martedì 17 aprile 2018

Bolzaretto Superiore e la vita quotidiana, un'acuta analisi di "Il cuore in ballo" di Giuseppe Giordano

Oltre a essere uno scrittore piacevolissimo e decisamente originale, Giuseppe Giordano è anche un lettore molto attento, capace di osservazioni sorprendenti per acutezza e personalità. Ecco le parole che ha gentilmente dedicato a Il cuore in ballo.
Bolzaretto Superiore, of course



Per Consolata Lanza  - IL CUORE IN BALLO


Ho letto con vivo interesse il tuo Il cuore in ballo. I motivi sono svariati e cercherò di spiegarli nelle righe che seguono.
Righe che non sono note di critica letteraria (forse l’avevo già detto: non ho qualità di critico), ma riflessioni, sentimenti, pensieri vari. E ti prego di accettare questi pensieri per come mi sono venuti alla mente.

Principalmente, un sentimento d’invidia, sin dalle prime pagine, per il tuo Bolzaretto Superiore, trasfigurazione e sublimazione delle stesse radici di chi scrive.
Invidiabile la tua fantasia. Brava!
Diversi autori hanno creato paesi del genere. Qui, se me lo permetti, mi viene da pensare a Faulkner con la contea di Yoknapatawpha, luogo geograficamente inesistente in cui uomini e donne cercano di dare riposo e requie alle loro passioni e fatiche.

Anch’io (che, in fondo, confesso, non mi ritengo scrittore ma cronista) ho cercato, nel tempo, di crearmi un luogo del genere. Non ci sono mai riuscito, perché le mie radici sono state dissolte nel nemico-tempo.
A seguire, un’altra riflessione: Il cuore in ballo è il tuo secondo libro che leggo con profondo interesse e curiosità. Mi sono chiesto il perché. Non l’ho capito la prima volta con Gli anni al sole, penso di averlo capito con la lettura de ‘Il cuore in ballo’.
A mio modesto parere, ciò accade perché Consolata Lanza è una scrittrice-donna.

Cerco di spiegare ciò che, nella nostra letteratura, può sembrare una contorta ovvietà anagrafica.

Di solito, di fronte alla classe di coloro che scrivono è uso fare un calderone di quelli: tutti/tutte vengono considerati scrittori. Eppure, un’accurata ricerca di genere fa risaltare la differenza.
La donna che scrive – Morante, Ginzburg, Romano, Ortese, ma anche altre come le dimenticate Renata Viganò e Livia De Stefani – è una scrittrice che mette in scena la parola senza tirare subito in ballo l’Universale, l’Infinito, il Demiurgo, il Motore Immobile, il Marxismo e il Liberalismo. Cioè, la scrittrice si preoccupa di mettere in scena un dolore, un rimpianto, una perdita, un amore, il senso della meraviglia, e soprattutto la realtà quotidiana, affidandosi esclusivamente alla propria sensibilità. Sensibilità che è capacità di ascoltare anche chi non sembra avere diritto alla parola.
Così, il proprio cosmo familiare, e se vogliamo casalingo, coincide col cosmo più ampio, quello che sta oltre.

A questo proposito, ne Il cuore in ballo, alle pagine 156-157, l’io narrante costringe Angelica Gabrielli a rapide, sintetiche riflessioni – sono titoli di giornali – che scoppiano come fulmini estivi.
E per tutte le altre pagine, la scrittrice-donna crea un gioco abbastanza intrigante tra la voce narrante (‘grillo parlante’) e il personaggio Angelica, che si rincorrono e si confondono in un gioco liquido di rimandi. E vengono fuori personaggi e situazioni che riportano a quella realtà quotidiana accennata prima.
Così, a pagina 206 e seguenti, In memoriam, la storia di Toiu, lo scemo di paese che traversa la vita e il mondo senza prendere coscienza della stessa vita e del mondo e finirà per morire al Cottolengo; oppure da pagina 219, Rosa, rosso e argento, la paesana che vuole scoprire il mondo oltre Bolzaretto e finisce invece sui marciapiedi di corso Massimo a Torino. E, addirittura, la stessa Decembrina, presenza costante, sempre sullo sfondo a rappresentare un rifugio, un riparo, come se la stessa pietra fosse un contenitore della realtà quotidiana. A questo proposito, se non sbaglio, è stata Anna Maria Ortese a dire: chi scrive per sé ritorna a casa, sta bene (citazione forse imprecisa, ma il senso è quello).

Delicati e lirici, a tratti struggenti, sono altri episodi, come quello a pagina 167, Giuseppe detto Caramello, il trovarobe di Bolzaretto che girava ‘per cascine e paesi sul suo Ford Transit scassato’ alla ricerca di vecchi mobili e di vecchie fotografie di famiglie ormai scomparse; oppure, le varie pagine con gli amori di Ginni,di Amapola, dei due omosessuali Jerry il ballerino e Baldo il pizzaiolo. E ancora, a pagina 186, Una domenica di luglio, che potrebbe benissimo fare eco al film di Fausto Brizzi ‘La notte prima degli esami’.
Ma s’incontrano anche episodi al limite dell’iperbolico e/o del ‘pedagogico’, come a pagina 251, Lo scrittore e l’arcangelo Gabriele, dove lo scrittore Sebastiano Orlandi viene trasportato in volo dall’arcangelo Gabriele sopra i tetti di Torino e poi precipitato giù nelle acque gelide del Po.
Ma è a pagina 200 la sorpresa che mi ha riempito di sincera gioia.

Consolata Lanza ma che è successo? Tu ed io abbiamo giocato alla telepatia?
Infatti, tu per Il cuore in ballo, io per il mio ultimo lavoro, abbiamo usato lo stesso verso della medesima canzone: Amore amore amore, amore un corno(mi pare fosse Ombretta Colli a cantarla qualche decennio fa).
Per finire, un’ultima riflessione riguardante ancora la realtà quotidiana che nella letteratura di quasi tutto il nostro Novecento è rimasta sempre ai margini.
Ne Il cuore in ballo, tutte le pagine sono impregnate di realtà quotidiana, ma nell’economia della trama c’è un punto – pagina 184, capodanno del 2000 – in cui la scrittrice sembra aver tracciato un prima e un dopo, senza alcuno iato tra il XX secolo e il XXI.

Come se la scrittrice volesse dire: la realtà quotidiana del Novecento trasborda nel nuovo secolo, ma non rimane ai margini.
Qui terminano le mie confuse considerazioni, e per la mia congenita confusione ti chiedo scusa.
Certo, il discorso potrebbe continuare su temi scottanti come pubblicazioni, editori, pubblicità, mercato, diffusione, consumismo, cultura, politica e saloni e sagre e fiere e concorsi e premi letterari eccetera eccetera eccetera.
Ma per questi argomenti mi pesano le molte primavere che mi accompagnano.
E anche per questo continuerò a scrivere ma probabilmente non pubblicherò più.
Auguro a te e ad Angelica Gabrielli di poter uscire da questo oppidum nel quale siamo assediati.
Ciao,

                                                                                                      Giuseppe Giordano

 

 

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