mercoledì 17 maggio 2017

Le donne fanno, le donne sanno: Emilia Bersabea Cirillo, Potrebbe trattarsi di ali

Sette racconti di una scrittrice che non delude mai: uscito appena un anno dopo il bellissimo Non smetto di avere freddo per le medesime Iguana Edizioni, questo Potrebbe trattarsi di ali ci riporta le donne concrete, legate alla materialità della vita, inquiete e profonde che sempre popolano i libri di Emilia Bersabea Cirillo
Si tratta di un libro intensamente femminile in cui
il corpo è sempre molto importante, così come il cibo, la materia, la cultura materiale, il sapere delle donne. Il corpo è scrutato nella bellezza e nella devianza, nell'irregolarità, nella sua umana miseria e nel trionfo dei legami carnali.

In ognuno dei racconti la protagonista è una donna, l'unico maschio appare in Soul Doll. 
Sono creature inquiete ma profonde, che con molto coraggio cercano di capire e reagire, non si perdono mai d'animo né si adattano alla vita, ma cercano tenacemente di trasformarla. Laura, Norma, Giovanna, Agnese e le altre vivono nel mondo e affrontano la vita a viso aperto senza dimenticare che c'è una casa, un "dentro" che è ancora più importante. Mai invischiate in  banali storie d'amore e dipendenza, sempre alla ricerca di se stesse, sono donne definite dal loro rapporto con altre donne, in cui si rispecchiano per riconoscersi uguali o per scoprirsi opposte. In Soul Doll il protagonista non ha specchi in cui definirsi, ma sono gli oggetti del suo amore, Rebecca e la madre, a essere speculari.

In Potrebbe trattarsi di ali una moglie inqueta, madre frustrata dalla lontananza dei figli, agitata dai sensi di colpa, scruta il proprio corpo che sembra ribellarsi alla norma, fino a scoprire in un'altra malata le stesse inquietudini. Camillo, il protagonista di Soul Doll, sconta l'esagerazione del proprio corpo e dell'amore materno con la solitudine; e lo stratagemma che trova per uscirne non fa che portare alla luce le sue oscure pulsioni. Fuori misura ci racconta di Agnese, prigioniera di un corpo infelice, che riesce a trasformare le proprie ossessioni (con l'aiuto di Grace Kelly e di un'assistente saggia) in sogni realizzati e la propria creatività in successo. Alice Munroe è il modello cui si ispira Giovanna in Come si fa a dire se per svolgere il compito che le ha dato la sua insegnante di scrittura creativa, ma la storia non viene. Natalina invece, la donna della lavanderia, riesce a inventare la storia della propria vita, in un contrasto tra narratrice impotente e narratrice involontaria davvero sorprendente, e degno della penna esperta di Emilia Bersabea Cirillo.  
In Così ti passa la paura è introdotto il tema attualissimo e scottante dei migranti, in cui inciampa Laura, quarantenne scontenta che si reca a Licosa in cerca di un'amica d'infanzia e trova una realtà inaspettata. Sangue mio ci mette di fronte a un dilemma che ci coinvolge tutti, lettori e personaggi, suscitando domande cui è quasi impossibile rispondere se non con la sapienza del cuore, come accade alle due madri protagoniste e alla figlia, che possiede la saggezza della gioventù. Se stasera sono qui ci dice che il dolore così grande da non avere voce di Norma, madre che ha perso la figlia, può trovare alla fine la voce più adatta per esprimersi e, forse, trovare consolazione nel realizzare un sogno sepolto.
Al Salone del Libro di Torino

Oltre alle tematiche, è molto importante la scrittura anch'essa intensamente femminile, esattamente il contrario di una scrittura asessuata. Ricca di metafore e paragoni tutti derivanti dalla concreta esperienza delle donne, ha una cifra stilistica inconfondibile, impastata di dialettismi, che rappresenta una lingua parlata e irregolare, "sporca", con giri di frase presi dal quotidiano anzi dalla lingua del "dentro", quella lingua che si usa in casa e non fuori. E' una scrittura che oltre a essere bellissima e offrire illuminazioni improvvise che colpiscono il lettore come epifanie dell'animo, è perfettamente funzionale alla narrazione in quanto lingua legata alla terra, all'Irpinia e Avellino cui Emilia Bersabea Cirillo non dimentica mai di appartenere. I suoi personaggi si muovono sempre seguendo una topografia precisa della città e delle località circostanti senza mai cadere nel vernacolo, anzi, trasformando il radicamento in universalità. Più che giustificato quindi che Non smetto di aver freddo sia vincitore della XI edizione del Premio letterario Minerva.


Qui di seguito pubblico una recensione comparsa su LN-LibriNuovi nel 2010.

