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sabato 24 marzo 2012

Elizabeth Strout, Resta con me


Scritto prima del fortunato Olive Kitteridge ma tradotto e pubblicato in Italia l’anno dopo, questo romanzo ambientato nel 1959 a West Annett nel Maine narra la vicenda del pastore protestante Tyler Caskey, giovane e attraente vedovo padre di due bambine piccole, Katherine e Jeannie. La moglie, Lauren, molto amata ma forse poco capita e accettata, è morta da qualche mese e la comunità in cui il pastore si è inserito da poco lo accoglie a braccia aperte e cerca di aiutarlo. Ben presto, però, cominciano ad apparire inquietanti segnali di incomprensione, e l’estraniamento di Tyler da West Annett si manifesta attraverso le rimostranze della maestra d’asilo di Katherine circa il comportamento della bambina, i dubbi sollevati dalle prediche inconsuete del pastore, troppo sensibile alle parole di alcuni santi cattolici, lo stupore e le chiacchiere per l’eccesso di familiarità con la domestica a ore, la sua freddezza verso le premure inopportune di parrocchiane in cerca di attenzione. Sale l’onda delle maldicenze e della diffidenza mentre Tyler si dibatte nella difficoltà del suo rapporto con Dio, con la piccola Katherine, con il ricordo della moglie, con la madre troppo invadente, con le donne in generale. Scritto benissimo ma un po’ freddo e forse non proprio appassionante come tematiche, Resta con me procede con un certo impaccio aumentato dall’eccesso di temi che sfiora senza svilupparli: eutanasia, suicidio assistito, molestie sessuali in famiglia, colpa e innocenza, fede religiosa e necessità di venire a patti con il mondo e la carne… Insomma non è l’ambizione che manca al romanzo, ma l’unico tema trattato a fondo, quello della piccola comunità, della nascita e diffusione di pettegolezzi e maldicenze, della difficoltà per lo straniero di inserirsi e per la comunità di accettarne la diversità, perde molta della sua efficacia per l’ambientazione in anni così lontani nel tempo. La sorte di Tyler Caskey, protagonista non riuscitissimo, coinvolge poco e Resta con me non conquista. La bella traduzione e le esaurienti note che Fazi, lode all’editore, non teme di mettere in calce al volume sono di Silvia Castoldi.        

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