mercoledì 27 gennaio 2010

Jason Reitman, Tra le nuvole

Non capita sovente di vedere un film che ti soddisfa completamente, ti convince a tutti i livelli. Almeno, a me non succede. Per questo sono contentissima di essere andata a vedere Tra le nuvole, del giovane regista figlio di molto padre Jason Reitman. E' un film che non rinuncia all'aspetto glamour, con il bel Clooney che è anche bravissimo, luoghi variati, momenti allegri e comici; niente di punitivo che obbliga lo spettatore a dire che è un bel film come tante volte succede. E' anche un film perfettamente studiato e costruito, con una bellissima sceneggiatura, un plot sapiente, grandi mezzi, insomma niente a che vedere con tanti film nostrani che non riescono a liberarsi di una puzzetta di dilettantesco o di pochi mezzi. Personaggi femminili finalmente interessanti, non esornativi (una è anche bruttina!), sfaccettati, assolutamente paritari con il protagonista pur essendo secondari. Un sacco di spunti di riflessione. Prima di tutto il mestiere del professionista, quello di tagliatore di teste ovverossia di licenziatore per conto terzi, è agghiacciante; e lo è anche il fatto che siamo spinti dalla diabolica sceneggiatura a parteggiare per lui che rappresenta il buon vecchio metodo artigianale, che mantiene l'aspetto umano del contatto fisico, in contrasto con la giovane collega che vuole introdurre la novità del licenziamento telematico, in nome del taglio delle spese. Terribili i colloqui con i licenziati, per interpretare i quali ho letto che sono stati usati dei veri licenziati; confesso che questo particolare non mi è parso così geniale. Comunque. Il protagonista Ryan Bingham vive spostandosi continuamente, sempre in aeroporto o in volo, e i suoi valori, le sue aspirazioni, sono risibili (conquistare la carta d'oro dei dieci milioni di chilometri in volo); la sua vita in netto contrasto con il mito della famiglia, della casetta a schiera, dei piccini ridenti. Sarà felice, sarà infelice? Qui viene fuori un filo di inevitabile moralismo, ma a contrastarlo c'è una robusta dose di perfidia nel bel personaggio di Alex, la gemella di Ryan quanto a vita raminga e frequentazione di alberghi e aeroporti. Il confronto tra vita solitaria e vita in famiglia, tra zaino vuoto e zaino pieno nella metafora usata da Ryan nelle sue conferenze, non presenta vincitori. Il monolocale in affitto, vuoto e gelido, non è allettante, ma la calda casa dove i bambini corrono è un inganno, e il matrimonio una bugia. Forse le donne sono più realiste, o previdenti, degli uomini e hanno imparato a correre rischi solo con il paracadute.
I personaggi si trasformano nel corso della vicenda a contatto con il dolore, la giovane baldanzosa impara il dubbio e il peso della realtà fisica rispetto a quella virtuale, uno dei cinici adulti, Ryan, vede incrinarsi la sua corazza, il resto del mondo continua la sua marcia spregiudicata e priva di compassione.
Non sarà un capolavoro ma è un gran bel film, pieno di contenuti e leggero nel tocco e con una magnifica colonna sonora. Un film elegante e intelligente che si rivolge al cervello dello spettatore evitando emotività e sentimentalismi (quasi sempre).

1 commento:

S_3ves ha detto...

L'ho visto anch'io e l'ho apprezzato. Istantanee da un mondo e da un tempo in cui nessuno si salva, perché tutto è fasullo: il distacco di Ryan e le due vite di Alex (che pretende di giocare non solo nella parte di moglie/madre felice e in quella di single libera e trasgressiva ma perfino - partecipando al matrimonio della sorella - in quella della single pentita che si fa tentare dalla vita di famiglia). Alla lunga immagino risulteranno fasulli anche l'amore dei coniugi nuovi di zecca e il pentimento della giovane collega in carriera. Non si può rimanere/ritornare "puri" in un mondo così.