Desy Icardi, scrittrice, attrice, cabarettista, blogger nonché formatrice aziendale, riversa in questo corposo (e complesso) romanzo tutta la sua passione per i libri. Con una scrittura attentamente calibrata compie una virtuosistica doppia capriola perché doppia è la vivace ricostruzione d'epoca in cui si muovono i suoi personaggi. La quattordicenne Adelina si trova a Torino nel 1957 per motivi di studio, ospite di una zia, Amalia, facoltosa vedova che ha un passato nel varietà su cui preferisce sorvolare. La vicenda quindi si snoda a momenti alterni tra il 1957 e il 1938, epoca dei fasti teatrali di Amalia.
Adelina, pur essendo campagnola e non abbiente, frequenta una scuola privata molto selettiva, in cui incontra solo ragazze ricche, tra cui Luisella, figlia del notaio Vergnano, che diventa sua amica.
Tutta la complessa vicenda su cui non mi sogno di fare spoiler gira intorno a Adelina e alla sua capacità di leggere con il naso, letteralmente. Annusa i libri e magicamente ne inala il contenuto attraverso gli aromi che emanano, saltando le parole e la scrittura che divengono così solo un espediente necessario per quelli che leggono con gli occhi. Una lettura sensoriale e emotiva, che prescinde dalla forma e recepisce solo i contenuti e le emozioni che suscitano. La sua curiosa abilità, esercitata su testi molto ponderosi e che più classici non si può come I promessi sposi, Don Chisciotte, Le mille e una notte, il Decamerone, addirittura i Veda, suscita l'interesse del reverendo Kelly, suo insegnante appassionato di libri antichi, dell'avvocato Ferro, proprietario di una biblioteca praticamente infinita, e del fascinoso notaio Vergnano, collezionista di libri antichi. Si scatena una ridda di tranelli, inganni, desideri che coinvolge anche Amalia, mentre Adelina subisce le prepotenze degli adulti senza capirne il motivo. La storia, ambientata in una Torino d'epoca precisa persino nella topografia, si allarga fino a New York, e ci fa conoscere il famoso codice Voynich, il manoscritto più misterioso del mondo. Alla fine molti misteri saranno chiariti, ma per fortuna non tutti.
Un romanzo godibile e ironico in cui non si parla mai d'amore ma molto di soldi, che mette in luce l'abilità camaleontica di Desy Icardi di calarsi in epoche ricostruite in tutti i loro tic anche linguistici, senza mai trascurare i personaggi, ben delineati e curati in tutte le sfaccettature del carattere, e di avvolgere il lettore in un'atmosfera amichevole e accogliente.
Pagine
▼
Pagine
▼
lunedì 25 marzo 2019
venerdì 22 marzo 2019
Le donne sanno fare di tutto 2: Licia Pizzi, piena di grazia
Giustamente proposto al Premio Strega da Francesco Durante, piena di grazia di Licia Pizzi è stata per me una bellissima scoperta. Ho avuto la fortuna di sentirne leggere un breve brano dall'autrice stessa nella suggestiva cornice di Marina di Camerota, e mi era rimasta la curiosità di conoscerne il resto, ma gli impegni di lettura sono sempre pressanti e solo ora sono riuscita a realizzare il proposito.
Ci troviamo in un luogo indefinito tra le montagne del Meridione d'Italia dove Cose orribili vengono raccontate, come i racconti del bosco. Assassinii, briganti, janare. Il paese è di poche case, di poche parole. Uno di quei borghi con un'unica storia di miseria e fame che si ripete da secoli, sempre uguale, sempre la stessa. L'incipit precipita il lettore in mezzo a un mondo senza tempo, in cui Grazia, la protagonista bambina, vive a livello di natura: sta cercando di prendere in braccio un maiale, che si dibatte e urla, uno stridio, voce roca di bambino malato, mentre lei lo afferra da sotto le zampe anteriori e quello continua a scivolare via. Poi Grazia ha una folgorazione. Un colpo ben assestato, al centro del cranio rosa, e il maiale si zittisce. Lei è nata in una famiglia povera, Fratelli e sorelle cui badare. Un numero imprecisato che lei contribuisce a riempire. E' una di quelle nate nel mezzo della figliata, quelle che fanno numero. Non è nemmeno un maschio. Ma è la prima femmina. Non è nemmeno bella, è pesante, testona, poco amata tranne dalla nonna che le sussurra all'orecchio [...] prima di piombare nel sonno, sul materasso pieno di paglia e pulci, 'Razia, fa' a bbrava.
