolo corteggiandolo e
trova una via che non vi dico per non rivelare troppo della trama. Sfidando le
convenzioni, si trova a frequentare ambienti e persone completamente nuovi;
incontra pittori e modelle, giovani sfrontati che la trattano in maniera
del tutto diversa da quella cui è abituata. Lei, non si sa se più ingenua o più
astuta, sembra camminare con gran piacere sull’orlo dell’abisso senza caderci
mai; o almeno così pare. La sua ingenuità si scontra con la malafede e viene
truffata della ricompensa su cui contava per comparare la bicicletta; ma la
ragazza ha molte risorse e alla fine l’agognata libertà su due ruote si
realizza. Esaltata dalla velocità, dalla libertà, dall’indipendenza, si butta
per il Valentino e oltrepassa persino la barriera del fiume. E l’autrice,
reticente e maliziosa, ci lascia nell’ambiguità di sapere se davvero la
bicicletta ha conseguenze così nefaste sulla virtù delle ragazze. Il linguaggio
è straordinariamente evocativo con il suo impasto di piemontese e francese, il
linguaggio della borghesia acculturata e legata alle proprie radici, e
altrettanto suggestive sono le descrizioni, prime fra tutte quella della villa
di via della Rocca o della cena di fidanzamento. In questa autentica enciclopedia
della fine Ottocento, si incontra anche il demi
monde in cui si muovono le puttane come Onorina Cantamessa ricamatrice in
bianco o la cavallerizza bionda, le malattie veneree e i farmacisti che le
curano, il Panorama, i riti mondani in Piazza d’Armi, e la toponomastica
torinese ha una precisione da mappa. Si parla di piazza Carlina con il monumento
a Cavour e l’Albergo di Virtù, del nuovo monumento a Vittorio Emanuele II in
corso Vittorio, di negozi del tempo precisamente ubicati con tanto di insegne,
e alla fine è difficile staccarsi da quel piccolo mondo antico che ci ha fatto
molto ridere rinascendo, vivo e nitido come
un’antica stampa bavarese nelle pagine (virtuali) di Elisabetta Chicco
Vitzizzai.
Bella recensione. Pensavo come starebbe bene tra le altre di LN...
RispondiEliminaCi starebbe d'incanto! Contenta lei e felice io. ;-)
RispondiEliminaPubblicato oggi! Ciao e grazie.
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