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mercoledì 10 dicembre 2008
Evelyn Waugh, Ritorno a Brideshead
Bel romanzone tradizionale, di quelli che acchiappano e tengono un sacco di compagnia, pubblicato nel 1945. La storia, in breve: Charles, ufficiale dell'esercito inglese, durante la II guerra mondiale si trova in una residenza nobiliare requisita per le truppe e riconosce la meravigliosa Brideshead, cui tanta parte della sua vita è legata. Ricorda l'amicizia con Sebastian Flyte, figlio dei proprietari, l'amore con sua sorella Julia, le vicende che li hanno portati a condividere gioie e dolori. Un mondo scomparso di goliardia a Oxford, ricevimenti a Londra, nursery e servitori fedeli, adulteri e vacanze a Venezia, cacce a cavallo, padri formali e anaffettivi, traversate dell'Atlantico in navi di lusso, mal di mare e passione. Ma il tema principale, quello che sottende tutta la vicenda, è il cattolicesimo. I Flyte sono cattolici per parte di madre e quindi allevati in questa confessione che, vista con gli occhi di Charles, protestante per tradizione, razionalista, agnostico ma non troppo, è un coacervo di superstizione, paganesimo, ipocrisia, ingerenza dei preti, controllo sulle vite individuali e soprattutto senso di colpa paralizzante e castrante. Ora, io sono serenamente atea e potrei sottoscrivere praticamente tutto quello che dice Evelyn Waugh, ma essendo italiana e essendo sempre vissuta in questo paese di senza dio che vanno in chiesa, si fanno il segno della croce poi fanno tutto quello che gli pare, sono rimasta molto colpita da questa visione che dà un'importanza così grande alla religione personale. Certo, siamo in Inghilterra e si parla di prima della II guerra, ma è davvero interessante e sorprendente un romanzo la cui morale, o messaggio per dirla meglio, si riassume così: neanche una sana e consapevole libidine salva i giovani dall'educazione cattolica. Waugh come Zucchero, e allora è proprio vero.
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