Ma come tutte le bambine ha dei sogni, delle aspettative per la propria vita. C'è Nuccio che la guarda, ci sono le canzoni con le loro parole strane, la messa, la scuola, i racconti della nonna. Ma c'è anche, e soprattutto, la realtà che la aggredisce quando viene mandata a servizio da don Rafele il macellaio, il padre di Nuccio. E sarà vittima, come è destinata dal suo essere donna e povera, però la sua reazione non è il pianto, il vittimismo, ma la potente vittoria della rabbia. Non voglio dire altro della trama, perfettamente calibrata sul personaggio e i luoghi in cui si svolge, perché piena di grazia è un libro veloce e smilzo, non vorrei anticipare troppo. Questa è una storia che va letta, una storia volutamente arcaica, narrata con un linguaggio scarno, scabro, scolpito come un crocifisso di legno. Un linguaggio che stupisce per la sua forza, per la scelta di un registro ruvido e potente che asseconda il crescendo drammatico della vicenda. La voce di Licia Pizzi, così originale, non si dimentica facilmente e sono sicura che la rileggeremo presto. Molto curata la veste grafica e editoriale.
Ci troviamo in un luogo indefinito tra le montagne del Meridione d'Italia dove Cose orribili vengono raccontate, come i racconti del bosco. Assassinii, briganti, janare. Il paese è di poche case, di poche parole. Uno di quei borghi con un'unica storia di miseria e fame che si ripete da secoli, sempre uguale, sempre la stessa. L'incipit precipita il lettore in mezzo a un mondo senza tempo, in cui Grazia, la protagonista bambina, vive a livello di natura: sta cercando di prendere in braccio un maiale, che si dibatte e urla, uno stridio, voce roca di bambino malato, mentre lei lo afferra da sotto le zampe anteriori e quello continua a scivolare via. Poi Grazia ha una folgorazione. Un colpo ben assestato, al centro del cranio rosa, e il maiale si zittisce. Lei è nata in una famiglia povera, Fratelli e sorelle cui badare. Un numero imprecisato che lei contribuisce a riempire. E' una di quelle nate nel mezzo della figliata, quelle che fanno numero. Non è nemmeno un maschio. Ma è la prima femmina. Non è nemmeno bella, è pesante, testona, poco amata tranne dalla nonna che le sussurra all'orecchio [...] prima di piombare nel sonno, sul materasso pieno di paglia e pulci, 'Razia, fa' a bbrava.
Ma come tutte le bambine ha dei sogni, delle aspettative per la propria vita. C'è Nuccio che la guarda, ci sono le canzoni con le loro parole strane, la messa, la scuola, i racconti della nonna. Ma c'è anche, e soprattutto, la realtà che la aggredisce quando viene mandata a servizio da don Rafele il macellaio, il padre di Nuccio. E sarà vittima, come è destinata dal suo essere donna e povera, però la sua reazione non è il pianto, il vittimismo, ma la potente vittoria della rabbia. Non voglio dire altro della trama, perfettamente calibrata sul personaggio e i luoghi in cui si svolge, perché piena di grazia è un libro veloce e smilzo, non vorrei anticipare troppo. Questa è una storia che va letta, una storia volutamente arcaica, narrata con un linguaggio scarno, scabro, scolpito come un crocifisso di legno. Un linguaggio che stupisce per la sua forza, per la scelta di un registro ruvido e potente che asseconda il crescendo drammatico della vicenda. La voce di Licia Pizzi, così originale, non si dimentica facilmente e sono sicura che la rileggeremo presto. Molto curata la veste grafica e editoriale.
martedì 19 marzo 2019
Le donne sanno fare di tutto 1: Beatrice da Vela, Nocturnales - Le ultime giacobine
Le donne sanno veramente fare di tutto, e tutto bene. Parlerò in sequenza di tre libri scritti da donne che non potrebbero essere più diversi, eppure altrettanto godibili.
Il primo è un corposo romanzo storico, Nocturnales - Le ultime giacobine di Beatrice da Vela. L'autrice ci racconta di quattro figure storiche di donne coinvolte nella Rivoluzione Francese, tutte definite dai loro rapposti con i protagonisti. Si tratta di Éléonore Duplay, legata a Maximilien Robespierre da un rapporto d'amicizia e d'amore, sua sorella Élisabeth, giovanissima vedova di Philippe Le Bas da cui ha avuto un bambino, Henriette, innamorata forse ricambiata di Antoine Saint-Just, e Charlotte, sorella di Robespierre, costretta a usare il cognome della madre, Carraut, per non suscitare troppa curiosità. La vicenda comincia nel 1795, quando il colpo di stato del 9 Termidoro e la sconfitta dei Giacobini, con la morte di Robespierre, Saint-Just e Le Bas, erano ormai un dato di fatto.
