lunedì 10 novembre 2014

Un nuovo autore da tenere d'occhio, e un thriller magistrale: Andrea Tamietti, Ossa dimenticate



L'autore Andrea Tamietti, torinese che vive a Strasburgo dove lavora alla Corte europea dei diritti dell'uomo, è uomo di legge, ma Ossa dimenticate non è un legal thriller tradizionale, del genere cui ci hanno abituato i molti avvocati che scrivono: anzi, si potrebbe definirlo un illegal thriller. Anche se non ci sono violenza né sangue, si tratta di un libro piuttosto duro perché rappresenta un mondo in cui gli unici valori sono sesso e soldi, e i rapporti umani, il contatto, sono sostituiti da continue manipolazioni, tessuto di tutta la storia. 

L'inizio è molto coinvolgente. Torino 2011: l’avvocato Alessandro Canova giunge a casa dell’amico Gianni un attimo prima che questi muoia d'infarto e ne raccoglie l'estrema confidenza, in seguito alla quale trova un cadavere femminile in un capanno in collina. Di più non dico perché non voglio fare spoiler, ma è proprio intorno ai tentativi di dare un'identità a queste ossa dimenticate che si sviluppa l'intera vicenda, molto complessa, intricata, condotta con sicurezza e senza buchi di “sceneggiatura”.
L'autore segue contemporaneamente i vari bandoli della matassa, li unisce o li separa in modo molto sapiente, secondo le esigenze della trama. Il romanzo è in terza persona e i personaggi sono parecchi, ma i punti di vista della narrazione sono due: Alessandro Canova e Stefano Vergnano, protagonista e antagonista, dei cui pensieri l’autore rivela abilmente solo quello che vuole. Si parla moltissimo di sesso e soldi, mai di sentimenti né di simpatia. La vicenda, intessuta di continui inganni e volontari depistaggi, ha origine dal passato, e al passato si ritorna, con qualche flash nel 1997.
E' una tipica inchiesta da avvocato, in cui non intervengono né polizia né carabinieri, condotta a tavolino attraverso ricerche su internet o in archivio, colloqui al ristorante, c’è pochissima azione e niente sangue, sparatorie, splatter, ma il protagonista non agisce da avvocato né si preoccupa molto della legge e non vi sono scene di tribunale o cavilli o salvataggi all'ultima arringa.

Ho trovato molto interessante e molto ben costruito il protagonista, che non è un eroe negativo ma un uomo per cui è impossibile provare simpatia. Alessandro Canova, avvocato quarantenne, sospeso dall’albo per diciotto mesi per infedele patrocinio, è in grave crisi e bancarotta. Fuma, beve troppo, è abulico, si tormenta per essere stato lasciato da Carla, anche se forse più che per amore soffre per una ferita narcisistica, non sopporta di essere stato lasciato per qualcuno che ha più soldi ed è più giovane di lui. È un uomo senza passioni, a parte bere, fumare, le donne, il suo tornaconto, l’aspetto fisico e i soldi, l’abbigliamento, le macchine; non lo vediamo mai leggere, andare al cinema, frequentare amici se non perché ne ha bisogno. E' un grandissimo manipolatore: per i suoi scopi non si fa il minimo scrupolo di far leva sulle debolezze, sulla riconoscenza che gli è dovuta. Sa accusare per opportunismo, sa mentire, sa essere disonesto, sembra non avere ideali né principi. Compie alcune azioni ignobili, non ha rimorsi quando le sue azioni hanno conseguenze anche tragiche. Per lui rinascita significa soprattutto ricupero della forma fisica, soldi e vacanze. Alessandro Canova non è simpatico ma non si può che ammirare la grande abilità di Andrea Tamietti nel creare un personaggio coerente e originale, che ha tutte le carte in regola per diventare un nuovo protagonista del panorama giallistico (o noir, o thriller, o altro se non vi piace la limitazione di genere). 

L'ambientazione a Torino, descritta con topografia precisa seguendo i passi dei personaggi, è molto importante ed efficace. Via Cernaia, via Pietro Micca, piazza Vittorio, i Murazzi, la collina, San Salvario, e anche i locali, i caffè, i ristoranti sono nominati con i loro nomi reali, ma l'autore sa proiettare sulle descrizioni la psicologia dei personaggi (vedi, all’inizio, la collina sinistra e ostile di Alessandro Canova, o San Salvario visto con gli occhi di Stefano Vergnano). Anche tocchi di cronaca reale, come la vicenda Stroppiana–Di Modica, contribuiscono a dare concretezza e attualità alla vicenda. Vivida è descrizione del sottobosco della mala torinese, un mondo senza luce dove malvagità, stupidità e squallore vanno sempre insieme, e della vita notturna nei locali in cui la bella vita e la malavita si toccano. Tra i molti personaggi negativi, il cui maschilismo si manifesta soprattutto nel linguaggio sprezzante e violento, quelli femminili non si differenziano molto, sono tutti squallidi o ridicoli tranne un paio che incarnano, con leggerezza, accudimento e rinascita.

Malgrado la cupezza dello scenario, questo non è affatto un romanzo cupo. E' facile farsi prendere dalla quête affannosa del protagonista, e rincorrerlo nei suoi tortuosi andirivieni. Scopriremo che nulla è come appare, tutto si ribalta nel suo opposto, fino al coronamento del finale di cui non diremo parola, se non per sottolineare che per i lettori sarà un bonus del tutto inaspettato.




  


2 commenti:

Massimo Citi ha detto...

Fantastico. Hai una grande capacità di raccontare le storie e i personaggi. Non lo compro giusto perché sono troppo pieno di libri da leggere, ma l'avrei comprato, anche i gialli non sono il mio genere. Ah, che Mata Hari del libro!

consolata ha detto...

Mai avuto una definizione così gratificante. Me ne fregerò per dritto e per traverso, grazie Max!