Vergognandomi moltissimo per averlo trascurato del tutto per sette mesi, riprendo la consuetudine di recensire sul mio blog quello che leggo. D’altra parte è da poco che ho ripreso a leggere con concentrazione e piacere, gli ultimi due o tre anni per me sono stati piuttosto devastanti. Ricomincio con un tipo di libro che normalmente non mi interessa granché, un giallo, che per di più avevo già letto anni fa dimenticandomelo del tutto, ma la rilettura me lo ha fatto apprezzare parecchio. Uscito in Svezia nel 2008 e in Italia nel 2010 (Guanda, traduzione di Carmen Giorgetti Cima), mi ha colpito per l’originalità della scelta narrativa che mette al centro un
personaggio che non è il solito poliziotto con problemi sentimentali ma un uomo qualsiasi (“un bicchier d’acqua” viene definito a un certo punto) che nasconde in sé molto più di quello che vedono coloro che gli stanno vicini (il che coincide esattamente con quello che penso io e che ho cercato di raccontare nel mio ultimo romanzo, “Le case di paglia e le case di pietra”). Come in ogni giallo che si rispetti ci sono morti e indagini, ma nulla è proprio come appare né si conclude come ci si aspetta. L’ambientazione assai gradevole è tra provincia svedese e provincia tedesca, che unita a un linguaggio veloce ma semplice e un ritmo che acchiappa senza mettere ansia, lo rende una lettura che consiglio senza esitazioni anche se, come me, non siete proprio appassionati di polizieschi.