Nel corso della narrazione, sempre accogliente, alcuni flash back ci riportano in quei giorni infuocati, ma nel complesso la narrazione si svolge tutta in interni, in spazi chiusi, spesso caratterizzati da una grande carica emotiva: il carcere, il cortile, la casa, le stanze condivise con i cari morti tragicamente. In questi spazi le donne si muovono in un'atmosfera carica di affettività, in cui non si teme di esprimere l'affetto e l'amore con frequentissimi abbracci. Ma la vita continua, le quattro donne, circondate da un gran numero di personaggi di contorno, sono costrette a prendere in mano le proprie esistenze, fare scelte, adoperarsi per non essere travolte dalle vicende storiche e soprattutto, raccogliere ricordi e testimonianze per trasformarsi in depositarie della memoria e della trasmissione dei valori della Rivoluzione.
La giovane autrice, Beatrice da Vela, è un'esperta della Rivoluzione francese, come si può vedere dal suo blog http://www.rossoarcobaleno.it/
Il primo è un corposo romanzo storico, Nocturnales - Le ultime giacobine di Beatrice da Vela. L'autrice ci racconta di quattro figure storiche di donne coinvolte nella Rivoluzione Francese, tutte definite dai loro rapposti con i protagonisti. Si tratta di Éléonore Duplay, legata a Maximilien Robespierre da un rapporto d'amicizia e d'amore, sua sorella Élisabeth, giovanissima vedova di Philippe Le Bas da cui ha avuto un bambino, Henriette, innamorata forse ricambiata di Antoine Saint-Just, e Charlotte, sorella di Robespierre, costretta a usare il cognome della madre, Carraut, per non suscitare troppa curiosità. La vicenda comincia nel 1795, quando il colpo di stato del 9 Termidoro e la sconfitta dei Giacobini, con la morte di Robespierre, Saint-Just e Le Bas, erano ormai un dato di fatto.
Nel corso della narrazione, sempre accogliente, alcuni flash back ci riportano in quei giorni infuocati, ma nel complesso la narrazione si svolge tutta in interni, in spazi chiusi, spesso caratterizzati da una grande carica emotiva: il carcere, il cortile, la casa, le stanze condivise con i cari morti tragicamente. In questi spazi le donne si muovono in un'atmosfera carica di affettività, in cui non si teme di esprimere l'affetto e l'amore con frequentissimi abbracci. Ma la vita continua, le quattro donne, circondate da un gran numero di personaggi di contorno, sono costrette a prendere in mano le proprie esistenze, fare scelte, adoperarsi per non essere travolte dalle vicende storiche e soprattutto, raccogliere ricordi e testimonianze per trasformarsi in depositarie della memoria e della trasmissione dei valori della Rivoluzione.
La giovane autrice, Beatrice da Vela, è un'esperta della Rivoluzione francese, come si può vedere dal suo blog http://www.rossoarcobaleno.it/
domenica 3 marzo 2019
Cronache di Bolzaretto Superiore: L'ultima masca
L’ULTIMA MASCA
A Bolzaretto Superiore non ci sono le masche, le
streghe di campagna, figuriamoci. Per cui quando
l’ultima masca, sfrattata
dalla sua stalla che veniva trasformata in outlet, dopo aver girato per un po’
inutilmente vide quel bel paesetto ricco e vivace, pieno di turisti e con una
Reggia scintillante, pensò che sarebbe stato ottimo per fermarsi. Cercando
qualcuno da stregare subito perché era passato un bel po’ dall’ultima volta,
incocciò in un bambino grasso e lustro che leccava un gelato e pensò di te faccio un bel porcellino! Gli si
fermò di fronte fissandolo negli occhi con intenzione. Il bambino si preoccupò
per il suo gelato e se lo ficcò tutto in bocca. “Chi sei?” le chiese. “Cosa c’è
che mi guardi?” Adesso che aveva finito il gelato era ben disposto a fare due
chiacchiere. “Sono una masca e adesso ti strego,” rispose lei. “Non sapevo che
oggi ci fosse l’animazione in piazza!” gridò il bambino tutto contento. “Dai,
fammi una magia”. La masca infuriata gli ringhiò contro il suo fiato malefico.
“Ti trasformo in un maiale così passi il resto della vita a grufolare e
grugnire”. “Divertente!” fece lui con entusiasmo. “Dai, fallo subito! Forza!
Però a grugnire son capace, ma grufolare no. Come si fa? Mi insegni? Dai, mi
insegni?” La masca per la depressione si appoggiò alla scopa. Non c’era proprio
più mercato da quelle parti. Inforcò la sua ramazza e mentre volava via gridò
al bambino che la guardava pieno di aspettativa: “Cerca su Internet,
salame!”