domenica 16 marzo 2008

Visto che tutti ne parlano male (dei premi)

Allora dirò anch'io la mia, in controtendenza. E tanto per non fare dell'autobiografia, comincio dalla mia esperienza. Quando ho cominciato a scrivere ero completamente isolata nel senso che i miei amici della scrittura se ne infischiavano se non nella fase finale, quando è pubblicata e si fa leggere. Per parecchi anni ho scritto in totale solitudine, senza confessare il mio vizio neanche al moroso o all'amica del cuore. Secondo me è stato molto utile perché ho sperimentato i miei limiti, e sicuramente mi è servito a trovare una voce, se ce l'ho, e a eliminare, almeno spero, molti dei borborigmi che scappano quando si produce con l'ansia di mettere fuori subito tutto. Comunque. E' poi arrivato il momento in cui mi è venuta voglia di farmi leggere da qualcuno e verificare l'effetto di quello che scrivevo. Ancora adesso un mio grosso problema è che riesco a giudicare, a prodotto finito, se ho realizzato quello che mi ero proposta, ma sono del tutto incapace di capire se piacerà agli altri. Insomma, a chi rivolgermi? Internet non c'era ancora, e probabilmente adesso sarebbe tutto diverso. I concorsi per me sono stati fondamentali. Primo, mi permettevano di farmi leggere senza vedere in faccia il lettore – fondamentale per una che non era ancora riuscita a superare la vergogna per il peccato di presunzione commesso scrivendo e la paura di scoprirsi troppo. Secondo, se le mie opere facevano schifo nessuno me lo veniva a dire risparmiandomi umiliazioni e ali tarpate. Terzo, mi hanno dato un sacco di soddisfazioni. Ne ho vinti parecchi, e ancora rimpiango quel periodo, in cui ogni tanto una telefonata o una lettera mi portavano una bella notizia. Un gioco d'azzardo senza rischi. Quarto, di lì è cominciata la mia "carriera", letteralmente. Uno dei premi che ho vinto consisteva nella pubblicazione del mio testo (un volume di 125 pagine) presso la casa editrice che lo organizzava, e anche se non l'hanno poi molto commercializzato, in compenso me ne hanno regalato quasi duecento copie che mi sono servite tantissimo come biglietto da visita. Poi una bravissima scrittrice che avevo conosciuto alla premiazione, Emilia Bersabea Cirillo, mi ha presentata prima a Filema e poi a Avagliano. E se non avessi pubblicato non avrei conosciuto Massimo Citi e Silvia Treves con tutti gli inenarrabili vantaggi e piaceri che questo incontro ha comportato. E nei vari premi ho conosciuto molte persone con cui sono rimasta in contatto, ci sono stati scambi, ho fatto delle cose, e a poco a poco mi hanno dato la sensazione di fare parte, di non essere più così isolata. Certo io non ero impaziente e l'iter è stato lungo (ma non poi così tanto), e non è che poi sia decollata granché, ma questo è un altro discorso che dipende da tutt'altro, principalmente dai miei limiti caratteriali. E limitatamente ai premi per esordienti, non credo che siano tutti così biechi come vengono dipinti, cioè normalizzatori, incapaci di osare, retrivi. A parte quelli che conosco per essere parte di giuria, quelli che ho frequentato da premiata mi sono sembrati onesti, più o meno qualificati culturalmente, ma onesti. Credo che sia molto diverso il discorso dei premi per libri pubblicati, dove entrano in campo gli interessi delle case editrici. Comunque non è nel merito del discorso generale che volevo entrare, ma solo portare la mia esperienza per spiegare il motivo per cui spezzo una lancia in favore di un'istituzione così universalemente considerata ridicola e patetica come il premio letterario. A me ha dato molto. E io nella scrittura ci credo, eccome.

4 commenti:

S_3ves ha detto...

Ciao
Mi sono persa parte della discussione ... Personalmente non penso molto bene dei concorsi e dei premi e ho partecipato a pochissimi ma, mentre leggevo il tuo intervento, mi sono resa conto che la mia modestissima esperienza non è stata affatto negativa. 1) Ho partecipato, alcuni anni dopo di te, al tuo stesso concorso con pubblicazione che tu hai vinto e ne ho ricavato una citazione ma soprattutto un apprezzamento e incoraggiamento a continuare; 2)ho inviato una breve antologia al Calvino passando soltanto in seconda lettura però, anni dopo, ho casualmente incontrato uno dei lettori che si ricordava ancora di me e mi ha rivelato di aver dato parere positivo e 3) ho partecipato con fortuna al premio Omelas, ricavandone un modesto premio in denaro ma, indirettamente, qualche buon contatto. Niente di strepitoso ma essendo solo queste le mie esperienze di premi non ho poi tutto questi motivi di diffidare.
Non riuscirei però a inseguire i concorsi, come fanno alcuni autori: Avendo da tanti anni (troppo) poco tempo non mi posso permettere di scrivere cose ad hoc, posso giusto spedire, se ben motivata, qualcosa di già pronto.

Massimo Citi ha detto...

Non penso tutto il male possibile dei concorsi. Semplicemente, avendo in mente di arrivare alla pubblicazione e alla distribuzione dei tuoi testi, dubito che servano a molto, a meno che, ovviamente, non abbiano come premio proprio la pubblicazione - e non in antologie ad hoc. Insomma, il mio rapporto con i concorsi, almeno nei termini enunciati nella serie di interventi pubblicati nel mio blog, è puramente strumentale. Dopo di ché sono d'accordo con te praticamente su tutto. È divertente, può rendere qualcosa e permette di fare conoscenze. Per quanto mi riguarda - e mi pare anche per te, da quanto dici - quella stagione è terminata. Come Silvia non ho tempo per scrivere e quindi se debbo puntare punto a far saltare il banco. Oppure passo la mano.
In ogni caso il racconto della tua esperienza mi è preziosissimo, dal momento che debbo ancora scrivere il post relativo ai concorsi per racconti. Farò tesoro di quanto hai scritto e lo citerò ampiamente.

Davide Mana ha detto...

Anch'io sono uno scrittore solitario.
La mia comunità di amici con interessi simili l'ho trovata tardi, in una lingua che non è la mia, attraverso internet.
E poi, molto dopo, "dal vivo", quasi sottocasa.
Concordo - la comunità è importante.
Sui concorsi....

Io credo che gli unici premi dovrebbero essere alla carriera - per canonizzare i vecchi rompiscatole - e quelli per gli esordienti - per dare ai giovani di tutte le età una spinta verso il mondo editoriale.

Io sui concorsi sono piuttosto pessimista.
Ahimé, mai ho incontrato un concorso letterario nel quale i giochi non fossero già fatti - un mio limite, ovviamente, avrei dovuto guardarmi maggiormente attorno.
Ciò premesso, credo che la scelta partecipare/non partecipare dipenda troppo dal carattere personale per permettere generalizzazioni.

consolata ha detto...

Ovvio che quella stagione è terminata! Non puoi continuare a partecipare a concorsi per esordienti quando hai già pubblicato (e quindi, oltre tutto, raggiunto lo scopo per cui partecipavi). E' come rubare le merendine ai bambini. Non c'è più scopo, e sarebbe anche poco dignitoso. Ma è l'unica strada che ho trovato per uscire dall'isolamento e non la rinnego.