EMILIA BERSABEA CIRILLO, UNA TERRA SPACCATA, Edizioni San Paolo 2010, pp. 227, € 14,50

Emilia Bersabea Cirillo, architetto, è una scrittrice irpina che accanto a un respiro nazionale ha conservato legami fortissimi, carnali, con la sua terra. Ha iniziato con una raccolta di racconti, Fragole (Filema 1996), in cui già erano presenti molti dei suoi temi più personali, l'attenzione alle problematiche sociali e umane, la sensibilità civile, il mondo femminile, la cura delle cose concrete e degli affetti, le sapienze antiche, l'Irpinia. Uno dei più belli tra questi racconti, Angele, è stato inserito nell'antologia After the war: A Collection of Short Fiction by Post-War Italian Women (Italica Press, N.Y., 2004) con il titolo di Angels. Vengono in seguito le bellissime prose di Il pane e l'argilla. Viaggio in Irpinia, interamente dedicate agli aspetti più segreti e più autentici della sua terra, con illustrazioni di Giovanni Spiniello. Con Fuori misura (Diabasis 2001) torna al racconto di cui è maestra, e infatti vi compare Il sapore dei corpi che ha vinto il premio Arturo Loria 1999 per il miglior racconto inedito. Il romanzo L'ordine dell'addio (Diabasis 2005), ambientato in un paese dell'Alta Irpinia, è stato finalista al Premio Domenico Rea. Suoi racconti sono apparsi inoltre nelle antologie Il Semplice n.3 (Feltrinelli 1996), Gli esiliati (Avagliano 2007) ottenendo il premio internazionale di narrativa "Lo stellato" con il racconto Il violino di Sena, M'AMA (Il Poligrafo 2008).
Con questo suo quinto libro,vincitore del Premio Maiella e del Premio Prata, riesce a darci un romanzo che unisce una storia di sentimenti, un’evoluzione anche esistenziale della protagonista, alla denuncia senza sconti delle storture politiche e degli interessi sotterranei che minacciano l’integrità dell’Irpinia.

L’incipit è folgorante: La sola volta che ho visto Filippo nudo è stato da morto. Chi parla è Gregoriana de Felice, geologa incaricata di fare la perizia che darà il via alla costruzione di un’enorme discarica nel territorio incontaminato di Pero Spaccone al Formicoso, in provincia di Avellino. Le tocca la dolorosa esperienza di riconoscere il corpo di Filippo Ghirelli, morto durante le manifestazioni degli abitanti del Formicoso che si oppongono allo scempio del loro territorio. 

Di qui seguiamo i ricordi di Gregoriana, l’incontro con Filippo nell’albergo di Napoli dove entrambi alloggiavano, lei in trasferta da Roma, lui, che ne era proprietario, stabilmente, dopo averlo dato in gestione. Per Gregoriana era stato l’inizio di un doppio cammino destinato a portarla da una parte a sconvolgere i propri riferimenti affettivi, dall’altra a scoprire un mondo fino a quel momento sconosciuto – un mondo in cui si trovano a affrontarsi persone che vogliono difendere le proprie radici, la terra coltivata dai loro avi, e forze senza scrupoli mosse solo da interessi economici. In questa vicenda così attuale spicca la figura sfuggente e affascinante di Filippo, che forse nella passionalità di Gregoriana e nella sua presa di coscienza civile trova un momentaneo sollievo al male di vivere, ma poi sprofonda nel gorgo dei suoi fantasmi. Intorno si muovono personaggi minori ma vividamente scolpiti, l’anziano cameriere Ivano, i colleghi di Gregoriana, Enzo l’amante, sua madre e Giuseppina che la accudisce, il bell’ingegner Misuraca, gli operai del cantiere, i manifestanti. 

Altrettanta importanza ha il Formicoso, terra amata e bellissima, la “terra spaccata” del titolo che nasconde nelle sue viscere acque e grotte misteriose, mentre in superficie i suoi abitanti si muovono con il passo silenzioso ma inesorabile di un quarto stato ancora capace di combattere. A Napoli invece, tra le sale silenziose dell’albergo e i suoi giardini segreti, si consuma senza ardere l’attrazione tra Filippo e Gregoriana, che dopo i giorni convulsi del Formicoso può tornare a Roma più consapevole se non più felice. In filigrana, ma potente, c’è la critica alla società corrotta e spietata che non esita a distruggere uomini e natura per amore di guadagno, e si intravedono i grandi problemi del mondo moderno, come il conflitto arabo–israeliano.
Un romanzo molto ricco e insieme essenziale, senza sbavature, scritto in una prosa asciutta ma capace slanci poetici e eleganze sorvegliatissime.     
 



 

Nessun commento: