lunedì 29 maggio 2017

Contro la lettura: Freya, da La lametta nel miele



Nelle mie passeggiate [...] scoprii altre botteghe di libri usati, che non avevo mai notato perché non mi interessavano. Molte si affollavano vicino a Campo de' Fiori. Presi l'abitudine di curiosarvi senza mai comprare niente. I proprietari mi guardavano con diffidenza, mi chiedevano se cercavo qualcosa in particolare, non mi lasciavano sola un attimo. Non sapevo di avere l'aria equivoca, ma evidentemente pensavano che fossi una vecchia taccheggiatrice, una potenziale ladra di volumi preziosi. Finì che una sera, per togliermi di dosso gli occhi di una negoziante dalla faccia stanca e violenta, acquistai un volumetto in brossura, antico ma senza pretese. Delle fatiche e dei doveri delle donne oneste, Letture edificanti, recitava il titolo sulla copertina smangiata.
- Le interessa la storia delle donne? – mi chiese la libraia mentre l'impacchettava.
- Veramente no. Ne ho abbastanza della mia. Lo voglio regalare a un'amica che si interessa a questi argomenti, - mentii, già pentita di quella spesa impulsiva e inutile.
- Eppure, sapesse… Si impara da libri come questo. Se non altro a non lamentarci della nostra vita. Siamo tanto fortunate a essere nate qui e ora. Lei e io, quando questo libro è stato stampato, probabilmente saremmo già state morte da anni, di parto o di fatica. Certo non saremmo qui a chiacchierare. Lei non avrebbe avuto i soldi per comprare un libro né io la libertà di tenere un negozio.
Mi venne un senso di oppressione, di rifiuto.
- Magari saremmo state entrambe ricche cortigiane senza obblighi né carichi di famiglia.
Rise. Anche a me l'idea sembrava assurda, in realtà.
- Con la nostra faccia? E comunque, prima avremmo dovuto lavorare duramente in un sacco di letti faticosi e spietati.
Mi resi conto di avere detto una grande cazzata. Chissà perché avevo avuto una simile fantasia. Riuscii a tirare fuori un sorriso di complicità femminile, del genere che di solito mi faceva vomitare.
- Forse ha ragione lei. Comunque preferisco non pensarci affatto.
- Be', se riesce dia un'occhiata a questo libro prima di regalarlo. E torni a trovarmi, ne parliamo.
Mi fece uno sconto consistente, di cui mi vergognai. Avevo pensato di gettare Delle fatiche e dei doveri delle donne nel primo cestino dei rifiuti che incontravo. Invece lo portai a casa e lo misi su uno scaffale. A parte gli elenchi del telefono, non ne avevo altri.
Non amo leggere. I pochi libri che sono entrati nella mia vita non li conservo mai. Trovo deprimente quel loro riempirsi di polvere in silenzio, dimenticati. Mi sembrano tanti cadaveri mummificati, in attesa di un archeologo che li riporti alla luce e che non arriverà mai. A maggior ragione mi infastidiva quel libro pubblicato nel 1844, stanco, decrepito, mai più letto da anni e anni. Se poi l'aveva letto qualcuno. Quanti sono i volumi stampati che nessuno mai ha sfogliato? Nelle librerie antiquarie avevo notato che molti avevano ancora le pagine intonse. Che sorte orribile, starsene lì con tutte quelle parole a disposizione di un lettore che non arriva. Come lettere che non abbiano mai raggiunto il destinatario.
Andò a finire che una sera di temporale in cui ero stata costretta a rientrare prima del solito e non avevo voglia di stordirmi di televisione, aprii quel volumetto poco attraente. Mi piacque l'odore di muffa che ne esalò. C'erano delle illustrazioni rozze, donne con i capelli ben tirati e gli abiti accollati che sorvegliavano bambini intenti a scrivere, donne che pregavano inginocchiate a fianco di alti letti, porgevano medicine a vecchi ammalati, sedevano accanto al fuoco con aria affranta, camminavano per strada con una sporta al braccio e il capo chino. Una mi colpì. Con i capelli sciolti, coperta fino alla gola, ai polsi e ai piedi da un camicione da notte, una disgraziata guardava la luna attraverso i vetri chiusi. L'attesa, diceva la didascalia in basso. Mi fece passare qualsiasi curiosità di continuare. Comunque su una rete locale trovai un film inglese degli anni settanta, una rapina in banca con attori strizzati in giacchette marroni e pullover bianchi a collo alto, che mi aiutò a tirare tardi.

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