mercoledì 24 dicembre 2014

Julio Monteiro Martins, uno scrittore e un uomo che non dimenticheremo

Julio Monteiro Martins è mancato oggi, nelle parole della sua compagna Alessandra "oggi il nostro Julio ha deciso di lasciarci, che era giunto il momento, se n’è andato sereno, tranquillo, lucido, circondato dall’amore della sua famiglia e degli amici e senza soffrire decidendo di lasciarsi addormentare per poi piano piano scivolare nel suo sonno eterno. La malattia l’ha affrontata da guerriero qual era, con coraggio, senza risparmio di forze e anche con fede, una fede laica, e speranza perché lui era così: un uomo che sapeva raccontarsi una realtà più felice di quella che era, un uomo che volava e immaginava cose belle". 
Io l'ho conosciuto vent'anni fa a Lucca, quando con l'amica Giuse Lazzari, anche lei scrittrice, ho frequentato un corso tenuto da Julio nell'ambito della manifestazione "Scrivere oltre le mura" da lui organizzata. Una settimana stimolante e piena, con le lezioni tenute in una casamatta sulle mura della città la mattina, e incontri con scrittori al pomeriggio. Ne ho conservato un ricordo prezioso legato all'interesse delle lezioni, allo spessore umano e intellettuale di Julio, al piacere che dava ascoltarlo parlare con il suo incantevole accento brasiliano, al fascino della cornice bellissima, e anche all'amicizia stabilitasi in quell'occasione che ha portato a una collaborazione durata negli anni, a una mia partecipazione alla rivista Sagarana, al mio costante interesse per i suoi libri, e proprio negli ultimi tempi, grazie alla sua segnalazione ci siamo trovati insieme nelle pagine di HOTell, Storie da un tanto all'ora, uscito quest'estate.
E non lo dimenticherò, non lo dimenticheremo. E rimarranno i suoi libri a ricordarlo anche a chi non ha avuto la fortuna di conoscerlo.
Qui di seguito, la recensione di un suo libro uscito da Besa nel 2005. 

JULIO MONTEIRO MARTINS 

MADRELINGUA

 Che cosa pensereste di uno scrittore che, dopo avervi messo sul gusto presentandovi i suoi personaggi, mettendoli in movimento, lasciasse voi e loro nel bel mezzo dell’azione appena iniziata per stilare una “piccola enciclopedia arbitraria” di voci fugacemente apparse nel testo? Che vuole esasperare il lettore, o non sa più come andare avanti, o semplicemente è pazzo. Invece Monteiro Martins sa benissimo dove vuole andare, e lo fa con coraggio e maestria, conducendoci per mano nel suo gioco divertente e pieno di intelligenza. Piazza Mané, sessantenne “consumatore di bellezza”, la sua amante K43, il bancario-cinefilo Salvo e Mercedes, espatriata colombiana, su una scacchiera e li fa muovere da un narratore quarantaseienne che assomiglia pericolosamente a Mané e da un petulante secondo narratore che interviene di continuo, in parentesi quadra, a sbugiardare e irridere il primo. L’intento, dichiarato nel preambolo, è quello di scrivere un romanzo decostruito, un’architettura matta, con scale che portano nel vuoto e pareti inesistenti. L’uso insistito del dialogo, tipico di Monteiro Martins, si alterna a citazioni di altre opere dell’autore (Racconti italiani, LN – LibriNuovi 17, primavera 2001 e La passione del vuoto, LN – LibriNuovi 29, primavera 2004), a digressioni sull’attuale situazione politica italiana (con un minaccioso Lui che incombe sulla società con la sua volgare e subdola pretesa di ridurre tutto a commercio), a considerazioni generali, persino a incantate descrizioni della natura. Il teatro dell’azione è una Firenze tra bellezza e sfascio ma altrettanto potenti e presenti sono la Colombia violenta del degrado sociale e il Brasile dei ricordi d’infanzia. Le voci dell’enciclopedia privata sono un piacere prezioso nel loro erratico vagare tra il calcio di Pelé e Garrincha, il cinema di Benigni e De Sica, Borges, Pasolini e gli zombie. Alla fine l’istinto del narratore prende il sopravvento, quasi impietosito di fronte alle aspettative di chi legge, Monteiro Martins ci regala la possibilità di dare uno sguardo sui destini dei personaggi, e persino un lieto fine multiplo ma senza troppe certezze.

Un libro agile che si legge d’un fiato, in cui il gioco metaletterario e la densa ma veloce tentazione saggistica non appesantiscono mai il piacere genuino della parola narrativa, spiritoso e ricchissimo di temi che non possono essere esauriti nel breve spazio di una recensione.



2 commenti:

Massimo Citi ha detto...

Sono davvero desolato. Certe persone lasciano comunque un segno, lo so, non basta, ma è sempre qualcosa in grado di ricordarlo.

consolata ha detto...

Sì, è così. Io sono rimasta davvero male, ho saputo che era malato solo qualche giorno fa ed è stato troppo veloce. Triste Natale.