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mercoledì 5 ottobre 2011

MARISA PORELLO, LOVEBOY LOVEJOY

In questo romanzo di formazione scritto benissimo e molto convincente, veloce ma profondo, Marisa Porello conferma e supera le promesse del suo primo romanzo, La sbadante, narrandoci un amore omosessuale tra un giovane perbene e un ragazzo inquieto e vagamente maledetto, con finale tragico ma non troppo.

Il protagonista nonché voce narrante è Alessandro, ragazzo di origine provinciale, figlio di un proprietario terriero, trapiantato a Torino per studiare agraria e starsene lontano dalla famiglia d’origine oppressiva e ottusa. Alessandro è serenamente omosessuale, e la fuga dal paese dove è cresciuto gli permette di essere vivere con allegria e senza limiti la sua vita. Ha molti amici, si diverte, studia quel tanto che basta, pensa e divaga, ma la sua vita, si può dire, comincia veramente solo il giorno in cui incontra Jim: Mangiava cioccolato con un gomito puntato al suo zaino e mentre stavo a guardarlo ne ha mangiata una tavoletta intera. Lui non è uno di quelle bellezze che ti volti quando passa per strada. Ma sicuramente sono stati i suoi capelli. Aveva questi bellissimi capelli biondi, lunghi, ondulati, soffici: un mare di capello color oro, fin sopra le spalle. Jim è americano, vive in strada, Alessandro se lo porta a casa e da quel momento è perduto. Perduto d’amore e quindi di sofferenza perché Jim è il classico bad boy, che sparisce e ritorna, sfiora continuamente il pericolo, frequenta altri e altre e insomma, non si può fare a meno amarlo. Jim era così bello che anche quando aveva la febbre a quaranta ed era tutto madido di sudore e giaceva mezzo morto nel letto e quasi delirava, ancora irradiava la sua bellezza come una stella di neutrini. Aveva una tremenda bellezza, quel ragazzo, dentro e fuori, e addosso, e dappertutto, e ne aveva piena l’anima e anche il cuore. Pur non perdendo mai la sua leggerezza, la storia ha degli sviluppi drammatici, Alessandro porta alle estreme conseguenze il suo amore sconfinato e gli amanti si perdono di vista. Ma, con ironico un colpo di coda e di genio finale, Marisa Porello li fa rincontrare là dove forse Jim non potrà più far soffrire Alessandro, ma non è detto.

Il punto di forza di questo romanzo è la scrittura, che riesce nel miracolo di essere molto divertente malgrado l’argomento a tratti drammatico. La voce di Alessandro è frizzante, spiritosa, caustica, un po’ ribalda, anche quando parla dell’amore totale che prova per Jim non è mai sentimentale, l’occhio con cui osserva il mondo non perde la lucidità anche se è velato di lacrime. Accetta Jim così com’è, con tutti i suoi moltissimi difetti, osserva il mondo attorno a sé senza fare sconti a nessuno, e la trama delle sue riflessioni, delle descrizioni della famiglia, dell’ambiente torinese, delle sue scoperte sessuali al paese d’origine, è così variegata e vivace che attrae il lettore in un dialogo continuo, dove si vorrebbe poter intervenire per chiedere un particolare o confermare un giudizio. Il romanzo è pieno di sensualità, di golosità per il piacere, disarmante nella sua schiettissima passionalità. Il sesso mette buon umore, sa di buona salute e gioventù. Fa piacere leggere Loveboy Lovejoy, e si fa il tifo per il protagonista, che d’altra parte alla fine dimostra di sapersela cavare benissimo.

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