Che momento deprimente. Leggere i giornali, uno dei miei piaceri quotidiani, mi fa stare malissimo. Gli articoli sul "caso Englaro" (non mi piace chiamarlo così, è per sintesi) mi mettono ansia, mi viene il batticuore, un senso di claustrofobia, e mi bastano i titoli per spingermi a girare pagina in frettissima. Peccato che alla pagina dopo trovo la fantastica invenzione dei medici trasformati in informatori della polizia. Poi il braccio di ferro tra palazzo chigi e quirinale (orride figure retoriche per evitare di nominare le persone), intercettazioni sì o no, ecc. Queste però sono cose che riesco a leggere, mi altero, per usare un eufemismo, ma è coinvolta più che altro la testa. Invece a proposito di Eluana perdo qualsiasi razionalità. Quello che mi colpisce non è il dibattito lecitissimo su una questione più che delicata, in cui non mi interessa neppure esprimere il mio parere che non ha nessuna autorevolezza. No, quello che trovo agghiacciante è la mancanza di pietas, di umana partecipazione, di comprensione, di rispetto, di capacità di empatia, di spirito cristiano se vogliamo parlare di qualcosa che non so che cosa sia. E questo, ovviamente, da parte di tutta la chiesa dal santo soglio (per continuare a non nominare le persone) alle cattedre cardinalizie e vescovili e le parrocchie e l'orrida base integralista, con la loro ostensione di disabili e la mala fede nel manipolare i termini della questione. Poi a ruota la posizione del governo, ma siccome da quelli non mi aspetto niente di diverso, mi arrabbio meno. Però vorrei sapere, il prossimo passo sarà il processo e la galera per i suicidi che non ce la fanno al primo colpo?
In questa tendenza allo stato etico, al normativo a oltranza, dove tutto quello che si può e non si può fare è regolato da leggi e decreti, la spossessione del corpo mi sembra un passo orribile. E molto pericoloso.
Adesso vado a testimoniare davanti alla prefettura, spero che saremo in molti malgrado il tempo schifido che spinge più allo shopping (altra parola che aborrisco!) che all'indignazione morale e politica. Per fortuna che sotto i portici ci sono molti extracomunitari che vendono ombrelli.
C'eravamo anche noi davanti alla prefettura alle 11 di sabato. Ma è stata temo, inutile. Non ci sono slogan accettabili per difendere il diritto alla morte. Ce ne siamo andato dopo una mezz'ora più abbattuti di prima. È molto vero che non si era lì per difendere il diritto di morire ma quello di difendere questo ingrato paese dalle pretese della chiesa e di mr. Banana, ma la scelta del tema... signore mio... È terribile doversi battere per difendere il diritto INDISCUTIBILE di morire contro chiunque sostiene che la vita non è tua ma è un "dono" di qualcun altro. La vita non è un dono, purtroppo, e come tale appartiene soltanto a chi la vive. Non serve a nulla ripeterlo, ma forse è l'unica cosa che si possa e si debba fare. In quanto agli avvoltoi che utilizzano un argomento simile per imporci un'Italia dove l'unico diritto di morire è quello degli immigrati, beh, non resta loro che augurargli lo stesso destino.
RispondiEliminaCerto, non è il diritto di morire che conta, quello non te lo può togliere nessuno. E' ovviamente il disgusto verso quello che succede nel nostro inqualificabile (per carità di patria) paese che spinge ancora una volta a quel rituale ormai un po' funebre che è la manifestazione di piazza. Sono contenta di sapere che c'eravate anche voi tra le facce anche troppo note, ormai, dei presenti che ritrovo da tanti anni.
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